Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  gennaio 17 Martedì calendario

Il signore delle mosche: Prove inconfutabili dell’esistenza di Satana. 3. Nonno Libero Svetlana, sessantenne badante ucraina tutta casa, chiesa e vene varicose, stravede per Viktor Yushchenko e Nonno Libero

Il signore delle mosche: Prove inconfutabili dell’esistenza di Satana. 3. Nonno Libero Svetlana, sessantenne badante ucraina tutta casa, chiesa e vene varicose, stravede per Viktor Yushchenko e Nonno Libero. Il secondo la consola delle tribolazioni del primo. Quando ha saputo che si trattava dell’ultima puntata di ”Un medico in famiglia” era più triste di un topo sigillato in una busta di plastica. I nonni di Kiev, quasi tutti, non sono come Libero, si sbronzano di vodka e ruttano in faccia ai nipotini. Nessuno ha avuto il fegato di dire a Svetlana che il suo prediletto Nonno Libero, devoto di Padre Pio, di Francesco Totti e di Gianfranco Fini, quel melenso farloccone che si dà le martellate sulle dita, dispensa moine e favole rassicuranti alla nipotina che lo tratta come un babbuino, è lo stesso guittaccio greve che negli anni ’70 dialogava attonito con il culo in primo piano di Nadia Cassini, rivolgendogli la domanda, al culo: «Perché non parli?». E il culo che parlava. E mezza Italia che lo invidiava. Lo stesso che sbirciava dai buchi di tutte le serrature, collegiali di giorno, infermiere di notte, la moglie in vacanza, la dottoressa che ci sta col colonnello, la Fenech che ci sta con tutti, slacciarsi le calze e il reggiseno, che si avventava collerico contro quell’altro nanone infoiato di Alvaro Vitali, i due geniali e genitali babbei della copula ogni volta mancata. Il cannocchiale rovesciato di John Holmes, l’incidente puntuale tra il progetto e l’eiaculazione, riscatto di tutti i segaioli della terra. Quale diabolica macchinazione ha fatto sì che questo Lino Banfi e, prima ancora, quel Pasquale Zagaria, nome di Banfi all’anagrafe di Andria, degenerassero dalla leggerezza della caserma nella sordida impresa del nonno in pantofole e catetere che pattina sulla bava delle sue facili commozioni, rischiando ogni volta il coccolone? Chiaro. Lino Banfi, la spalla d’Ingrassia nel mai dimenticato Esorciccio che diventa, da Nonno Libero, ambasciatore Unicef, è un caso lampante di possessione. Mutazioni troppo grandiose del dna. Che ne è stato del re dell’avanspettacolo e della commedia scollacciata, ex belloccio attore di fotoromanzi e sceneggiate, maestro di doppi e tripli sensi, barzellettiere da trivio e macchiettista di talento, sempre guidato dagli istinti più bassi, sesso, fame, ozio? Che debutta in un ruolo di terz’ordine con Chet Baker, un film di Fulci, e poi dilaga da protagonista, improvvisando a meraviglia con Franco, Ciccio, Bombolo e Montesano, parodiando maghi, finocchi, militari, allenatori, e oggi, da otto anni, farfuglia simulando dentiere insulsi fraseggi con uno Scarpati? Spacciatore letale di emozioni confezionate. Che si dedica e ci crede un sito web in cui si annuncia, oltre che Ambasciatore, Cavaliere, Commendatore, Grand’Ufficiale, Cavaliere di Gran Croce, un sito in cui sono rimosse anche le tracce di memorabili trascorsi come Indovina chi viene a merenda e lo stesso Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio. Banfi che si crede Nonno Libero e si vergogna del suo passato. Ha cominciato a fare teatro per sfuggire al destino che lo voleva prete. Ora gli mancano solo le stimmate. Finirà a Calcutta a bere la saliva dei lebbrosi. Quello di Banfi è lo stesso infernale delitto consumato ai danni dell’Abatantuono Attila, flagello di Dio. Due guitti meravigliosi, inattendibili. Gli hanno piantato in mezzo alla maschera due occhi pensosi. Quentin Tarantino, ignaro, lo ha incontrato a Venezia Lino Banfi e lo ha chiamato maestro. Si ricordava di quando il suo idolo palpava, strabuzzando, le natiche di Barbara Bouchet. Non sa che oggi, la colazione in camera, gliela porta Milena Vukotic. Giancarlo Dotto