19 gennaio 2006
Geronimi Maria Cristina, di anni 99. Lombarda, vedova, pensionata, diabetica, viveva assieme alla figlia Emilia, di anni 56, in una villetta beige affacciata sul lago di Como, a Dervio
Geronimi Maria Cristina, di anni 99. Lombarda, vedova, pensionata, diabetica, viveva assieme alla figlia Emilia, di anni 56, in una villetta beige affacciata sul lago di Como, a Dervio. Forte e robusta, aveva lavorato tutta la vita, prima in filanda, e non le piaceva, poi nei campi. Ora passava il tempo a godersi l’affetto di una schiera di pargoli, nipoti e pronipoti in una poltrona a fiori davanti al davanzale. L’8 novembre scorso fu ricoverata per una bronchite all’ospedale Manzoni di Lecco. Mentre l’Emilia le stringeva la mano, un’infermiera isterica e maleducata le fece una flebo, chiese di restare sola con lei e uscì qualche minuto dopo con una grossa macchia di sangue sul camice mentre il medico constatava che la Geronimi non respirava più. Martedì scorso la polizia, che nel frattempo aveva avviato un’inchiesta, arrestò una Caleffi Sonia, di anni 34, grandi occhi scuri, esile, graziosa, adolescente anoressica, licenziata dalla clinica Valduce di Como per le troppe assenze causate dalla sua depressione dopo il divorzio da un falegname di Cernobbio, un nuovo compagno radiologo col quale viveva in una villetta a Tavernerio assieme a un cane e tre gatti. L’infermiera, da settembre assunta all’ospedale di Lecco, confessò d’aver «involontariamente» provocato la morte della Geronimi, e di almeno altri sei pazienti, con una bolla d’aria in una siringa «per dimostare quanto fossi brava creando dei casi d’emergenza».