Giancarlo Dotto, 19 gennaio 2006
Il signore delle mosche: prove inconfutabili dell’esistenza di Satana. 6. El Sorzon Mickey Mouse era il suo eroe
Il signore delle mosche: prove inconfutabili dell’esistenza di Satana. 6. El Sorzon Mickey Mouse era il suo eroe. Da quando, moccioso, ascoltava estasiato i racconti dei contadini che ogni tanto si svegliavano senza un dito o senza un orecchio, «perché i topi hanno nei denti, quando mordono, una specie di anestetico». El Sorzon, Grande Sorcio, ha un’adorazione per i topi. Li uccide solo perché gli danno da mangiare. Anche lui gli dà da mangiare. Ma questo non li aiuta a vivere. A furia di ammazzarli ha finito per somigliargli, ma c’è chi dice che li ammazza perché gli somiglia: un enorme topone alla Bryan Talbot, lievemente incurvato dagli anni e il ghigno stampato in faccia stile Vincent Price. El Sorzon è il proprietario della ”Mayer Braun Deutschland”. Perché il nome tedesco? Trattandosi di un’azienda che produce sterminio è più credibile di uno italiano, dice lui che ha l’umorismo macabro dei Borgia. «Buone da morire» ha fatto stampare sull’etichetta delle sue esche letali, i Bocaraton. Grassi, oli, farina, vaniglia, cacao, succhi e agrumi di prima qualità. Non bada a spese. A New York lo ricordano come il ”Mouse Killer”. Ingaggiato dal sindaco Giuliani, ha annusato per due anni le folate d’aria calda che salivano dalle griglie di Manhattan e dai tombini della Quinta Strada, ha ficcato la sua nasa iperbolica nei retrobottega delle pizzerie di Brooklyn, ha esplorato i cassonetti di Park Avenue e i fast food del Bronx. Ha assaggiato e meditato. Tutto il fetente e il sublime. Orride emulsioni di senape e ketchup. Una performance olfattiva e gustativa che ha lasciato dietro di sé, nel sottosuolo di New York, quattro milioni di cadaveri, topo più topo meno, l’occhio sbarrato e la pancia gonfia. La sua fama non conosce confini. Esporta in Francia e in Paraguay. Ha liberato dai ratti la metropolitana di Tokyo. In America Latina lo conoscono come l’italiano ”Exterminador de ratas”. Ha massacrato topi in Cile, Colombia, Patagonia e Argentina, dove tiene conferenze sul tema ”Como exterminar ratones”. Ma il suo sogno è Calcutta.«Laggiù i topi sono miliardi – sospira - anche venti per abitante». Per ogni sorcio il bocconcino personalizzato. Al topo del Bronx margarina, pop corn e hamburger, a quello più sofistico di Manhattan le briochine al miele. Al topo tedesco il grasso di maiale, a quello francese il burro, al giapponese intrugli a base di soia, per il cileno la farina di pesce, quello arabo è integralista, vuole il cous cous. Esche a base di baccalà per il topo veneziano, pizza al pomodoro per quello del Vomero, succo d’arancia per il topo Zen a Palermo. Quando capiscono la fregatura, è tardi. «Il topo è l’unica creatura vivente che non vomita», spiega lieve e mefistofelico El Sorzon, che tiene sul comodino Edgar Lee Masters, il suo autore preferito, e prima o poi scriverà lo Spoon River delle sue amate pantegane. Dagli uomini con la clava al Sorzon, l’olocausto del topo è passato per fantasie sfrenate. Dai topi esplosivi usati in guerra contro Hitler, svuotati delle interiora e riempiti di tritolo, ai topi spia con i microchips installati nel cervello e i topi ghigliottinati nello spazio per studiare come si reagisce all’assenza di gravità. Migliaia di topi infettati con lo streptococco emolitico, i primi sulfamidici della storia. Cervelli espiantati per intercettare la molecola della dipendenza dal fumo e dall’alcol. Topi alcolizzati nell’università di Manitoba a cui rimuovere pezzi di fegato per studiare la formazione della cirrosi. Grazie agli esperimenti sui testicoli dei topi batteremo la sterilità, vivremo più a lungo, faremo più sesso e saremo meno grassi. Nell’Oklahoma li hanno ingozzati di marijuana, testata come inibitore dell’appetito. Li rimpinzano di psicofarmaci, perché i topi sono timidi e amano al buio, ma cercano la luce quando sono sotto l’effetto di ansiolitici. Giancarlo Dotto