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 2006  gennaio 14 Sabato calendario

I favolosi regali del Califfo a Carlo Magno. Corriere della Sera 14/01/2006. Mi chiedo quale sarebbe stata la risposta di Carlo Magno se nella sua "Intervista immaginaria" (Corriere del 3 gennaio) lei gli avesse chiesto dei rapporti fra l’Imperatore e il Califfo di Bagdad, Harun al Rashid

I favolosi regali del Califfo a Carlo Magno. Corriere della Sera 14/01/2006. Mi chiedo quale sarebbe stata la risposta di Carlo Magno se nella sua "Intervista immaginaria" (Corriere del 3 gennaio) lei gli avesse chiesto dei rapporti fra l’Imperatore e il Califfo di Bagdad, Harun al Rashid. Paolo Melucci Caro Melucci, l’imperatore mi avrebbe risposto, anzitutto, che i suoi rapporti con i saraceni furono generalmente difficili e tempestosi. Come racconta un grande storico belga, Henri Perenne, in un libro che ebbe grande fortuna ("Maometto e Carlomagno", pubblicato in Italia da Laterza), li combatté in Spagna, sui Pirenei, nelle Baleari, a Pantelleria, in Corsica. Espugnò Barcellona, ebbe qualche successo in Navarra e in Catalogna, ma non aveva una flotta confrontabile a quella dei musulmani e non riuscì mai a controllare le acque del Mediterraneo. Gli restava un’arma, quella della diplomazia, che gli tornò utile quando a Cordova, nel 765, sorse un nuovo califfato, diretto contro quello degli Abbassidi di Bagdad. Da una partita triangolare i Franchi, vendendo cara la loro alleanza agli uni o agli altri, potevano trarre qualche vantaggio. Fu un esercizio diplomatico, per l’appunto, la prima missione che Carlo Magno inviò a Bagdad, alla corte del Califfo Harun al Rashid, nel 797 (ve ne furono altre due nell’802 e nell’807). Il Califfo accolse cortesemente la delegazione del re dei Franchi e rispose con un’ambasceria che arrivò ad Aquisgrana nell’801. Sappiamo che l’ambasciatore di Harun era Ibrahim Ibn al Aghlab, governatore dell’Egitto, e che sbarcò a Pisa per proseguire attraverso le Alpi sino alla capitale di Carlo Magno, imperatore dal Natale dell’anno precedente. Sappiamo anche che portava con sé due stupendi doni. Il primo era un orologio d’ottone di cui il biografo di Carlo, l’abate Eginardo, ci ha lasciato questa descrizione. Era un meraviglioso congegno meccanico azionato dall’acqua in cui il tempo era segnato da dodici cavalieri. Allo scoccare dell’ora ciascuno di essi si affacciava a una finestrella e chiudeva con il suo movimento la finestrella dell’ora precedente. I rintocchi erano assicurati da numerose palline scintillanti che facevano, cadendo, il rumore dei cimbali. Secondo uno storico inglese, Richard Hodges, la vista di quell’orologio dovette produrre in Carlo Magno lo stesso effetto che l’apparizione di una Model T (la prima automobile costruita da Ford su larga scala) avrebbe fatto in una cittadina isolata agli inizi del Novecento. Il secondo dono fu davvero imperiale. Era un elefante chiamato Abu al Abbas che il predecessore di Harun aveva acquistato da un raja indiano. Sappiamo che Carlomagno gli costruì case ad Aquisgrana, Nimega, Ingelheim e che lo portò con sé quando andò nello Schleswig Holstein per ridurre all’obbedienza Goffredo re dei danesi. Secondo alcuni cronisti morì durante quella spedizione, probabilmente nell’810. Non so dirle, caro Melucci, quali doni Carlo abbia inviato al Califfo con le missioni successive per ricambiare questi straordinari regali. Ma dovettero essere molto più modesti. L’Impero dei Franchi aveva una economia sobria, austera, prevalentemente rurale. Vi furono in quell’epoca pochi scambi commerciali, affidati soprattutto a mercanti ebrei, i soli che potessero attraversare senza troppi pericoli il grande campo di battaglia che separava la cristianità dall’Islam. Che questi traffici fossero molto limitati è dimostrato dalla scarsità dei ritrovamenti archeologici. Qualcosa (un pugno di dinhar d’argento) è stato trovato accanto al fiume Reno, nei pressi di Bologna. Ma il Mediterraneo era ormai un mare musulmano e l’Europa a nord delle Alpi aveva poco da vendere e pochi soldi con cui comprare le splendide cose che l’Oriente avrebbe potuto offrirle. Sergio Romano