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 2006  gennaio 03 Martedì calendario

Suez 1935: perché gli inglesi non chiusero il Canale. Corriere della Sera 03/01/2006. Il libro di Alfonso Scirocco su Giuseppe Garibaldi lascia intendere che navi inglesi protessero lo sbarco dei Mille in Sicilia dal naviglio borbonico

Suez 1935: perché gli inglesi non chiusero il Canale. Corriere della Sera 03/01/2006. Il libro di Alfonso Scirocco su Giuseppe Garibaldi lascia intendere che navi inglesi protessero lo sbarco dei Mille in Sicilia dal naviglio borbonico. Non so se si può fare un accostamento, ma anche a metà degli anni Trenta, quando l’ Italia si mosse alla conquista dell’ Etiopia, gli inglesi - che controllavano il Canale di Suez - nulla fecero, quando bastava porre di traverso una nave, per impedire il passaggio dei nostri convogli. Si può dire, pur rispettando le differenti circostanze storiche, che gli inglesi hanno guardato alle nostre vicende con occhio benevolo? O erano spinti da calcoli che sfuggono al grosso pubblico? Lorenzo Milanesi Milano Caro Milanesi, l’ invasione italiana dell’ Etiopia cominciò il 3 ottobre 1935. Nei giorni seguenti il Consiglio della Società delle nazioni condannò l’ Italia come Stato aggressore e l’ Assemblea adottò sanzioni che prevedevano, tra l’ altro, un embargo sulla esportazione di armi e materie prime, sulle importazioni dall’ Italia e sulla concessione di crediti a suo favore. Il petrolio, tuttavia, non fu incluso tra i prodotti vietati e alcuni Paesi si riservarono di adottare misure meno rigorose. Il problema delle comunicazioni attraverso il Canale di Suez divenne a quel punto la maggiore preoccupazione del governo italiano. Secondo Rosaria Quartararo, autrice di un lungo saggio sulla politica estera fascista dal 1930 al 1940 («Roma tra Londra e Berlino», pubblicato dall’ editore Bonacci nella collana diretta da Renzo De Felice), il governo italiano apprese che «le autorità britanniche, d’ accordo con la Compagnia del Canale, avevano studiato due progetti: l’ uno prevedeva lo sbarramento del Canale, da effettuarsi nella rada di Suez (estremità sud); l’ altro la chiusura all’ imbocco nord, più precisamente nelle acque di Porto Said». Ma il governo britannico era alle prese con un imbroglio giuridico. L’ utilizzazione internazionale del Canale era regolata da una convenzione del 1888 che conteneva, secondo Rosaria Quartararo, clausole contraddittorie. L’ art. 5 conferiva alla Gran Bretagna il diritto di vietare «l’ imbarco, lo sbarco, o il passaggio per il Canale di truppe, munizioni, o materiale bellico». Ma la stessa convenzione prevedeva all’ art. 1 «che il Canale dovesse rimanere aperto e disponibile a ogni nave da carico o da guerra, sia in tempo di pace che in tempo di guerra». Se la Società delle Nazioni avesse esplicitamente invitato la Gran Bretagna a impedire il passaggio delle navi dirette in Etiopia, il nodo si sarebbe sciolto. Ma a Ginevra, dove aveva sede la Società delle nazioni, si parlò di tutto fuorché della chiusura del Canale. Il vero problema, comunque, non era giuridico, ma politico e militare. Se avesse adottato misure restrittive, il governo britannico avrebbe compiuto un gesto ostile a cui l’ Italia, verosimilmente, avrebbe reagito attaccando Malta. In altri momenti gli inglesi avrebbero accettato il rischio. Ma la situazione internazionale, in quel momento, suscitava a Londra molte preoccupazioni. Pochi mesi prima Hitler aveva formalmente denunciato le clausole del trattato di Versailles sul disarmo; e i giapponesi, nel frattempo, apparivano decisi a estendere la loro influenza sullo Stato cinese. Tre nemici contemporaneamente, in un momento in cui le forze britanniche avevano urgente bisogno di finanziamenti, erano troppi. Qualcuno a Londra propose che la maggiore società petrolifera britannica, la Anglo-Iranian Oil Company, interrompesse le sue forniture all’ Italia. Ma la società fece presente che i suoi affari sul mercato italiano ne sarebbero stati danneggiati e che l’ Italia, comunque, avrebbe potuto comprare petrolio negli Stati Uniti. Fu così, caro Milanesi, che l’ Italia conquistò l’ Etiopia attraversando il Canale sotto gli occhi impotenti degli inglesi e utilizzando per le sue forze armate, probabilmente, parecchio petrolio britannico. Sergio Romano