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 2006  gennaio 15 Domenica calendario

Così indagano i maestri del noir. La Repubblica 15/01/2006. «Ma dalle impronte digitali si può risalire alla razza di una persona?», chiede Tarzan, portato con un trucco a Parigi, in un distretto di polizia

Così indagano i maestri del noir. La Repubblica 15/01/2006. «Ma dalle impronte digitali si può risalire alla razza di una persona?», chiede Tarzan, portato con un trucco a Parigi, in un distretto di polizia. Mentre l´amico D´Arnot e l´agente di polizia lo inducono a premere i polpastrelli su un vetro inchiostrato, Tarzan pone molte domande. «Potete determinare, unicamente sulla base delle impronte, se la persona è un Negro o un Caucasico?». L´agente, finora lirico e assertivo sulle certezze offerte dalla scienza per l´identificazione dei criminali, resta dubbioso: «I think not». E si distingue se l´impronta è di una scimmia o di un uomo?, insiste Tarzan delle scimmie (Edgar Rice Burrough´s, 1914). Probabilmente, le impronte di una scimmia saranno più semplici di quelle di un organismo superiore, azzarda l´agente: «La scienza non è abbastanza avanti», ma per distinguere e identificare gli individui, la certezza del metodo è «assoluta». Confrontando il risultato con un libricino malandato, e segnato da ombre di impronte infantili, tirato fuori da D´Arnot, l´agente si fa serio. «Gentlemen», annuncia: sottoporrà il caso al loro specialista, Monsieur Desquerc. E dopo qualche giorno, Tarzan è raggiunto in America da un telegramma che lo riconosce come lord Greystock. Se la Francia è la patria del metodo d´identificazione, la prima volta letteraria delle impronte è a Napoleon, Arkansas. Life on the Mississippi di Mark Twain ospita, nel capitolo XXXI, un racconto scritto nel 1879, quando la scoperta di Alphonse Bertillon non ha ancora dieci anni. Un pacifico colono della Frontiera si vendica atrocemente di due soldati che razziando in casa gli hanno ucciso la moglie e la figlia. Su un documento i due hanno lasciato impronte di sangue: a una mano manca un dito. Il colono, che un amico francese ha edotto sul "metodo Bertillon", si finge indovino, e per anni, sempre al seguito della compagnia di cavalleggeri dei due criminali, nel leggere la mano, studia i polpastrelli. L´esecuzione della vendetta - quando l´uomo ritrova, e con assoluta certezza, i colpevoli - trasforma la storia in uno dei più inquietanti racconti neri di tutti i tempi. Daisy ha diciotto anni nel 1914, quando si innamora, incurante degli indizi che lo accusano, del pensionante dei genitori di provincia. la storia di The Lodger, di Mary Belloc Lowndes, che colpì il giovane Hitchcock - forse perché l´assassino seriale predilige le bionde. Il regista ne trasse il suo terzo film (1926): il primo in cui compare (di spalle), e anche il primo basato su un romanzo. Scortata dal babbo e da un agente, l´ingenua Daisy affronta dunque col batticuore la visita a New Scotland Yard. Nella Sala delle Impronte Digitali, sono repertoriate le impronte di duecentomila persone, «uomini e donne». Se recidivano, sono spacciati. «Figuratevi che un tizio si era massacrato le dita - una cosa orribile - per confondere le impronte; ebbene, in capo a sei settimane, i piccoli solchi erano ricomparsi, identici!». Nella vasta e luminosa Sala degli impiccati, le raccontano del geniale Charles Peace, che aveva perduto un dito. Bastava cercare un uomo con un dito in meno, no? Bene, lui aveva deciso di disfarsi dell´intera mano. In una vetrina, compare il moncherino di legno ricoperto di feltro, che il criminale indossava sopra i resti dell´arto. La guerra mondiale non fece bene alla fede nella ragione e nei suoi strumenti. Charlie Chan, il cinese che dal 1925 (per conto di Earl Derr Biggers) profferisce sentenze alla Confucio («quando un albero cade, non dà più ombra») pensa già che «le impronte vanno bene nei libri, non nella vita. In fondo a un assassinio, ci sono le passioni umane; bisogna studiare l´anima». Il dandy Dashiell Hammett comincia a schernire il metodo. «E le impronte digitali?» «Niente di eccitante! Sono tutte del morto» (The Tenth Clew); oppure, «le impronte sono tutte della cameriera». Se Poirot (The mysterious affair at Styles) gongola ancora negli anni Venti nel ritrovare impronte su flaconcini di stricnina, e di nuovo in Ten little niggers Agatha Christie garantisce le tradizioni del genere, impronte comprese, ormai le inchieste si fanno con la violenza, o la psicologia. Simenon confessa in un´intervista del 1975 che Maigret «crede più all´istinto che all´intelligenza, alle impronte digitali e le altre tecniche della polizia. Ne fa uso perché è obbligato, ma senza crederci troppo». Resiste oggi Carlo Lucarelli, ma da quando deve occuparsi di casi reali, e non letterari. Del resto, è figlio di medico. Conan Doyle, si sa, ha nutrito la strepitosa, vittoriana scienza deduttiva alla scuola di Joseph Bell, suo professore di medicina all´Università di Edimburgo. Con viso da pellerossa, Bell studiava il paziente, ne indicava il mestiere, le origini, gli usi e i sintomi, e infine la diagnosi: e il malato non aveva ancora aperto bocca. Daria Galateria