Varie, 19 gennaio 2006
SACCHETTI Ivano
SACCHETTI Ivano Montecchio Emilia (Reggio Emilia) 27 luglio 1944. Manager. Fino al 2005 braccio destro di Giovanni Consorte e vicepresidente Unipol, perse il posto dopo la fallita scalata alla Bnl. Il 28 maggio 2011 la Seconda sezione penale del tribunale di Milano lo condannò a 3 anni di reclusione e un milione di multa • «[...] I Sacchetti vengono [...] dalla campagna, erano mezzadri, poi sono state tante altre cose, tutte buone, grazie al capostipite Valter, il padre di Ivano. “Un uomo davanti al quale ci si deve solo togliere il cappello” [...] Da comandante partigiano, il nome di battaglia di Valter Sacchetti era “Spartaco”. Quando scese dalle colline, avviò il sistema delle cooperative nella provincia, fu sindacalista, e senatore Pci per due legislature. Un uomo antico con intuizioni moderne. Fu lui a portare il lambrusco negli Usa, sfidando il dumping americano. L’unico reggiano ad avere sconfitto l’odiato Berlusconi a casa sua. Maggio 1994, ultima giornata di campionato. La Reggiana — presidente Valter Sacchetti — batte il Milan a San Siro e si salva dalla retrocessione. [...] anche Ivano è (era) persona rispettata. Lo ricordano insegnante all’istituto industriale Ipsia; tra i suoi colleghi c’era anche Giancarlo Tarquini, futuro procuratore capo di Brescia. Ai tempi della contestazione stava dalla parte degli studenti, dialogava con i ragazzi che si incatenavano ai cancelli della scuola. Una volta fece una lunga chiacchierata con un capellone che sarebbe diventato famoso per ragioni sbagliate. Era Alberto Franceschini, cofondatore delle Br. Ivano Sacchetti è uno che ha sempre lavorato come una bestia, questo glielo riconoscono tutti. Grande atleta, sempre presente nelle rappresentative giovanili reggiane di atletica e ciclismo. Ogni sabato prende la bici da corsa e pedala fino a Castelnovo ne’ Monti, andata e ritorno fanno cento chilometri. In Unipol è partito dalle perizie sui parafanghi ammaccati, è diventato liquidatore, è arrivato dove è arrivato, sudando come in bicicletta. [...]» (Marco Imarisio, “Corriere della Sera” 19/1/2006). «Disneyanamente parlando, il rapporto tra Gianni Consorte e Ivano Sacchetti non è quello fra Topolino e Pippo ma tra Cipe Ciop: interscambiabili. Due coetanei che sipiacciono da subito e decidono di fare carriera insieme, anche se arrivano da storie diverse, da famiglie diverse e, soprattutto, da località geografiche diverse. Consorte è un montanaro abruzzese di Chieti, ex sessantottino a tempo perso. Sacchetti è un contadino emiliano di Montecchio, figlio di comunisti, e queste cose contano. Sacchetti padre, Walter, mezzadro prima della guerra, è stato partigiano, sindacalista della Cgil, segretario della Camera del Lavoro di Reggio Emilia, tre volte senatore del Pci [...] Ivano ha fatto tutto il cursus honorem che spetta a chi nasce nel 1944 in un ambiente di quel tipo: pioniere da bambino, figiciotto da ragazzino, servizio d’ordine più grandicello, venditore di polizze porta a porta nella prima giovinezza. L’Unipol è il suo destino naturale. Ci arriva a vent’anni e ci fa tutta la carriera, non tanto in fretta ma con piede sicuro: liquidatore all’area sinistri, capo del personale, direttore commerciale, direttore generale e infine amministratore delegato e vicepresidente.Nel consiglio di amministrazione che lo elegge lo votano tutti con entusiasmo, compresi i rappresentanti della Cgil che successivamente, forse con lungimiranza, abbandoneranno l’Unipol. Nel frattempo in azienda èarrivato Consorte. Si dividono le competenze: uno il politico, l’altro il manager. Lavorano sempre in coppia e sembrano perfettamente interscambiabili. Ma la figura forte, a benguardare, dicono sia Sacchetti. È Sacchetti il raccordo politico con il partito, con i sindacati,le associazioni, le istituzioni in genere, ma è anche quello che, più di Consorte, capisce di assicurazioni e nel settore è considerato una voce di assoluta autorevolezza. Per comprendere il suo effettivo peso all’interno del mondo assicurativo occorre sentire cosa, di lui, raccontano all’Ania, nel cui comitato esecutivo siede. Uomo di poche parole, per anni Sacchetti ha riservato a quella sede i suoi interventi migliori, quasi sempre decisivi nell’orientare le scelte e le politiche del settore assicurativo. Si deve in buona parte alui la nuova regolamentazione sulle polizze vita, scaturita da un’inziativa dell’Ania che Sacchetti appoggiò incondizionatamente (“la trasparenza nei confronti del consumatore deve essere per noi un obbligo assoluto”, furono le sue parole) malgrado l’ostilità di numerose compagnie. È ancora Sacchetti che preme perché venga eliminato quel piccolo imbroglio chiamato “sezione tecnica”, una sorta di comitato di storica quanto discutibile tradizione in cui si riunivano periodicamente gli esperti dei singoli rami assicurativi per mettere a punto le rispettive strategie: un minicartello a forte rischio antitrust. È sempre Sacchetti che lavora perché nel mondo assicurativo penetri il concetto di “mercato aperto e concorrenziale”, è lui che introduce nell’associazione l’attenzione ai temi sociali, che si tratti delle esigenze dei consumatori rispetto alla Rc Auto o delle ricadute occupazionali quando si tratta di mettere in liquidazione una società. Attento anche all’immagine, prende maniacalmente informazioni prima di concedere un piccolo contributo dell’Unipol a un comitato culturale legato al Censis: “Ma sono gente seria? Ci possiamofidare? Sarà il caso di infilare l’Unipol in questa faccenda?”. Prudente anche quando si tratta di attuare un progetto relativo alle assicurazioni per calamità naturali: “Non vorrei rischiare un salasso per la compagnia’’. Se questo è l’uomo, appaiono incongruenti [...] le singolari consulenze e i molti milioni transitatisui conti della Lodi che hanno girovagato per il mondo prima di essere depositati su un conto a suo nome mai movimentato, quelli non se li riesce a spiegare nessuno: quei soldi sembrano non assomigliare a Sacchetti,e infatti nessuno crede che siano suoi» (“Il Foglio” 19/1/2006).