Alessandra Iadicicco il Giornale, 11/11/2004, 11 novembre 2004
«Sono un ateo devotamente spaventato di me stesso», il Giornale, 11/11/2004 Cristo e/o Machiavelli? Non è un’alternativa
«Sono un ateo devotamente spaventato di me stesso», il Giornale, 11/11/2004 Cristo e/o Machiavelli? Non è un’alternativa. E neanche una contrapposizione. I due sono strettamente legati: a doppio filo e da doppia congiunzione secondo Giuseppe Prezzolini, autore della questione imbarazzante e del libro folgorante che, riproposto da Beppe Benvenuto per Sellerio (166 pagine, 8 euro), ne prende il titolo. Proprio così: il machiavellismo politico - cioè la totale mancanza di scrupoli nelle difesa dell’interesse nazionale, la ragion di Stato preposta a qualsiasi valore morale, l’intuizione perspicace e disincantata della cattiveria di fondo della natura umana - ha corrispondenze sorprendenti (o inquietanti: a seconda dei diversi sussulti della buona o della cattiva coscienza) con il cristianesimo agostiniano. Su pessimismo antropologico («l’uomo è per l’uomo un lupo»), l’assenza di ideali utopistici o divini nella città degli uomini, l’idea che i governi terreni siano in tutti i casi un affare sporco, Niccolò Machiavelli e Sant’Agostino, autori del Principe e della Città di Dio, si trovano d’accordo. Di questa inattesa convergenza e del complesso rapporto tra politica e religione abbiamo parlato con Giuliano Ferrara, che da «ateo devoto» ha attaccato ogni forma di bigottismo laico dalle colonne di un ”Foglio” per l’occasione clerical chic, e ha preso le difese di Rocco Buttiglione nel ”Processo (europeo) alla strega cattolica”. Che cos’è politica: dannazione di Dio o faccenda del diavolo? Una scienza o una strategia del calcolo di convenienze e interessi? Lotta di poteri, scontro di volontà di potenza, rimedio ad un male, rimedio peggiore dei mali? «Il diavolo e Dio hanno notoriamente un rapporto, anche stretto. La politica si situa nella parte alta della caduta dell’angelo, può rallentarla ma non può impedirla. La politica è un’arte, non una scienza, pensa di calcolare convenienze e interessi, in realtà si limita ad esprimerli. La risultante finale di questo falso calcolo è, come in biologia, un impasto di evoluzione e di caso, di azzardo e di necessità. La politica è potere, e nel mondo tutto si scontra e si scambia, anche il bene, anche le passioni e le ragioni. Sono convinto che una delle ragioni del grave fenomeno di analfabetismo politico di ritorno nel tempo contemporaneo è il disprezzo del potere, la paura del potere, la pretesa ipocrita di poter essere esterni al problema del potere. un rimedio peggiore del male, ad eccezione di tutti gli altri rimedi. Ma questo vale per la dimensione mondana. In tutto il resto la politica addirittura scompare, e la fede è ascesi, la filosofia è ascesi». Qual è il legame della politica con la morale? Le è sottoposta? Può imporla? La relega nel privato? La vota «a maggioranza» (à la Zapatero)? «La politica è una delle possibili morali, è l’elemento che rende plurali le morali, che consente di proporre il tema della verità, la verità politica, fuori dell’orizzonte religioso. Si è emancipata dalla morale nella storia, le corre parallela, la svaluta e insieme la consacra, perché la lascia libera (e non c’è morale senza libertà, mentre c’è politica senza libertà). Può decidere dell’etica, provvisoriamente ma solidamente, una politica che sia forza persuasiva, che sia bandita da élite consapevoli della dialettica del meglio e del peggio, dunque del bene e del male. Questa funzione di comando della politica, qualche volta, può interpretare i desideri della maggioranza provvisoria, e provvisoriamente, può divenire sistema legale autosufficiente. Ma la sua situazione esistenziale è sempre precaria, e assolutizzare il dettato di una maggioranza è una forma