varie, 15 gennaio 2006
PANAMARENKO
PANAMARENKO (Hubert Van Herreweghe) Anversa (Belgio) 5 febbraio 1940. Artista • «[...] si è mosso di rado dalla sua città perché non ama viaggiare, eppure è l’idea del viaggio, in quanto metafora della dislocazione da un luogo all’altro, ad affascinarlo [...]. Le sue opere traggono ispirazione proprio dai più arditi mezzi di locomozione: aerostati, aerei, navicelle spaziali, dischi volanti. E sottomarini. Si costruisce il nome d’arte in piena guerra fredda, unendo quello di una celebre compagnia aerea statunitense — dissoltasi dopo il disastro di Lockerbie — e la desinenza di nomi russi come Cernenko. Quando firma con la sola parte americana del nome, la scrive in caratteri cirillici. È la sua utopia di unire in concordia il diavolo e l’acqua santa. È il più sorprendente degli artisti venuti dopo Duchamp, diverso da Calder così come da Beuys o Tinguely (che si potrebbero indicare come suoi precedenti), inventore poetico e folle di opere che incominciano dalla scienza e si concludono nell’utopia. Una macchina volante è immaginata per un viaggio di andata e ritorno sulla luna. Il rotore avrebbe persino la potenza per riuscirci. Ma il viaggio resta quello di Astolfo. Difende le sue opere come realtà appartenenti all’arte ed esse lo sono a pieno titolo: ironiche, paradossali, pure invenzioni senza altri riscontri che la fantasia, insetti minuscoli come coccinelle che si trasformano in mostruosi segnali o ingranaggi per il volo con elitre gigantesche e strutture metalliche sottili come gli spini dei rovi. È stato chiamato l’artista del volo, egli si contenta di definirsi artista- tecnologo. Qualche anno fa, a Vinci, i suoi disegni sono stati messi a confronto con quelli di Leonardo. [...]» (Giovanni Carandente, “Corriere della Sera” 14/1/2006).