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 2004  dicembre 02 Giovedì calendario

L’eterno Campana e il calciatore che non ce la fa a fare la spesa, la Repubblica, 02/12/2004 «Mi crede? Mai fatto campagna elettorale, mai telefonato a un giocatore per convincerlo a votarmi

L’eterno Campana e il calciatore che non ce la fa a fare la spesa, la Repubblica, 02/12/2004 «Mi crede? Mai fatto campagna elettorale, mai telefonato a un giocatore per convincerlo a votarmi. Sono al servizio del calcio da tanti anni e su questo ho fondato la mia credibilità. Ma mica mi ritengo insostituibile, sa?». Sarà, ma l’avvocato Sergio Campana, 70 anni, ex giocatore (anche) del Lanerossi Vicenza, è stato rieletto lunedì scorso presidente dell’Associazione Italiana Calciatori fino al 2008; l’Aic l’ha fondata lui nel 1968 e alla fine del mandato faranno 40 anni al timone del sindacato. Solo Carraro le contende il primato di longevità nelle istituzioni sportive: il dubbio sulla sua insostituibilità, avvocato, sembra legittimo. «Ma la gestione dell’Aic è collegiale: delego molto all’avvocato Grosso, vicepresidente anche dell’organizzazione mondiale, a Serioli per il settore giovanile, a Bonavina per i dilettanti, alla nostra associazione commerciale, quella con Albertini, Gattuso, Pecchia e altri, la gestione del loro ramo. L’Aic la sento un po’ mia e sono ormai un simbolo, ma non ho brame di potere: pensi che non vado mai in tv, e tutti sanno che valore abbia, oggi, un’apparizione televisiva. Ho deciso di avere due ambizioni: rinunciare alla tv e al telefonino. Finora resisto bene». Come nacque l’Aic? «Avevo 33 anni e facevo l’avvocato, avevo smesso di giocare da poco. Una sera mi telefonano Mazzola, Rivera, Bulgarelli e De Sisti dal ritiro della Nazionale. Mi dicono: «Sarebbe ora che noi calciatori gestissimo le nostre cose da soli, abbiamo pensato a te per rappresentarci». L’idea mi piace. Pochi giorni dopo ratifichiamo il tutto in una trattoria alla periferia di Milano e poi dal notaio. Nasce il primo consiglio direttivo, è il 1968: un anno pieno di significato». Il motore furono i grandi nomi del calcio di allora. Adesso invece faticate a coinvolgere i big, perché? «Purtroppo i nostri giovani non si rendono conto che non tutto è caduto dal cielo: per ottenere certe cose che ora sembrano normali abbiamo lottato per quasi 40 anni. In Inghilterra dopo due mesi di infortunio possono licenziarti, invece i calciatori italiani sono i più tutelati del mondo». Che calcio era il vostro? «Non avevamo previdenza, né assicurazione, né contratto collettivo. Il ministro del Lavoro, Coppo, mi disse: ”Le verranno i capelli bianchi ad aspettare l’assicurazione per i calciatori”. La ottenemmo nel 1973, con una legge dello Stato, dopo infinite polemiche». All’epoca in Figc c’era Artemio Franchi. «Uomo meraviglioso e di un’abilità diabolica. Ci incontravamo per discutere e lui sapeva come ammaliare l’interlocutore; poi mi congedava tutto cordiale e mi mandava una lettera: caro Campana, le assicuro che le cose saranno risolte nei tempi e nei modi opportuni. Non voleva dire niente, non avrebbe fatto nulla, però sapeva come dirtelo». Con tutti i presidenti Figc rapporti così? «Con qualcuno, come Matarrese, più burrascosi, ma ora siamo amici e ci rispettiamo molto. Una grande persona era l’avvocato Sordillo, gli dicevo: sei il presidente Figc che capisce meno di calcio eppure sei stato l’ultimo campione del mondo. Non se la prendeva. I dirigenti di adesso sono, diciamo così, più ”scientifici” di una volta». Tra