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 2004  novembre 18 Giovedì calendario

La nuova Mosca stravolta dal lifting del capitalismo è irriconoscibile, La Stampa, 18/11/2004 La sua facciata grigia si specchia nella Moscova, ma forse ancora per poco

La nuova Mosca stravolta dal lifting del capitalismo è irriconoscibile, La Stampa, 18/11/2004 La sua facciata grigia si specchia nella Moscova, ma forse ancora per poco. La ”Casa sul lungofiume”, il simbolo degli Anni 30 che figura in tutti i manuali di storia, letteratura ed architettura, teatro e testimone di uno dei pezzi più tragici del Novecento russo, potrebbe presto scomparire dalla faccia della terra, lasciandosi dietro solo il ricordo sinistro delle decine di suoi inquilini inghiottiti dalle purghe staliniane. Modello funzionante della mai realizzata utopia condominiale comunista, oggi ambitissima residenza con vista sul Cremlino e affitti con cinque zeri, è stata indicata dal sindaco di Mosca Jurij Luzhkov come una delle prossime vittime delle demolizioni che dovrebbero ripulire la città da edifici considerati obsoleti e «non confortevoli» o semplicemente brutti. Dopo, secondo la proposta del sindaco, dovrebbero finire sotto le ruspe anche tutti gli edifici costruttivisti degli Anni 30 per fare spazio a nuovi progetti. Le associazioni di tutela dei monumenti, che pure ormai si aspettavano qualunque cosa, hanno gridato allo scandalo. La ”Casa sul lungofiume” andrebbe ad aggiungersi agli oltre 400 edifici storici scomparsi negli ultimi 12 anni. Il direttore del Museo di architettura David Sarkisjan parla di «genocidio» culturale, il martirologo della Moscow Architecture preservation society include case del 600 e ville nobiliari del 700 sopravvissute al rogo napoleonico del 1812 ma cadute sotto i colpi dei palazzinari. Solo nel 2004 la capitale si è vista privare del Voentorg, grande magazzino di inizio 900 demolito per fare spazio a un centro commerciale, e dell’albergo Moskva (la cui immagine sopravvive in milioni di etichette della vodka Stolichnaya) smantellato per venire sostituito con un Four Seasons. Tra un po’ toccherà all’hotel Rossija, immenso parallelepipedo sulla piazza Rossa che fino a qualche anno fa si era fregiato del discutibile record dell’albergo più grande del mondo: al suo posto dovrebbe sorgere un quartiere più consono all’aspetto storico della zona. Un rogo di origini non chiarite ha devastato il gioiello classicista del Maneggio, ricostruito adesso a tempi record e con tecnologie che hanno poco a che vedere con il restauro. In compenso verrà dotato di un parcheggio sotterraneo. è una trasformazione che mette in discussione vecchio e nuovo, bello e brutto, distrugge orrori e gioielli, cancella o perfeziona il passato e scopre le tecnologie moderne. Le ruspe della storia da Napoleone a Krusciov hanno abituato Mosca a cambiare volto e nella sua ansia di lifting la capitale sta ora vivendo un nuovo rifacimento che la rende irriconoscibile. In decine di cantieri i lavori proseguono anche di notte alla luce di potenti fari. Basta non passare da un quartiere per sei mesi per provare lo shock del vuoto di un palazzo ottocentesco diventato un cumulo di macerie o l’altrettanto sconvolgente crescita dal nulla di un grattacielo. Nel tessuto urbano abituale improvvisamente si aprono squarci di cielo mentre spazi vuoti vengono colmati inaspettatamente. Il numero dei piani aumenta fino a sfiorare le nuvole basse, il vetro a specchio e i rivestimenti colorati di rosso, blu e verde spezzano il monocromo grigio del clima e delle mura, cubi e cilindri di vetro e cemento si calano come astronavi aliene in quartieri liberty. Come dopo la rivoluzione l’utopia comunista sventrò la Mosca patriarcale a misura d’uomo, il capitalismo stravolge con furia bolscevica una città già ibrida che mescola