Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2004  novembre 30 Martedì calendario

(Dorian) de Grey vagheggia ancora l’eterna giovinezza, D, 30/11/2004 Il dott. Aubrey de Grey è il primo ad ammettere che sta invecchiando

(Dorian) de Grey vagheggia ancora l’eterna giovinezza, D, 30/11/2004 Il dott. Aubrey de Grey è il primo ad ammettere che sta invecchiando. A 41 anni, la lunga capigliatura scura è striata di grigio. Il viso è segnato. E non è finita, quando parla, ci vuole un po’ per districare le parole dalla folta barba che gli arriva ormai fino al petto (non si rade dal 1992). Gli anni stanno lasciando il segno su de Grey. Perfino il suo cognome ricorda le rughe. E le rughe sono esattamente quello di cui vuole sbarazzarsi, anzi più precisamente della vecchiaia tout court. Il suo obiettivo è semplice: «Voglio curare l’invecchiamento», spiega lo scienziato quando lo incontriamo in un pub di Cambridge, Inghilterra, dove lavora presso la facoltà di genetica della Cambridge University. «Diciamo che il concetto di vecchiaia mi sta particolarmente antipatico», afferma accarezzandosi la barba. «Mi piacerebbe fare qualcosa. Lei è contenta all’idea di diventare vecchia e decrepita e di dover dipendere dagli altri? A me non sembra affatto divertente». Definito un ”provocatore scientifico” - «anche se con grande educazione, c’è chi mi considera una grossa spina nel fianco», chiarisce con un pizzico di soddisfazione - il dott. Aubrey de Grey si definisce biogerontologo ed è schierato in prima linea all’interno di un movimento globale contro l’invecchiamento, convinto che le nuove cure e i nuovi trattamenti potranno davvero regalarci l’immortalità. E non si riferisce ai classici cambiamenti nello stile di vita, come smettere di fumare o usare creme per il viso a base di retinolo e vitamina E. «Quelli sono palliativi momentanei», sentenzia perentorio, De Grey non vuole fermare gli anni, vuole farli tornare indietro. Nel suo mondo futuro, non ci saranno più decrepiti ottuagenari sulla sedia a rotelle, accuditi dalle infermiere. Non ci saranno più le pensioni - «praticamente il nostro modo di essere gentili con le persone più deboli» - perché il ”pensionamento”, il periodo in cui rallentiamo il passo negli anni del tramonto, non esisterà più. «Magari lavoreremo per 20 anni, ci riposeremo per altri 20 e poi ricominceremo a fare un altro lavoro». La caratteristica più sorprendente di questo nuovo mondo sarà che nessuno mostrerà segni di senilità. Tutti avranno una pelle soda, liscia e rosea e capelli folti e lucidi. «Un ottantenne potrà sembrare un trentenne e lo stesso potrà succedere a un ”vecchietto” di 180 anni». Ma in questo modo non scombiniamo l’essenza stessa del ciclo vitale? «Certo, ma mi sembra una cosa stupenda», risponde, bevendo un altro sorso di birra. Soltanto dieci anni fa, la sola idea di poter invertire l’invecchiamento sarebbe stata definita pura fantascienza. De Grey, invece, ritiene che i nuovi, potenti mezzi della genetica e della biologia molecolare abbiano finalmente svelato il segreto per allungare la vita. La lampadina nella sua testa si è accesa durante un convegno di ricercatori a Los Angeles quattro anni fa. Completamente sveglio alle 4 di notte per colpa del jet-lag, de Grey si pose allora una semplice domanda: «Dal punto di vista della bioingegneria, come si potrebbe creare un essere umano che non invecchia?». Buttò giù un elenco in fretta e furia. «Mi resi conto che potevamo tranquillamente gestire gli effetti dell’invecchiamento», racconta. «Si poteva intervenire con una pulizia periodica prima che causassero problemi». L’elenco evidenzia il fatto che, nel corso degli anni, gli uomini diventano la pattumiera di se stessi. «La vita dipende dalle nostre cellule», sostiene de Grey. Si danneggiano e spesso vengono riparate solo in parte o in malo modo. Alla fine, le conseguenze si ripercuotono su di noi. Siamo pieni di rughe causate da cellule della pelle, ormai stanche, che rilasciano enzimi dannosi per i tessuti, messi a rischio da logore molecole del Dna che possono provocare il cancro e mentalmente rallentati da proteine ingarbugliate che danneggiano i nostri neuroni. Nel frattempo, le cellule tanto necessarie al cervello e al cuore hanno la cattiva abitudine di scomparire. Il piano di de Grey è di usare la terapia delle cellule staminali per rimpolpare il tessuto avvizzito