Corriere della Sera 13/01/2006, pag.47 Sergio Romano, 13 gennaio 2006
Ucraina e gas russo: anche Mosca ha le sue ragioni. Corriere della Sera 13/01/2006. In questi giorni molta parte della stampa sembra voler colpevolizzare la Federazione Russa per il suo atteggiamento nei confronti della Repubblica di Ucraina in merito alla vicenda della fornitura del gas metano
Ucraina e gas russo: anche Mosca ha le sue ragioni. Corriere della Sera 13/01/2006. In questi giorni molta parte della stampa sembra voler colpevolizzare la Federazione Russa per il suo atteggiamento nei confronti della Repubblica di Ucraina in merito alla vicenda della fornitura del gas metano. Un tentativo che si iscrive insieme ad altri nel volere in qualche modo intaccare l’immagine stessa della Russia e la sua stessa vocazione naturale ad essere uno dei protagonisti della sfida geopolitica. Infatti, fin dall’aggressione alla Serbia (protetta dalla Russia) per giungere alla vicenda del gas, tutto sembra volere impedire a questa nazione di ritornare a essere influente negli equilibri mondiali. Il multilateralismo, tanto invocato, non sembra valere per la Federazione Russa e per il suo presidente. Invece di emarginare questo Paese non dovrebbero gli europei fare in modo che nel medio/lungo periodo esso entri a far parte della Ue? Marco Baratto Caro Baratto, comincio dalla fine della sua lettera. Credo che l’ingresso della Russia nell’Unione Europea non sia né desiderabile né possibile. Non è desiderabile perché il boccone è troppo grosso e l’Unione, se cercasse di digerirlo, finirebbe per rinunciare agli ideali unitari che ancora sopravvivono, bene o male, nel gruppo dei Paesi fondatori. Non è possibile perché la Russia intende conservare la sua sovranità e la sua identità di grande potenza eurasiatica. Quando il nostro presidente del Consiglio, qualche anno fa, non perdeva occasione per auspicare questa prospettiva, Vladimir Putin, se era presente alle sue dichiarazioni, abbozzava un mezzo sorriso (più di tanto non gli riesce) ed evitava di entrare in argomento. La Russia ha considerevoli interessi europei e aspira a diventare, grazie ad alcuni accordi speciali, un nostro grande partner economico; e l’Ue ha molte buone ragioni per venire incontro alle sue aspettative. Ma l’unità europea è un’altra cosa. Credo che lei non abbia torto invece quando lamenta una certa sordità dell’Europa per le ragioni russe nella vicenda ucraina. Alla fine del 2004, mentre la folla dimostrava nelle piazze di Kiev e Viktor Yushchenko contestava i risultati delle elezioni presidenziali, l’opinione pubblica europea fece il tifo, comprensibilmente, per i manifestanti. Ma i nostri governi avrebbero dovuto ricordare che i rapporti russo-ucraini sono molto più intricati di quelli che esistono generalmente fra due Stati stranieri. Quando l’Urss si disintegrò, nel dicembre del 1991, fu necessario decidere, tra l’altro, la sorte della flotta sovietica del Mar Nero e quella della base navale di Sebastopoli nella penisola di Crimea. I negoziati continuarono sino al 1997 e si conclusero con un Trattato di amicizia e cooperazione che venne firmato da Boris Eltsin a Kiev nella primavera del 1997. La flotta venne spartita e i russi presero in affitto Sebastopoli impegnandosi a pagare un canone complessivo pari a due miliardi e mezzo di dollari. Quel trattato riconosceva implicitamente all’Ucraina il possesso della Crimea, una terra conquistata dai russi nel XVII secolo che Krusciov regalò graziosamente a Kiev nel 1954. Il dono fu fatto in occasione del terzo centenario del trattato di Perejaslavl, con cui gli ucraini si erano affidati alla protezione dello zar Alessio Michailovic, e fu allora puramente simbolico, privo di qualsiasi effetto politico. Non è tutto. Avremmo dovuto ricordare che i russi, in Ucraina, sono circa 8 milioni, che milioni di ucraini vivono in Russia e contribuiscono con le loro rimesse al bilancio dello Stato e infine che il governo di Mosca, in questi anni, ha generosamente sovvenzionato l’economia ucraina. In un articolo pubblicato dall’International Herald Tribune del 6 gennaio, un ricercatore della New American Foundation di Washington, Anatol Lieven, ha calcolato che il prezzo politico fissato dai russi per le loro forniture di gas all’Ucraina rappresentava, di fatto, un sussidio pari a una somma compresa fra i 3 e i 5 miliardi di dollari annui. Prima di incoraggiare gli ucraini a sfidare il loro protettore, l’Europa avrebbe dovuto chiedersi se era disposta ad accollarsi una tale responsabilità finanziaria. E farà bene a chiedersi ora se il voto di sfiducia del parlamento ucraino contro il governo di Kiev, dopo il nuovo accordo sul gas, non sia dovuto alla speranza del partito antirusso di poter contare, in caso di crisi, sull’appoggio dell’Ue. Sono illusioni pericolose che è meglio dissipare subito. Sergio Romano