Claudio Colombo Corriere della Sera, 26/10/2004, 26 ottobre 2004
Amarcord Kinshasa: chiedimi chi erano Ali e Foreman, Corriere della Sera, 26/10/2004 «Muhammad Ali è stato per anni un incubo ricorrente nella mia vita
Amarcord Kinshasa: chiedimi chi erano Ali e Foreman, Corriere della Sera, 26/10/2004 «Muhammad Ali è stato per anni un incubo ricorrente nella mia vita. Non ho mai odiato un uomo come ho odiato lui, perché ho perso quando dovevo vincere e a battermi è stato uno che tutti i pronostici, e sottolineo tutti, davano per sconfitto. Ma è successo tanto tempo fa. Dopo averlo tanto odiato, adesso io lo amo, Ali: è stato l’uomo migliore che abbia mai avuto la boxe, mentre io sono stato solo uno che picchiava gli altri». Ci sono due Foreman nella storia della boxe: uno è quello che ha combattuto fino al 1977, l’altro è quello rinato dalle proprie ceneri negli anni Ottanta. Il primo era l’icona un po’ triste del pugile selvaggio che fa della forza bruta la sua unica arma. L’altro, un atleta un po’ in là con gli anni che ha saputo guadagnarsi la stima del mondo, rivincendo tra l’altro il titolo mondiale dei massimi, sempre picchiando, sia chiaro, ma verrebbe da dire con meno furore e più grazia. Foreman, oggi, è un ricco uomo d’affari 55enne con una tribù per famiglia, un’incrollabile fede in Dio e molta, molta saggezza sotto la testa pelata. Ma è vero, mister Foreman, che il 10 gennaio tornerà sul ring? «Dipende. Dovrei perdere qualche chilo, allenarmi sodo, e dovrei affrontare un avversario bravo ma almeno over 30! E poi c’è mia moglie Mary: dovrò chiederle il permesso!». Lei ha vinto il titolo mondiale dei pesi massimi quando i massimi si chiamavano Frazier, Ali, Norton; è stato uno dei pugili più forti del mondo, eppure sarà ricordato come l’uomo che perse contro Ali, trent’anni fa a Kinshasa. «Potrei accampare mille scuse, per quella sconfitta. Ali sostiene che per battermi usò la tecnica del rope-a-dope, che vuol dire prendi al laccio l’imbecille. Sono d’accordo: quella sera mi comportai come un perfetto imbecille! Ma Ali fu bravissimo: mi ubriacò prima con la sua bocca, diceva delle cose che mi facevano ammattire. Poi, sul ring, dopo che lo avevo picchiato per sette round, e vi giuro che all’epoca picchiavo fortissimo, si avvicinò e mi disse: ”Ehi George, tutto qui quello che sai fare?” . Oh Dio, quanto l’ho odiato!». Fu il peggior momento della sua carriera? «Sì. Perché mai avrei pensato di perdere: credevo che Ali fosse un vecchio combattente, invece si dimostrò l’essere umano più coraggioso che abbia mai incontrato. stato un grande momento di pugilato, comunque sia andata». Ha mai pensato a una rivincita? «L’ho pretesa da subito, la volevo a tutti i costi, ma poi le nostre strade si sono allontanate. Ogni tanto ci ripenso. Otto mesi fa ho sentito Ali per telefono e gli ho detto che volevo incontrarlo di nuovo sul ring. Lui ha risposto: sei pazzo, uno come te non lo affronterei mai più nella vita. Una fortuna: in realtà, anch’io la penso come lui». Chi è stato il più grande di sempre? «Come pugile, intende? Joe Louis. Poi Rocky Marciano, poi Ali. Loro tre sono le basi del pugilato moderno. Dietro, ci metto Dempsey, Jack Johnson, Patterson, Sullivan e Frazier». E Foreman? «Non è nei primi dieci. Non avevo le caratteristiche per essere un fuoriclasse: io ero soltanto un picchiatore, e basta». Come Mike Tyson. «Ha avuto momenti da fenomeno, dai 19 ai 21 anni; poi, per altri cinque, ha fatto grande pugilato. Ma alla fine si è perso per strada». Ad essere solo cattivi non ci si guadagna nulla... «Non nel pugilato, nemmeno nella vita. Io l’ho imparato dopo, intendo dopo la prima fase della mia carriera, che ho vissuto senza altra ideologia che non fosse quella del malmenare la gente e di guadagnare molto denaro. Non credevo in nulla, non credevo a Dio né alle persone, ero forza pura senza un briciolo di discernimento». I cattivi hanno anche paura? «Io ne morivo. Era la paura a rendermi così aggressivo e cattivo. Il mio motto era: picchia prima se non vuoi essere picchiato. Ecco perché ho vinto molti match dopo appena due o tre riprese: attaccavo perché avevo paura». Il suo ritorno sul ring, a quasi 40 anni, dopo 10 di inattività, destò scalpore. Pur vincendo ancora, però, lei sembrò la controfigura del Foreman che si conosceva. «Combattevo in maniera diversa, forse perché mi vergognavo della mia rabbia giovanile. Non volevo fare del male a nessuno, perché ne avevo fatto troppo in passato. Come quella volta contro Ron Lyle, nel 1976, il match più violento della mia vita. Ron mi buttò a terra più volte, mi colpì come mai nessuno aveva fatto prima e avrebbe fatto dopo. Eppure alla fine vinsi io, per pura cattiveria. Ma stiamo parlando di due George diversi tra loro, differenti. Non rinnego il primo, tutt’ altro, ma preferisco il secondo. Anche la gente ha capito e ha cominciato a stimarmi». Quanto ha pesato la fede nel suo cambiamento? «La fede ha cambiato la mia vita. Ho incontrato Dio nel 1977, in uno spogliatoio di Portorico, subito dopo aver perso con Jimmy Young. Mi sono visto ricoperto di sangue e lì ho avuto la visione di Dio. In un attimo sono morto e risorto». E adesso predica ogni domenica nella Chiesa di Gesù a Houston. «Ho cominciato sulla strada, parlando ai giovani. Ora sto in chiesa, a pulire i pavimenti...». A proposito di giovani, perché ha chiamato George tutti i suoi figli maschi? «Ho combattuto contro Ali, Frazier e Norton: avrei potuto avere problemi di memoria. Adesso, quando chiamo, so che uno almeno risponde». Ali, dal punto di vista fisico, è stato meno fortunato di lei. « comunque un eroe. Gli eroi possono tornare da una guerra senza una gamba o un braccio, ma rimangono eroi. Ali è un eroe bellissimo». Fra poco l’ America voterà. Chi vincerà tra Bush o Kerry? «Bush, che ha un nome proprio davvero fantastico, è un politico di professione, Kerry è un ex soldato. straordinario come rappresentino fedelmente due Americhe profondamente diverse tra loro. Sono entrambi grandi personaggi: come nella boxe, la cosa più triste è che uno dei due dovrà perdere». Claudio Colombo