Camilla Baresani Il Sole-24 Ore, 14/11/2004, 14 novembre 2004
Ravera scopre la mozzarella di bufala e pensa a Marx, allo sconfitto e inutile pene del toro, a Miuccia Prada, Il Sole-24 Ore, 14/11/2004 Marx sarebbe soddisfatto
Ravera scopre la mozzarella di bufala e pensa a Marx, allo sconfitto e inutile pene del toro, a Miuccia Prada, Il Sole-24 Ore, 14/11/2004 Marx sarebbe soddisfatto. Qui la rivoluzione industriale è in stand-by. Qui fai ciò che mangi e sei ciò che fai. Di conseguenza fai ciò che sei. Oltre a essere ciò che mangi, come tutti noi». Chiaro? Mica tanto? Non importa, ve lo spieghiamo noi: si tratta di un caso di folgorazione, quello di Lidia Ravera, sulla via della mozzarella di bufala. Prima sapeva solo che «ingrassa e aumenta il tasso di colesterolo nel sangue»; poi la visita a un celebre caseificio della zona di Paestum, che ne produce in tiratura limitata. la rivelazione: «A guardarli, questi ragazzi così seri, mentre lavorano quella grande tetta candida, le maniche rimboccate, le braccia abbronzate, c’è sentore di sesso e di culla. Di sacro e di carnale». Santi numi! Sensualità, sagrestia e salari... Ma non è finita: in un simile microcosmo perfetto «i tori montano le bufale, quando natura vuole. Ma soltanto a quello servono. Se dal ventre della bufala ingravidata nasce un maschietto, si butta o si regala. Non è pregiato il maschio fra le creature da latte. Il fallo sta a zero, conta la mammella. Il bufalo lo sa e riga dritto». Dunque al caseificio hanno risolto persino l’eterna battaglia dei sessi: i maschi appena nati si buttano o si regalano, i pochi adulti ingravidano - ma poi rigano dritto. C’è infine una stoccata alla corrente milanese della sinistra chiffon, metaforizzata in Miuccia Prada con le sue borse da catena di montaggio: al caseificio aprirà una pelletteria, che «non sarà certo un country Prada, che spaccia borse di bufala, a 300 metri dall’animale vivo. Sarà una bottega di pezzi unici. Piccola. Speciale». Artigianato contro industria, per far contento Marx e non ferire a borsettate né la sensibilità dell’animale né quella del cliente impegnato. Così la Ravera in un reportage sull’ultimo ”MicroMega”, dedicato a «cibo e impegno». Il titolo sembra quasi chieder scusa: quando la rivista affronta temi ritenuti frivoli, ecco che subito gli issa accanto il vessillo dell’impegno. Nel magna magna che sembra diventata la vita degli italiani, tra libri di ricette e cuochi tv, la sinistra che tanto ha fatto per la diffusione della cultura gastronomica (Petrini e Slow Food: se non ci fossero bisognerebbe inventarli) fa il punto su argomenti importanti, dalla denuncia dei problemi dell’agroalimentare alla ricerca di un equilibrio tra creatività e legame col territorio. In tutto questo non si capisce cosa c’entri la Ravera, che si dichiara in eterna penitenza mangereccia perché «fanatica della taglia 40/42». Però è vero: ha scritto Porci con le ali. Che fosse un libro di ricette? Camilla Baresani