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 2004  dicembre 06 Lunedì calendario

L’impero di Trussardi sulle spalle di Beatrice, studentessa calvinista, Affari & Finanza, 6/12/2004 Più che la signora del levriero, Beatrice Trussardi, 33 anni, faccino da angelo, modi beneducati da ragazza cresciuta dalle suore, sembra una studentessa timida

L’impero di Trussardi sulle spalle di Beatrice, studentessa calvinista, Affari & Finanza, 6/12/2004 Più che la signora del levriero, Beatrice Trussardi, 33 anni, faccino da angelo, modi beneducati da ragazza cresciuta dalle suore, sembra una studentessa timida. Invece sul suo tavolo di cristallo, nell’ufficio con le pareti bianche, dalle finestre la vista sulla Galleria, passano affari per 121 milioni di euro, contratti di 100 boutique e 120 corner distribuiti tra Europa, Russia, Medio Oriente, Giappone, Corea e Cina, studi sullo sviluppo del business, ricerche sulle più tradizionali lavorazioni artigianali. Il destino ha voluto che cinque anni fa lei, la primogenita di Nicola, la delicata ragazza appassionata d’arte, si ritrovasse alla testa dell’impero del lusso creato da suo padre. E quando il destino si è accanito ancora, e dopo il padre si è portato via in un incidente d’auto anche il maggiore dei fratelli, si è trovata lì da sola, senza alcun paracadute. «Tutto quello che va bene, è per merito mio; e se qualcosa dovesse andare male, sarà comunque per la mia responsabilità». Quelle spalle, dunque, non sono tanto esili; né è reale l’understatement che Beatrice ostenta come un atteggiamento naturale. «Sono riuscita a tenere testa a tutto quello che è successo separando i piani: quello personale del dolore, della sofferenza, e quello dell’azienda che doveva comunque andare avanti». Grande responsabilità e grande entusiasmo, dice. E passione per un’impresa che ormai è nel dna della famiglia a cominciare dal 1911, dalla manifattura di guanti del bisnonno. E poi c’è il suo angolo dei sogni, la Fondazione, che vuole promuovere e diffondere le opere degli artisti contemporanei più affermati. Nata a Milano, cresciuta a Bergamo, Beatrice ha avuto un’infanzia da privilegiata: ha due anni quando Nicola inventa il marchio del levriero e via via trasforma una manifattura di guanti pregiati di provincia in un’icona dell’eleganza mondiale. Per lei scelgono la scuola migliore, il Collegio Vescovile Sant’Alessandro, e il pomeriggio la fanno studiare con un precettore. «Mio padre - ricorda - voleva che sperimentassimo tutto, arte, musica, sport, e che così scoprissimo le nostre inclinazioni». Beatrice scopre di amare l’arte e si iscrive ad Architettura. Ma l’università non la appassiona, non almeno com’è concepita in Italia, e va a studiare a New York. Si laurea in Storia dell’Arte Moderna; ottiene un master in Art Business & Administration; collabora da studentessa con il Guggenheim, il Metropolitan e il Moma nelle attività che vanno dal fund raising alla curatela. «La vita americana mi piaceva molto», racconta. «A Milano non c’è una qualità della vita alta, c’è una corsa frenetica verso chissà cosa... la mia generazione è stressata, perfino a New York la gente sa mollare l’acceleratore, qui no». Ma nel ’99, con l’incidente del padre, Beatrice è costretta a tornare e ad aprire il nuovo capitolo della sua vita. Diventa amministratore delegato del gruppo per immagine, prodotto e comunicazione; nel 2002 assumerà la carica di presidente e di Ad tout court. La bimba timida e riflessiva si è trasformata in una donna che porta a termine una complessa operazione che ha portato alla chiusura della storica fabbrica di Villa D’Almé: «Era diventata antieconomica, non rispondeva più alle esigenze del mercato. Ho razionalizzato, diviso e spostato produzioni». Senza abbandonare però, e di questo va fiera, l’Italia. Ora abita a Milano, ma non ha ancora una casa tutta sua. «Mi piace la condizione di libertà che dà non avere una casa»; non ama parlare del privato, semplicemente dice di non essere sposata e di avere poco tempo per sé: «La vita privata viene dopo, ma sto imparando a dargli spazio». spesso via: nel Far East Trussardi ha negozi in Giappone e in Cina. E ogni viaggio di lavoro è l’occasione per conoscere e imparare. Per divertirsi no; per questo nella vita della calvinista Beatrice c’è ancora poco spazio. Cinzia Sasso