ingenua, radicale, intellettualmente sconnessa, di moralismo impolitico». La ragion di Stato è a tutti i costi nichilista? E nullista? «Alla ragion di Stato importa solo il proprio destino. Che è però un destino comune. Se lo Stato è nullista, se non ha fondamenti fuori di sé, se è solo tecnica, allora la ragion di Stato è una tecnica che realizza un destino tecnico, il colmo del nichilismo». Come pensare un rapporto dello Stato con la religione? «La domanda andrebbe rovesciata, io credo. Come pensare uno Stato senza religione? il tentativo moderno. Lo Stato come opera d’arte, come prodotto della sola ragione. Proceduralmente, è un tentativo kantiano e illuminista sostanzialmente riuscito, sebbene la sua realizzazione meno fragile sia quella americana, dove ha trionfato il compromesso della laicità come metodo di separazione tra chiese e stato e della religiosità come fonte universale di ispirazione e di condotta civile, anche nel peccato e nella trasgressione di massa. Ma è riuscito solo proceduralmente. Siamo riusciti a stabilire, noi moderni, che con certe regole si vive appena meglio o si ha l’illusione di vivere appena meglio che senza di esse, e ormai la questione è che queste regole devono universalizzarsi insieme al web, alla circolazione dei capitali, degli uomini e delle merci. Non siamo riusciti a stabilire, nutriamo in proposito solo un’illusione laicista, che la società possa fare a meno di ciò che la lega, la religione. Che è amore, per i cristiani; elezione, per gli ebrei, sottomissione, per gli islamici. Sarò un ”ateo devoto”, secondo una memorabile definizione di Beniamino Andreatta che si attaglia perfettamente a Leo Strauss, ma penso che il dialogo interreligioso, scavando ”nelle profondità intime” di ciascuna fede, come vuole il ”fedele senza confessione” che risponde al nome del professore giovanneo Alberto Melloni, troverà questo, alla fine dell’agape: un certo sincretismo, e uno scambio. Sul piano politico, l’islam ha chiaramente bisogno di amore, i residui della cristianità hanno bisogno di sottomissione». Ha mai nutrito illusioni sulla bontà, o perfettibilità, della natura umana? «Mai. Ma la perfezione in terra è un incubo pieno di noia». Qual è, tra politica ed etica, la parte del denaro, che spezza e sconsacra i vincoli divini e trasvaluta tutti i valori? «Il self interest come motore della società proceduralmente corretta è una grande invenzione. Lavoro, capitale, scambio: gli sciocchi calunniatori della società del consumo e del denaro non sanno quali tesori di umanità e di pace siano portati al mondo da questa benedizione dell’esistenza terrena che è il capitalismo liberale. Il denaro sconsacra ma rende possibile vivere, anche il divino. Il denaro è l’istituzione o il linguaggio tra tutti il più vicino alla realtà». La guerra non è cristiana né santa. Ma, per il santo antipacifista Agostino, come per Machiavelli, è giusta. Rispetto a quale giustizia? «La guerra giusta è la mia guerra, ingiusta è la tua. Questo sotto il profilo morale. Sul piano canonico, che è un piano giuridico, si può sottilizzare e cercare una soluzione, come ha fatto la Chiesa a partire da Agostino. Ma la guerra, come la pace, è un assoluto provvisorio, è un fatto, è entro certi limiti inemendabile». Vede similitudini tra il cristianesimo e il socialismo? Prezzolini, descrivendo il cristianesimo di Agostino, lo dice aristocratico ed eroico. «Il socialismo è come tutti gli ”ismi”, come tutte le ideologie moderne, un tentativo, talvolta penoso talvolta generoso, di secolarizzare un concetto teologico. Ogni cristiano è un aristocratico e un eroe. Il resto sono cristianucci, minoranze spaventate». Saresti con Machiavelli o con Agostino? «Di Agostino ammiro la modernità, di Machiavelli amo e temo l’eternità. Sono un ateo devotamente spaventato di me stesso». Alessandra Iadicicco