Alessandro Penati la Repubblica, 26/11/2004, 26 novembre 2004
Il sistema bancario italiano sub specie Tolomei, la Repubblica, 26/11/2004 Nell’universo di Tolomeo, tutto ruotava intorno alla Terra
Il sistema bancario italiano sub specie Tolomei, la Repubblica, 26/11/2004 Nell’universo di Tolomeo, tutto ruotava intorno alla Terra. Non era vero, ma per 1.400 anni è stato questo il credo ufficiale, trasformatosi in dogma religioso, da difendere contro ogni evidenza. Ancora nel 1632, per aver messo in dubbio il sistema tolemaico, Galileo subì l’Inquisizione. Per me, è un riflesso condizionato: penso al sistema bancario italiano, e mi viene in mente quello tolemaico. Prendiamo la vicenda Sanpaolo-Dexia. Sanpaolo è da sempre alle prese con fusioni che gestisce con enorme fatica e lentezza. Nel 1998 si è fusa con l’Imi, ma più che la ricerca dell’efficienza contano gli equilibri del comando: e così ci si accorda per due amministratori delegati. Col risultato che Imi, da unico concorrente di Mediobanca, è diventata una banca di investimento marginale; e con Fideuram, si sono duplicate le attività nel risparmio gestito, senza decidere se fondere le due strutture, o venderne una. A fine 2001 c’è la fusione con Cardine, le Casse di Padova e di Bologna: aumentano gli azionisti da accontentare, e gli amministratori delegati diventano tre (caso unico al mondo). Ci vogliono tre anni per uniformare i sistemi informatici e decidere di eliminare le duplicazioni delle filiali sul territorio. Per tagliare i costi e aumentare l’efficienza, è meglio che ci sia un solo capo azienda: in aprile, finalmente, si rinnovano i vertici e viene nominato un unico amministratore delegato, salvo poi decidere che ci vuole anche un direttore generale (con poteri da amministratore delegato). Sei mesi per trovarlo. Ma qualche giorno prima dell’insediamento, si scopre che i vertici stanno negoziando un’altra fusione, con Dexia. Economie di scala, sinergie: neanche l’ombra. Ma il gruppo belga è probabile preda di qualche banca europea; e il suo management ha pensato a una fusione anti-scalata con il Sanpaolo: la gestione sarebbe equamente distribuita, e il posto assicurato. Che gli azionisti di minoranza contassero poco, si sapeva. Ora sappiamo che, nelle banche italiane, anche i patti di sindacato non contano molto: delle trattative con Dexia, il patto del Sanpaolo non era stato informato. Presidente e amministratore delegato avevano però chiesto il via libera al governatore Fazio: che è l’unico vero azionista di riferimento del sistema bancario. Il suo veto ad ogni acquisizione ostile e al controllo estero di banche italiane (che nessuna legge prevede), e l’inappellabilità di fatto delle sue decisioni (contro le quali, a differenza di Consob e Antitrust, nessuno fa mai ricorso) rendono impossibile la rimozione degli amministratori e il cambiamento degli assetti proprietari senza l’assenso di via Nazionale. In questo modo si concede un enorme potere negoziale a chi vende o vuole fondersi, trasformando ogni operazione in una trattativa nella quale la redditività è secondaria rispetto all’allocazione del potere. Così, tutto va al rallentatore. Ci sono 68 banche quotate nell’indice DJ Stoxx Europa. Quasi una su cinque è italiana. Ma nella classifica per redditività del capitale, nessuna è nel primo quartile, e una sola (Unicredito) è sopra la media; mentre 8 delle peggiori 17 sono nostre. Anche se si guarda al premio di mercato sul patrimonio (indice di redditività attesa), nessuna è nel primo quartile; ma sono italiane 9 delle peggiori 17. Proteggere il sistema bancario doveva servire a creare campioni nazionali, in grado di reggere la concorrenza estera. Ma dopo dieci anni di sistema tolemaico 10 delle 13 banche italiane dell’indice hanno dimensioni di mercato inferiori alla media europea. La protezione è servita per monopolizzare le reti di distribuzione e trasformare le banche in supermercati di prodotti finanziari a caro prezzo. E per finanziare tante acquisizioni sballate: lo testimonia l’inarrestabile processione di dissesti e ristrutturazioni a cui stiamo assistendo. La Gran Bretagna della Thatcher adottò la strada opposta: aprì completamente il sistema ai capitali esteri, costringendo le istituzioni inglesi a competere o soccombere. Oggi, cinque delle dieci maggiori banche europee sono inglesi; e una su tre fra quelle che eccellono per redditività prospettica. Queste banche, però, non sono eredi delle gloriose merchant bank imperiali (Warburg, Baring, Morgan Grenfell, Kleinwort, Fox-Pitt, Hambros): tutte fagocitate dagli stranieri. Sono ex banche regionali, come Royal Bank of Scotland, o ex cooperative per i mutui (Halifax, ora Hbos). Il sistema tolemaico di via Nazionale garantisce un’apparente stabilità (specie degli assetti di potere); ma a scapito dell’efficienza, apparentemente caotica, del mercato. Alessandro Penati