Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2004  dicembre 09 Giovedì calendario

Donald Trump è il primo palazzinaro postmoderno, L’espresso, 09/12/2004 Che cosa trova di bello in Donald Trump una modella come Melania Knauss? «Un miliardo di dollari e il colesterolo alto», sibila l’attrice Susie Essman, scatenando le risate del pubblico

Donald Trump è il primo palazzinaro postmoderno, L’espresso, 09/12/2004 Che cosa trova di bello in Donald Trump una modella come Melania Knauss? «Un miliardo di dollari e il colesterolo alto», sibila l’attrice Susie Essman, scatenando le risate del pubblico. Il cinquantottenne Trump, con il suo ciuffo biondo-rame e l’espressione altera, incassa la battuta senza scomporsi. Al suo fianco, come una statua, siede la fidanzata Melania, splendida trentenne di origine slovena. Trump ha accettato di partecipare a una delle serate dei Friars Club, il club dei frati, un’istituzione della satira newyorchese che dal 1949 organizza serate spumeggianti per mettere sulla graticola i personaggi più noti. Così la sera del 15 ottobre, all’Hotel Hilton, Trump deve affrontare 70 comici che lo trafiggono per due ore con le battute più grevi. «Perché Trump mette il suo nome su tutti i suoi grattacieli?», si chiede l’attore Rich Vos, e si risponde: «Così le banche fanno più in fretta a capire dove sono quando devono riprenderseli». Non è difficile fare satira su Trump. Nella primavera scorsa il suo libro Come diventare miliardari è stato al vertice delle classifiche, nonostante si cominciasse a parlare dell’imminente bancarotta che stava per abbattersi sui suoi casinò di Atlantic City. A metà novembre la bancarotta è stata dichiarata e sono cominciate le procedure per salvare la Trump Hotels & Casino Resorts oppressa da 1,8 miliardi di dollari di debiti. Le operazioni finanziarie sono finite nelle mani della Crédit Suisse First Boston che ha annunciato un aggressivo piano di salvataggio. Trump manterrà la carica di presidente, ma abbasserà la sua quota dal 54,6 al 27 per cento, mentre le banche, che investiranno 400 milioni di dollari per risanarla, acquisiranno oltre i due terzi del pacchetto. Trump tirerà fuori 71 milioni di dollari in contanti e in 60, 90 giorni l’azienda dovrebbe uscire dalla procedura di salvataggio (il Chapter 11). Si tratta di una crisi attesa. I casinò di Atlantic City, esattamente come quelli di Las Vegas, sono minacciati dalle nuove iniziative legate al gioco d’azzardo che si stanno moltiplicando nelle riserve indiane. Nulla di strano, dunque, dicono gli esperti del settore. A stupire è il fatto che il magnate Donald Trump, arrivato alla seconda bancarotta della sua vita (l’altra risale al 1992), continui a essere il simbolo del business negli Stati Uniti. La sua seconda vita comincia un anno fa, quando la Cbs gli propone di partecipare a un reality show, ”The Apprentice”, l’apprendista. L’idea è di Mark Burnett, l’inventore di ”Survivor” che ha avuto uno straordinario successo negli Usa. La trovata del nuovo show è semplice e sembra tagliata su misura per Trump. Basta creare una squadra di giovani aspiranti manager che hanno voglia di sfondare e metterli alla prova. Ogni settimana si inventa un obiettivo imprenditoriale da perseguire, si valuta il comportamento sul campo degli apprendisti, e alla fine di ogni puntata si licenzia il peggiore. Il vincitore verrà assunto da un’azienda di Trump con uno stipendio da 250 mila dollari per un anno. L’idea sfonda. Alla selezione si presentano 215 mila giovani, spesso usciti dalle migliori università americane. Solo 16 vengono selezionati. Nel corso di una puntata devono progettare un nuovo giocattolo della Mattel, in un’altra sono impegnati a lanciare un nuovo dentifricio della Crest. Il marchio Trump viene usato per promuovere altri marchi, in un meccanismo che si autoalimenta. Alla fine di ogni puntata si svolge la riunione decisiva. A presiederla è Trump che, giudice insindacabile, in un crescendo di tensione punta il dito contro uno dei candidati e mormora la formula magica: «You are fired!», sei licenziato. Queste tre parole diventano un tormentone nazionale, mentre l’immagine del magnate che condanna la sua vittima finisce sulla copertina dei settimanali e sui mega-cartelloni stradali. Trump esagera sempre quando parla di sé. Dice a tutti che la sua trasmissione ha il record nell’indice degli ascolti, ma non è vero perché, con i suoi 18 milioni di spettatori di media, è forse al settimo posto negli Stati Uniti. Ma nel corso dell’ultima puntata, quando viene incoronato il vincitore, sono 40 milioni a sintonizzarsi sulla Cbs, una enormità. E la trasmissione viene nominata per quattro Emmy’s Award. Trump diventa l’uomo del giorno. l’ospite preferito nelle trasmissioni più popolari, da ”Saturday Night Live” a ”The Oprah Winfrey Show”. Ovunque racconta che il personaggio da lui interpretato, nella sua inflessibile durezza, è il simbolo di New York, una città generosa verso i migliori, ma spietata verso i più