in organi quali il cervello, il cuore, la pelle e i capelli, oltre che sostituire le parti usurate del corpo, come denti e ovaie. «Le donne», sostiene, «potranno continuare ad avere figli fino a 100 anni». Può sembrare inverosimile ma, come sottolinea, «il lavoro clinico sulla terapia delle cellule staminali è già in atto». De Grey, tuttavia, ha anche pensato ad approcci radicalmente nuovi, inclusa una sorta di programma disintossicante per tutto il corpo. Comporta l’impianto nei soggetti di geni di alcuni batteri del terreno che consentano ai germi di sviluppare la capacità di metabolizzare le sostanze ”spazzatura” non solubili. Un obiettivo sarebbe quello di permettere alle cellule di sbarazzarsi di simili schifezze prima che si accumulino al loro interno e causino problemi. Cecità e infarti, precisa de Grey, sono di norma causati da «un po’ di sostanze-rifiuto che galleggiano nel corpo». Il problema più difficile da affrontare, sostiene de Grey, è il cancro, principalmente perché il Dna delle cellule tumorali può mutare ed evolversi rapidamente, sviluppando, di fatto, una resistenza a qualsiasi trattamento. Per risolvere il problema, de Grey ha escogitato una soluzione radicale che implica l’eliminazione di quei geni chiave di cui tutte le cellule hanno bisogno per moltiplicarsi. «In questo modo, il cancro sarà in grado di crescere di qualche millimetro per poi avvizzire inesorabilmente». De Grey prevede che questi «processi di ringiovanimento» - la terapia dei geni e delle cellule staminali, come pure le vaccinazioni per riprogrammare il sistema immunitario - potrebbero essere disponibili a partire dal 2030. «All’inizio, bisognerà andare in ospedale, poi la distribuzione delle terapie diventerà più facile per le pressioni del mercato. Alla fine ce le somministreremo noi stessi, prima con delle iniezioni, poi per via orale. Ma succederà davvero», sentenzia con enfasi. [...] Figlio di una madre single e artista, de Grey è cresciuto a Londra. Dopo aver frequentato Harrow è passato alla Cambridge University, dove si è stabilito. Nel 1992, dopo il dottorato in informatica, cerca un lavoro come programmatore ma, ammette, «non sono capace di programmare software che funzionano. Sono più adatto ad occuparmi di software sperimentali». Nel 1990 conosce la moglie, una genetista. Lei aveva 45 anni e lui 26. Il suo interesse per la biologia si scatena grazie alle conversazioni a tavola con lei. Così, incoraggiato da una passione comune, entra alla facoltà di Genetica in qualità di computer associate. Nel 1994, de Grey passa tutto il suo tempo libero studiando la biologia dell’invecchiamento. Il suo nome è diventato famoso l’anno scorso quando ha collaborato al lancio del concorso Methuselah Mouse Prize, dove gruppi di scienziati di tutto il mondo gareggiavano per «creare» la cavia più longeva del mondo. Il premio è andato a una cavia da laboratorio dell’Illinois vissuta quasi cinque anni, l’equivalente di 180 anni in un essere umano. Oggi sua moglie ha 60 anni e la madre 79. facile concludere che de Grey abbia forti motivi personali per spingerci ad eludere il nostro triste destino per sempre o almeno finché non finiremo uccisi per caso, cosa che, assieme al suicidio, sarà l’unica causa di morte nel suo utopico mondo. E in effetti, da quando ha dichiarato che potrebbe vivere ancora per molto avverte molto di più il rischio di incidenti fatali. «Adesso, controllo i freni della bicicletta con più attenzione, mi allaccio la cintura di sicurezza anche quando mi siedo nel sedile posteriore di un’auto e non accetto inviti a convegni in Paesi pericolosi». Curiosamente, sua moglie è ambivalente. «Soffre di gravi allergie», spiega, «quindi non gliene importa molto di vivere per sempre». Ma vogliamo veramente vivere fino a 180 anni? Che ne sarà della sovrappopolazione? O di quell’idea secondo cui è proprio la brevità della vita a dare un senso alla vita stessa? Se non si vuole vivere per sempre, replica de Grey, basta rifiutare le terapie di ringiovanimento. «Però, ogni giorno che passa», incalza, «100 mila persone, approssimativamente il numero che muore quotidianamente per vecchiaia o per cause legate all’età, vengono private della possibilità di scegliere fra vivere o non vivere». E se non dovesse funzionare adesso? De Grey è imperturbabile. «Nel frattempo resta sempre l’ibernazione in azoto liquido». Sally Williams