Filippo Ceccarelli, La Stampa, 08/11/2004 Maurizio Viroli La Stampa, 09/11/2004, 8 novembre 2004
Scimmiottare l’americano pio è umanamente rischioso, La Stampa, 08/11/2004 Ma converrebbe al centrodestra italiano una sana ventata reazionaria come quella che ha dato la vittoria a Bush? Farebbe gioco al presidente Berlusconi e ai suoi alleati di cavalcare un’ondata di tipo religioso tradizionalista a partire dalle posizioni dell’onorevole Buttiglione? In attesa di una risposta, ma all’insegna dei valori morali, il governo ha triplicato il lotto, aggiunto una ruota per le estrazioni e lasciato intravedere premi sempre più ricchi
Scimmiottare l’americano pio è umanamente rischioso, La Stampa, 08/11/2004 Ma converrebbe al centrodestra italiano una sana ventata reazionaria come quella che ha dato la vittoria a Bush? Farebbe gioco al presidente Berlusconi e ai suoi alleati di cavalcare un’ondata di tipo religioso tradizionalista a partire dalle posizioni dell’onorevole Buttiglione? In attesa di una risposta, ma all’insegna dei valori morali, il governo ha triplicato il lotto, aggiunto una ruota per le estrazioni e lasciato intravedere premi sempre più ricchi. Colpisce la naturalezza con cui, proprio in coincidenza con la crociata sui moral issue, un provvedimento sul gioco d’azzardo è stato presentato all’opinione pubblica come un fatto meramente tecnico di scontrini, quote, ritenute, prelievi. O come un sogno di milioni e milioni di euro. Assai conforme al nuovo clima di riscossa cristiana contro il relativismo culturale anche l’idea, sempre del centrodestra (ma non solo, purtroppo), di aprire un casinò in ogni regione d’Italia. Secondo i resoconti della Commissione Attività Produttive (!) della Camera, le nuove sale da gioco si chiamerebbero «Parchi urbani di divertimento». Sarà contento monsignor Fisichella che l’altro giorno tuonava contro la «visione edonista» al convegno quacchero-capitolino di Adornato & Bondi, mentre l’architetto Portoghesi si scagliava contro «lo sguardo cinico del nichilismo». E a proposito di sguardi (il nichilismo essendo concetto già più complesso). Nelle tv del presidente del Consiglio, dopo il sesso e le sbornie in diretta, hanno preso di brutto a bestemmiare. Sempre in questi ultimissimi giorni è stato espulso Guido, del Grande Fratello: «per aver offeso la morale comune». Ma il sospetto è che non siano esattamente le reti Mediaset, né la tv in generale, il luogo adatto per difendere la morale, tanto meno per scatenare quella «guerra culturale giudaico cristiana» di cui si è parlato all’altro convegno milanese con Ferrara e Buttiglione. Il ministro Gasparri, in effetti, ruggisce bene contro Super Pippa Channel o contro la piccola emittente romana T9, cui il sabato notte scappava di mandare in onda qualche improbabile «pornazzo». Ma l’’Isola dei famosi”, altro luogo donde il centrodestra potrebbe far partire i processi di «ricristianizzazione», no. Con i suoi nove milioni di telespettatori e i suoi miliardi di inserzioni, l’Isola è sacra e inviolabile. Ci pensi il Moige, semmai, e il senatore Bonatesta, se gli proprio gli gira. E via: si fa presto a dire Dio Patria e Famiglia o scimmiottare Bush. Il dubbio è se non sia politicamente dissennato, oltre che umanamente rischioso. E non suoni come una minaccia, tutt’altro. Perché non hanno partito, né schieramento bipolare le più disordinate irregolarità coniugali, i figli illegittimi tenuti nascosti, l’omosessualità vissuta come disperatissima vergogna, il whisky e la cocaina da combinare con l’apparizione televisiva o il Consiglio dei ministri. L’uomo è uomo, nel centrodestra come nel centrosinistra. E Dio è proprio Amore e Misericordia rispetto alle umane debolezze, anche dei concorrenti dei reality e dei fondatori di casinò, non una spada che separa o un martellone da dare in testa ai nemici. La Bibbia americana da combattimento - ce ’è pure con la copertina mimetica - è appunto americana. Va bene lì. Mentre qui, fortunatamente, la commedia aiuta un po’ tutti a non prendersi troppo sul serio e al limite può salvare l’Italia. (Meglio se non diventa farsa, comunque). Dopo tutto Scalfaro, che ai suoi tempi scatenò una guerra santa contro il prendisole, è diventato il Padre Protettore dei girotondi. Mentre la Pivetti, che a suo modo anticipò il ritorno ai valori fondamentali, dai rosari anti-Islam e dalla croce di Vandea è passata al look inguainato e leopardato. Ed è pure felice e ha perfino smesso di predicare. Filippo Ceccarelli *** La Stampa, 09/11/2004 Il vento religioso che