deboli. l’icona in cui tutti si identificano, perché riunisce in sé ricchezza, potere e fama, una sintesi che rappresenta il sogno di ogni americano medio. Già prima de ”L’apprendista” Trump era una star nel mondo dello spettacolo. Nella sua carriera televisiva aveva partecipato a programmi come ”Roseanne”, ”Suddenly Susanne”, ”Spin City”, ”The Nanny”, ”The Fresh Prince of Bel Air”, ”The job” e a film come Home Alone 2 e Lost in New York. Ma ora, con ”L’apprendista”, ha fatto il grande salto ed è entrato nella ristretta cerchia di personaggi, come Oprah, in grado di fare soldi in settori completamente diversi solo grazie alla forza della propria immagine. Così, in primavera, Sheldon Brody, presidente della Marcraft Clothes, gli propone di fare da testimonial per una nuova Collezione Donald Trump. Brody dice che l’idea gli è scattata vedendo, fuori dagli studi della Cbs, un migliaio di giovani in giacca e cravatta che aspettavano l’uscita di Trump per chiedergli l’autografo. Oggi l’immagine di Trump campeggia su intere pagine a colori del ”New York Times”. Con la sua faccia sorridente da duro, il ciuffo biondo sulla fronte, cravatta rossa e vestito scuro di buon taglio, pubblicizza la sua collezione per Macy’s. Il target? «I giovani tra i 19 e i 35 anni che hanno voglia di fare carriera», spiega Brody al ”New York Times”. I vestiti sono solo l’inizio. Estée Lauder sta lanciando un nuovo profumo, Donald Trump: ”The Fragrance”, che è già disponibile sui banchi di Macy’s e di Bloomingdale. Hasbro ha prodotto un gioco da tavolo, ”Trump. The game”, pubblicizzato come «il gioco per fare più soldi». Mentre Stevenson Entertainment ha creato diversi modelli di Talking Donald Trump Doll, bambolotti in grado di pronunciare una ventina di frasi tra cui «Thinking big, living large», pensare e vivere alla grande, e naturalmente «You Are Fired!». Da alcuni mesi Trump ha un nuovo pulpito da cui esibirsi. Clear Channel, uno dei più importanti network degli Stati Uniti, gli ha offerto la conduzione di un talk show radiofonico che va in onda su 320 stazioni in tutto il Paese. Il nome della trasmissione? Ovvio: ”Trumped”. E lui stesso sta per lanciare un bimestrale, ”Trump World”, dopo avere diffuso alcuni numeri zero nelle sue catene alberghiere. Usare il proprio nome per battezzare le proprie imprese imprenditoriali è una regola aurea per il ricco Donald. Su tutti i grattacieli che costruisce c’è il marchio ”Trump” a caratteri dorati. Cominciò negli anni Ottanta, costruendo la Trump Tower, un monumento al kitsch proprio sulla Quinta avenue, con un’ampia cascata nella hall e uno spreco di decorazioni dorate, che è diventato il simbolo del suo impero e del suo stile. E ha proseguito su quella strada: dal Trump International Golf Club che ha sette laghetti e una cascata, la Trump World Tower, un grattacielo di 72 piani vicino alle Nazioni Unite, e il Trump Palace, un gigantesco investimento immobiliare in un’area che si affaccia sul fiume Hudson, sul West Side di Manhattan, tra la 59esima e la 72esima strada. Ma quant’è ricco Trump? Lui valuta la sua cassaforte sui 6 miliardi di dollari, la rivista ”Fortune” la ridimensiona a 2,5. Quando, poi, recentemente, ha affermato di possedere il 50 per cento della Trump Place, è stato smentito dai suoi stessi soci. Quanto all’attuale bancarotta, Donald la definisce «un dettaglio», solo l’1 per cento del suo patrimonio. Sarà vero? Certo, un personaggio simile rischia di diventare la caricatura di se stesso, ma Trump non teme questo rischio. Coccola le sue debolezze come fossero virtù, sapendo di interpretare i desideri della maggioranza degli americani. Impiega almeno un’ora e mezza al giorno a farsi lavare, tingere, pettinare e cotonare i capelli dalla bella Melania. Ma ci tiene a sottolineare che non porta alcuna parrucca. Per questo ha consentito a Keith Naughton, giornalista di ”Newsweek”, di analizzare da vicino la sua stravagante chioma pur senza fargliela toccare, perché Trump odia il contatto fisico, è ossessionato dai germi e non stringe mai la mano a nessuno. Trump è consapevole che gli intellettuali non lo amano, ma la classe media lo adora. E i prodotti con il suo marchio sono diretti a questo pubblico. Il profumo di Estée Lauder viene venduto a 60 dollari e i vestiti di Macy’s a 500, cifre abbordabili. Mentre il prezzo a metro quadrato dei palazzi che hanno la sigla Trump sopra l’ingresso, secondo ”Fortune”, costano il 39 per cento in più della media delle aree circostanti. Al Friars Club di New York, l’attrice Stewie Storie gli ha detto, guardandolo negli occhi: «Il tuo libro si chiama Come diventare miliardari. Ma se tuo padre non fosse stato miliardario, oggi faresti il cameriere in questo albergo». Trump l’ha guardata impassibile. Conosce i meccanismi dei media, e sa che queste frecciate servono solo a rafforzare il suo mito presso la gente normale. Molti sostengono che è lui il primo palazzinaro post-moderno della storia. Più immagine che mattoni. Enrico Pedemonte