La Stampa 16/01/2006, pag.15 Michela Tamburrino, 16 gennaio 2006
Avere un secchione per amico: l’arte antica del somaro. La Stampa 16/01/2006. Chiamatela truffa, chiamatela furbata, fatto sta che, da quando mondo è mondo, gli studenti si dividono in due gruppi, c’è chi copia che chi fa copiare, i bravi e gli asini, i secchioni e i furbi
Avere un secchione per amico: l’arte antica del somaro. La Stampa 16/01/2006. Chiamatela truffa, chiamatela furbata, fatto sta che, da quando mondo è mondo, gli studenti si dividono in due gruppi, c’è chi copia che chi fa copiare, i bravi e gli asini, i secchioni e i furbi. Da queste categorie non si scappa, nessuno è esente. Certo, anche tra i banchi si conosce un’evoluzione legata alle moderne tecnologie; copiare si copia quanto facevano gli avi, sono le modalità a conoscere le metamorfosi dell’inventiva. Così le cronache riportano che più sicuri dei compagni di scuole, sia pure da dieci e lode, sono i compiti redatti su internet e da l’ prelevati. In tema hanno fatto scuola gli studenti americani: uno su tre si svaligia il web. Inutile fare filosofia su un dato di fatto dalle incrollabili radici. Michele Mirabella, da studente prima e da docente poi, invece preferisce mettere i puntini sulla «i». Nella sua carriera scolastica si è sempre identificato con la categoria di chi, al massimo, poteva far copiare. Ma, se lo ha fatto, ha vissuto questa concessione inzeppandola però di paletti: «Io credo che il talento non debba essere regalato altrimenti ne viene meno l’unicità, il dato distintivo. Consentire ad altri di afferrare senza discernimento quello che tu hai elaborato, a mio avviso è un torto che si fa a se stessi. Mi spingerei agli estremi in questa ricerca di unicità: Ero capace da studente di mettere apposta degli sbagli nei temi, per mantenere il tratto e non farmi dire, casomai, che avevo copiato». Ma non finisce qui. Per Mirabella scatta anche un altro meccanismo, sottile, quasi infido legato alla capacità di conquistarsi la benevolenza di chi poi ti farà copiare il tema, la versione di graco, il problema di matematica. La bravura di chi è capace di farsi consegnare il sapere, va così premiata: «La generosità della cessione necessita di unguento. Un somaro almeno una cosa deve studiare e deve imparare bene, l’arte della persuasione». Al contrario, chi ha dovuto difendersi dall’accusa, e di conseguenza dall’onta di essere uno di quelli che con la mano copriva il foglio per negare a sguardi indiscreti il proprio elaborato, fu anni addietro Giuliano Amato, difeso dal suo compagno di banco. «Amato era sì il più bravo della classe ma è assolutamente falso che non facesse copiare i suoi compiti», assicura colui che ricorda perfettamente i precedenti e può rispondere all’ingiuria ristabilendo la verità. Amato, giura il suo vicino al secondo liceo, «era disponibilissimo, grazie a lui ho strappato anche un otto in italiano. Magari erano gli altri a evitarlo per la sua aria da saputello mista ai nove e ai dieci che collezionava. ”Figurarsi se uno così fa copiare”, pensavano gli altri. E invece non era vero». Il soprano e ora attrice cinematografica Katia Ricciarelli non entrò mai in argomento, lei era bravissima, odiata dalle compagne che la ritenevano «secchiona, invece i miei voti alti erano dovuti esclusivamente a una innata passione per tutte le materie. Mi piacevano non era una fatica ma un autentico desiderio di imparare». Michela Tamburrino