nasce dal cuore dell’America ha già cominciato a farsi sentire in Italia. Accanto ai tradizionali lamenti di essere vittime di discriminazioni e soprusi, si levano nel mondo politico e intellettuale voci gravi che invocano un più potente ritorno ai valori cristiani nella politica e nel costume. Rispetto a questi nuovi (o rinnovati) fermenti, non posso non citare le parole che Filippo Ceccarelli ha scritto su ”La Stampa” di ieri: «E via: si fa presto a dire Dio Patria e Famiglia o scimmiottare Bush. Il dubbio è se non sia politicamente dissennato, oltre che umanamente rischioso. E non suoni come una minaccia, tutt’altro. Perché non hanno partito, né schieramento bipolare le più disordinate irregolarità coniugali, i figli illegittimi tenuti nascosti, l’omosessualità vissuta come disperatissima vergogna, il whisky e la cocaina da combinare con l’apparizione televisiva o il Consiglio dei ministri. L’uomo è uomo, nel centrodestra come nel centrosinistra. E Dio è proprio Amore e Misericordia rispetto alle umane debolezze, anche dei concorrenti dei reality e dei fondatori di casinò, non una spada che separa o un martellone da dare in testa ai nemici». Con la sua abituale (e rara) capacità di dosare ironia e serietà, Ceccarelli ha colto bene il problema: se sono saggi e se hanno vera fede devono essere i credenti cristiani, più ancora che i non credenti, a opporsi alla religione che fa la voce grossa e gonfia i muscoli. Lo devono fare per non corrompere la loro fede e per rispettare la democrazia di cui si ergono a paladini. Rammento in proposito che molti credenti cristiani giudicano la religiosità di cui Bush e i conservatori religiosi si fanno alfieri una depravazione delle migliori tradizioni religiose americane perché ritengono che essere cristiani voglia dire in primo luogo praticare la carità cristiana e che la parola di Cristo si insegna con l’esempio e non con la forza delle leggi. Una delle ragioni per cui gli Stati Uniti sono il Paese occidentale più religioso è che padri, pastori, predicatori e rabbini si sono sempre tenuti lontani dal potere politico. De Tocqueville scriveva in Democracy in America che il clero americano (nelle sue diverse denominazioni) difendeva la propria indipendenza dal potere politico con una sorta di orgoglio professionale. Aggiungeva che in America la democrazia aveva nella religione il suo più fido alleato perché la religione insegnava ai cittadini ad amare la libertà, ad assolvere i doveri civili, a vivere con onestà, ad essere operosi e a coltivare le virtù individuali. sempre stata presente nella storia americana la spinta a fare degli Stati Uniti una repubblica in cui le leggi modellano la vita morale sulla base dei valori cristiani, ma il carattere distintivo della religione degli americani è la convinzione che il cristiano non impone la sua legge, ma la insegna. In Italia le cose sono andate in maniera esattamente opposta: il liberalismo e la democrazia hanno trovato nella Chiesa cattolica non un potente alleato ma un tenace oppositore. La religione cristiana non si è tenuta lontana dal potere politico, ma ha brandito essa stessa la spada, e quando non ha potuto farlo direttamente lo ha fatto indirettamente. Con il risultato che più forte è stato il potere politico della Chiesa, più superficiale, esteriore e vuota è stata la religione. Non lo sostengono i laici, ma i credenti. Dico spesso agli amici credenti che essi dovrebbero essere perennemente riconoscenti verso i laici che hanno strappato alla Chiesa il potere temporale perché in tal modo l’hanno costretta a rinascere e a riscoprire il suo vero ufficio. Dovrebbero anche celebrare anziché lamentare il fatto che il preambolo della Costituzione Europea non menziona né Dio né le radici cristiane. Dio non ha bisogno di essere riconosciuto, invocato o ringraziato in una costituzione politica ancorché importante come quella europea. Non ne hanno bisogno neppure i credenti perché se credono con fede profonda Dio nella Costituzione non aggiunge nulla; se non credono non è Dio nella Costituzione che li fa credere. Quanto poi alle radici cristiane sorge un’ovvia domanda: quali? Il cristianesimo di San Francesco e di Santa Caterina, o quello di Giulio II che cavalcava con la spada al fianco e di Alessandro VI padre di Cesare Borgia? La democrazia americana ha bisogno di religione, e quella italiana ancora di più. Ma l’una e l’altra hanno bisogno di una religione che insegni ad amare la libertà, non di una religione che insegna con la forza dello Stato. Maurizio Viroli