le prime battaglie vinte, si diceva: la «liquidazione» per i calciatori. «Dissi a Luison, portiere del Vicenza a fine carriera: fà un’azione legale contro il club, fatti riconoscere un’indennità di fine rapporto. Lui aveva paura ma alla fine lo convinsi ad andare in tribunale. Vinse e fu liquidato con qualche milioncino, ancora adesso lo incontro e gli dico: aspetto sempre la percentuale... Da allora per ogni calciatore c’è un fondo a fine carriera, anche se non tutti lo sanno, in ragione dei guadagni percepiti. Il massimale è basso, per ovvi motivi di buon senso». Le grandi vittorie? «La firma contestuale: un giocatore deve essere d’accordo con il trasferimento. Era il 1976, finiva ”il mercato delle vacche”. Poi la legge 91, cioè l’abolizione del vincolo, con l’obbligo di contratti a tempo determinato. Denuncio l’illegittimità del mercato e il procuratore Costaliola, che si chiamava come un ex portiere del Bari, sequestra tutti i contratti del calciomercato di Milano. I giornali mi coprono d’insulti, sono quello che vuol rovinare il calcio. Il putiferio arriva al governo, interviene il sottosegretario Evangelisti e alla fine il Consiglio dei ministri delega alle Camere la legge 91. Poi in anni più recenti abbiamo introdotto, dopo uno sciopero, la rappresentanza degli atleti nelle proprie federazioni col decreto Melandri e l’abolizione del vincolo anche tra i dilettanti». Chi erano i presidenti di club più focosi? «Tutti mi vedevano come il diavolo, ma avevo modi garbati e non c’erano scontri aspri. Grandi battaglie con Dino Viola, sì, ma lui aveva la sfortuna di venire spesso per lavoro a Bassano del Grappa, così lo inseguivo pure a cena. Con Boniperti un rapporto splendido, fin da quando giocavamo: da dirigente, se prevedeva di avere un contenzioso con un giocatore, e me ne ricordo uno con Anastasi, mi chiamava la sera prima. E che litigate con Anconetani, perbacco». E i giocatori? Quanto sono cambiati? «Vivono pressioni enormi, perché è chiaro che la comunicazione ha cambiato tutto. Cinquant’anni fa l’arbitro Agnolin, papà di Luigi e arbitro di serie A anche lui, raccontava al Bar Centrale di Bassano la partita che aveva arbitrato il giorno prima, e la gente apprendeva da lui la cronaca. Ora è tutto diverso, completamente. E i giocatori non si divertono più. L’ho detto a Vieri e Cannavaro, tempo fa: ma perché addirittura quando segnate un gol siete così incazzati al punto di prendere a calci ogni cosa? Ora non c’è più la dimensione ludica dell’essere calciatori. Un giorno, 10’ prima di uno Juventus-Vicenza, il nostro spogliatoio sembrava quello di una ricreazione scolastica e Scopigno ci richiamò all’ordine bonariamente. Vincemmo 3-2, dovevamo straperdere». Dicono: i calciatori sono mercenari e miliardari. «Un centinaio di loro è miliardario, ma noi abbiamo 3.000 assistiti e molti, in serie C, non vengono pagati per mesi e hanno problemi anche nel fare la spesa. E ad alti livelli si gioca troppo: impossibile rimanere al top a tre giorni di distanza tra campionato e coppa, si finisce col pensare di ricorrere a quelli che chiamano ”integratori” o ad altri aiuti, e non va proprio bene». Cosa deve fare il calcio per cambiare? «Riconquistare valori morali, ora quasi assenti, in giocatori, dirigenti e tifosi; ristribuire diversamente le risorse, ed è il senso della battaglia in Lega calcio di questi giorni, oltre a promuovere i vivai. Infine aiutare la serie C: se ora si potrà vedere Inter-Milan in poltrona con 3 euro, chi andrà a veder giocare il Cittadella?». Andrea Sorrentino