Corriere della Sera 22/01/2006, Sergio Romano, 22 gennaio 2006
La Fiat di Valletta e l’Urss di Krusciov. Corriere della Sera 22 gennaio 2006. A proposito dei finanziamenti ricevuti dai partiti politici mi permetta di esprimere un parere opposto a quello del signor Mora («Ai politici i conti in tasca», Corriere del 10 gennaio) con un semplice esempio: se nel mio condominio si deve sostituire l’ascensore, il fatto che un condomino riceva un regalo da uno zio russo o americano mi lascia indifferente ma, se si accorda col fornitore per alzare il prezzo e intascare una tangente, la cosa mi tocca e la ritengo vergognosa
La Fiat di Valletta e l’Urss di Krusciov. Corriere della Sera 22 gennaio 2006. A proposito dei finanziamenti ricevuti dai partiti politici mi permetta di esprimere un parere opposto a quello del signor Mora («Ai politici i conti in tasca», Corriere del 10 gennaio) con un semplice esempio: se nel mio condominio si deve sostituire l’ascensore, il fatto che un condomino riceva un regalo da uno zio russo o americano mi lascia indifferente ma, se si accorda col fornitore per alzare il prezzo e intascare una tangente, la cosa mi tocca e la ritengo vergognosa. Quanto allo Stato ostile che puntava i suoi missili contro l’Europa, conviene ricordare che in quegli anni Agnelli e Valletta facevano anticamera al Cremlino, ben contenti se il Pci appoggiava la richiesta per l’appalto della fabbrica di auto a Togliattigrad. Pier Paolo Ottolenghi Caro Ottolenghi, non so che cosa accada nei condomini, ma so che in politica i regali non esistono. Chi li fa si aspetta di trarne qualche vantaggio. Quanto agli accordi della Fiat con l’Urss per la costruzione di una fabbrica di automobili, il fattore determinante non fu l’appoggio del Pci, che ebbe in quella vicenda un ruolo irrilevante. Il primo regista dell’affare fu un intermediario piemontese, Piero Sansonetti, vero pioniere degli scambi economici italo-sovietici. Arrivò a Mosca nel 1953, in anni in cui infuriava la Guerra fredda, e si servì dei suoi buoni rapporti con Enrico Mattei, conosciuto durante la Resistenza, per convincere il presidente dell’Eni che il grezzo sovietico era un buon affare. Nella sua biografia di Vittorio Valletta, pubblicata nel 1983 presso la Utet, Piero Bairati racconta che gli accordi fra l’Eni e l’Urss aprirono la strada a un altro contratto, stipulato nel 1961, per sette petroliere che vennero costruite nei cantieri genovesi dell’Ansaldo e attrezzate con grandi motori diesel forniti dalla Fiat. Il passo successivo fu una grande mostra al Parco Sokolniki di Mosca delle aziende rappresentate in Unione Sovietica da Piero Sansonetti. Nikita Krusciov, allora primo ministro e segretario generale del partito, accettò di inaugurarla e pronunciò un simpatico discorso che si concluse con queste parole: «Visiterò con grande interesse la mostra, guarderò con interesse le costruzioni, i prezzi, la bontà dei materiali. Se sarò soddisfatto, potrò dire alla commessa nella mia qualità di primo ministro: "Mi incarti questo impianto industriale e me lo mandi a casa". Poi dirò al ministro del Commercio estero di pagarlo». Quando arrivò al padiglione della Fiat, racconta Bairati, trovò una bella sorpresa: una «2300» nera inviatagli in omaggio dal presidente della Fiat. Volle provarla subito, fece un giro per le vie di Mosca, ne fu entusiasta, invitò gli organizzatori della mostra al Cremino e «a metà del pranzo disse improvvisamente: "Voglio incontrare il vostro presidente, il prof. Valletta"». Ma questi, ancor prima di ricevere l’invito, aveva chiesto un incontro con Kennedy a Washington. Aveva due ragioni per desiderare uno scambio di vedute con il presidente degli Stati Uniti. In primo luogo riteneva di avere bisogno di un «placet» politico. In secondo luogo sapeva che la Fiat non avrebbe mai potuto fornire ai sovietici un impianto automobilistico se non avesse potuto contare sulla collaborazione dei grandi fabbricanti americani di macchine utensili. L’incontro con Kennedy ebbe luogo alla Casa Bianca il 15 maggio 1962 e fu una lunga conversazione sulla situazione internazionale, sulla politica nucleare del generale de Gaulle, sul miracolo italiano e sull’«apertura a sinistra» di cui Fanfani in quel periodo stava creando le condizioni. Poi, finalmente, Valletta parlò dei contatti in corso con i sovietici e difese il progetto sostenendo che la diffusione dell’automobile avrebbe contribuito a creare nella società sovietica una nuova mentalità, più «consumistica». Kennedy lo ascoltò attentamente, disse che il progetto gli piaceva e aggiunse «I wish I could do the same», mi piacerebbe poter fare la stessa cosa. Valletta e la Fiat ebbero la fortuna di cogliere a Mosca e a Washington una favorevole congiuntura. Mentre Krusciov voleva ottenere maggior consenso nella società sovietica, Kennedy era deciso a sfruttare i segnali di «coesistenza pacifica» che stavano giungendo da Mosca. Il viaggio di Valletta a Mosca cominciò il 10 giugno e l’incontro con Krusciov ebbe luogo il giorno dopo. I negoziati durarono quattro anni e si conclusero con la firma dell’accordo a Torino il 4 maggio 1966. Come vede, caro Ottolenghi, il Pci non ebbe in questa vicenda alcun ruolo. Fiat e Urss negoziarono come due grandi potenze. Erano pronte a mettersi d’accordo se constatavano di avere interessi comuni, ma nessuna delle due intendeva rinunciare ai propri principi. Quando visitò lo stabilimento di Mirafiori, Kossighin, divenuto primo ministro, disse: «Abbiamo molte cose da imparare da voi». E Valletta gli rispose ironicamente: «E noi abbiamo da imparare da voi come si fa a impedire gli scioperi». Sergio Romano