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 2005  gennaio 05 Mercoledì calendario

Smettere di fumare adesso? «Istinto da peccatori dilettanti», Corriere della Sera, 05/01/2005 «Smettere di fumare adesso, per colpa della legge Sirchia? Non ne sento alcuna necessità

Smettere di fumare adesso? «Istinto da peccatori dilettanti», Corriere della Sera, 05/01/2005 «Smettere di fumare adesso, per colpa della legge Sirchia? Non ne sento alcuna necessità. E poi fumare è un po’ come peccare. Se sei un peccatore incallito, non pensi subito al confessore. Sono istinti da peccatori dilettanti, non da professionisti». Pina Amarelli è una capitana d’industria baciata da una sorte benigna, quella d’essere una donna piena di ironia. La sua famiglia, radicata in Calabria dal Mille, produce liquirizia pura dal 1731 e la esporta in mezzo mondo, ne ha fatto persino un profumo. Le redini sono ora nelle mani di questa signora «vicina ai sessanta, li compirò tra una ventina di giorni», che presiede anche l’associazione internazionale ”Les hénokiens”, club di rinomate imprese mondiali con più di due secoli di vita. Perché non smette di fumare davvero, signora Amarelli? «Perché davvero non ha senso vivere da malati per poi morire sani. Io dico: la legge prevede una modica quantità persino per alcune droghe, cioè una piccola dose non è punibile. Adesso col fumo siamo diventati proibizionisti. Ha senso?». Come si definirebbe, in quanto al rapporto col fumo? «Una fumatrice convinta e indefessa. Ma anche anomala. Mi ritaglio orari precisi, momenti definiti per il mio vizio. Trattandosi appunto di un vizio, occorre saperlo misurare per non rinunciarci. Per lo stesso motivo non rinuncerei mai al vino. La vita è così avara di piaceri: mangiare, bere, viaggiare... Il sesso. Ma per quello ci vuole tempo, disponibilità, poi l’età influisce. Un passatempo non facile». Cosa fuma abitualmente? «Cominciai all’università, quando fumavano un po’ tutti, con le sigarette inglesi serie, pesanti, di un tempo. Subito dopo sono passata ai sigari. In genere i Davidoff, facilmente trasportabili. Ma spesso in casa mi godo i cubani, gli Avana, i Montecristo, i Corona». Una donna che fuma i sigari: non è un’immagine frequentissima. «No. E non solo in Europa. Tempo fa mi trovavo da sola a Filadelfia, negli Stati Uniti. Era la pausa pranzo. Prenotai un tavolo singolo nello spazio per fumatori. Mi sentii come allo zoo: una donna sola, alle prese con un sigaro, unica cliente nella gabbia per viziosi. Mi guardavano come una bestia da circo, forse immaginarono un ricovero nel manicomio locale. Ecco, se c’è un incubo contemporaneo, quello è il recinto da fumo nei ristoranti: aria condizionata spesso gelida e sempre accesa sulla testa a tutta forza, un gran rumore di areatori». Però il fumo fa male. Questo almeno lo ammetterà... «Chi lo nega? Fa male ai polmoni, alle vie respiratorie, alle mucose della bocca. Io mi controllo spesso, evidentemente. Ma sono sicura che questi divieti procureranno altri danni». E quali danni potrebbe mai provocare il divieto di fumo, scusi? «Torniamo al famoso tavolo del ristorante. Sere fa, a Firenze, ho mangiato con amici. Avrei voluto concludere con un sigaro. Impossibile. Allora ho ordinato un dolce del quale, a dire il vero, non sentivo alcuna mancanza. Ho proprio l’impressione, vorrei dirlo a Sirchia, che tanto proibizionismo produrrà più obesi e più alcolisti. Fatalmente nel tempo libero e nei locali si abbonderà nel cibo, nel bere. Quindi più diabete, più colesterolo. Insomma, le proibizioni così severe non funzionano mai. Anche un’educazione alimentare corretta è importante quanto la salute dei polmoni, mi pare. Ma nessuno se ne occupa collegando il problema alle nuove regole sul fumo». Sente aria da caccia alle streghe? «Sento aria di imitazione acritica di un certo modello americano, così lontano dai nostri costumi. Un tempo, in taluni inviti statunitensi, si prometteva alla fine della serata la degustazione di un sigaro raro. Io li cercavo con assiduità. E adesso? Tempo fa una mia amica, uscendo da un ricevimento a New York, mi ha portato di corsa in macchina a fumare di nascosto la sua sigaretta e il mio sigaro. Mi ha confidato: è l’unico posto in cui si può fare, se mio marito mi scopre divorzia. Sono forme di follia, autentiche crociate che purtroppo arrivano anche qui, forse dettate da misteriosi interessi economici». Quali, per esempio? «Non saprei dirlo con precisione. Ma penso: non ci sono più i monopoli di Stato... E penso con preoccupazione alle piantagioni di tabacco, così fiorenti in Puglia, in Campania. Sarà una tragedia per molti». Quali momenti dedica al fumo? «La sera a casa. Prima regola: mai fumare durante le riunioni di lavoro. Seconda regola: mai fumare in camera da letto. Ma è bene che sia così. Ormai fumare significa ritagliarsi uno spazio tutto per se stessi, in spazi adeguati alla riflessione, come si fa col buon vino da meditazione. Lo insegnava l’amico Veronelli. A casa quando fumo non protesta nessuno. Mio marito è un ex fumatore, mio figlio ogni tanto fuma con me un buon sigaro». E adesso? «Adesso, a Parigi, a Parigi! Oppure: a Madrid, a Madrid! Tutte città civili dove esistono divieti. Non esagerati ma sopportabili. Non folli come i nostri». Paolo Conti