vialoni e vicoletti, casermoni e villini, chiesette con cupola a cipolla e grattacieli gotici di Stalin, rincorrendo il tempo perduto in una modernizzazione troppo frettolosa e caotica per non suscitare dibattito. Cambia perfino lo skyline. Nel panorama di Mosca ora spicca un ottavo grattacielo che si aggiunge alle sette torri staliniane imitandone la sagoma. è il Triumph Palace, per il quale si parte da cinque mila dollari a metro quadro. La nuova borghesia russa acquista appartamenti nei palazzi «élite», abbandonando condomini sovietici con acqua calda a intermittenza e vicini poveri per complessi residenziali di lusso, come se lo immaginano gli ex abitanti delle kommunalka, appartamenti in coabitazione. E per la città è un tripudio di torrette, fregi, balconcini, merli, bovindo, colonne, pinnacoli, in incredibili castelli della bella addormentata con i quali i figli delle periferie si vendicano dell’infanzia in casermoni prefabbricati fatti con lo stampino da Kaliningrad a Vladivostok. Una speculazione che vale miliardi e decine di palazzi vengono forzatamente sloggiati ogni anno con gli inquilini confinati in periferia, mentre il sindaco Luzhkov ha annunciato l’imminente demolizione - o ricostruzione totale - degli stabili con travi di legno, vale a dire tutto ciò che è precedente agli Anni 50. Il nuovo è bello e nella ricerca di un moderno ancora da definire sulla riva della Moscova sta sorgendo il quartiere Moscow City, una Defense russa che vorrebbe dotarsi del grattacielo più alto del mondo. Si reclutano gli americani per cingere Mosca in un anello di 60 grattacieli e i guru dell’architettura moderna cominciano a girare intorno al cantiere più grande d’Europa: Rem Koolhaas è stato avvistato più volte nella periferia nord e si parla di un suo progetto di quartiere avveniristico, Erik van Egeraat stava per iniziare il complesso ”Avanguardia russa”, cinque edifici ispirati ciascuno a un pittore diverso degli Anni 20. Il progetto è stato bocciato da Luzhkov all’ultimo minuto, ma molti esperti pronosticano la fine dell’era del kitsch e l’arrivo di un cliente russo disposto a pagare 15 mila euro a metro quadro per una casa ripresa da tutte le riviste di architettura. «è un fenomeno tipico del terzo mondo», commenta amaramente Grigorij Revzin, uno dei più autorevoli critici russi: «La propria tradizione culturale viene vista come intralcio per chi vuole vivere all’occidentale». La ricchezza e la spregiudicatezza della nuova Russia aprono spazi infiniti per le sperimentazioni più ardite, ma le star occidentali che Mosca vorrebbe reclutare vanno in pellegrinaggio ai monumenti del costruttivismo degli Anni 20. I gioielli che figurano in ogni manuale di architettura e hanno ispirato Courbusier e Koolhaas - i club Rusakov e Kauchuk di Melnikov, l’edificio sperimentale del Narkomfin di Ginzburg, le officine Zil dei fratelli Vesnin - sono tutti a rischio demolizione, precursori di modernità che la Mosca in rinnovamento non accetta. Il monumento storico non ha valore, e interi quartieri del centro sono stati completamente rifatti in quello che l’architetto Alexandr Skokan chiama uno «pseudostoricistico plastico». «La città ormai è una Luzhkovland», rincara la dose Revzin denunciando un partecipazione del comune al grande business dei palazzinari: l’80 per cento dei progetti edili coinvolge in qualche modo il governo di Mosca, gli organismi di controllo sono soggetti al sindaco e un controllo esterno è inesistente. I palazzi entrano ed escono dalla lista dei monumenti tutelati come per magia, la «restaurazione con demolizione» lascia soltanto facciate. Nessuno può essere certo della vista che avrà dalla finestra quando si sveglierà domani. C’è chi ne è felice, c’è chi piange una città che non c’è più e il cui volto futuro oggi è ancora sconosciuto. Anna Zafesova