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 2004  ottobre 25 Lunedì calendario

Guardare una vita spegnersi da dietro un vetro, La Stampa, 25/10/2004 Era iniziato tutto dieci anni fa con una cartolina

Guardare una vita spegnersi da dietro un vetro, La Stampa, 25/10/2004 Era iniziato tutto dieci anni fa con una cartolina. Finirà tutto domani notte con un’istantanea, quella di Dominique Green a braccia aperte e con un ago in vena, legato su un lettino nella cella della morte del carcere di Huntsville in Texas. Dietro al vetro ci saranno Dominique e i suoi boia. Davanti al cristallo, i famigliari dell’uomo ucciso dodici anni fa in una rapina finita male. E Barbara Bacci, 42 anni, di Cuneo, l’ultima persona che lui guarderà prima di morire. «Dieci anni fa avevo letto un suo appello su alcuni quotidiani italiani. Gli avevo scritto e adesso sono qua». Per la famiglia di questo afroamericano di trent’anni ci sarà solo lei che non è niente, solo un’amica incontrata per caso su un giornale. Il padre di Dominique non vuole sapere più nulla di suo figlio. La madre, quando lui è stato arrestato per un omicidio che giura di non aver commesso, ha detto solo che non le importava «se veniva tolto dalla circolazione». In dieci anni, Barbara Bacci è entrata molte volte nel carcere di Huntsville. La prima solo per quindici minuti, quando si è trovata davanti questo ragazzo alto alto con la casacca arancione, le manette dietro la schiena. L’ultima venerdì scorso, per otto ore, un privilegio che hanno solo i detenuti prossimi a morire, quando dopo essersi seduta davanti a un altro vetro, gli ha dato una barretta di cioccolato, una torta, il mais soffiato e una coca cola. «Abbiamo riso e scherzato. Non abbiamo parlato di martedì». Dominique non mangia e non dorme. Anche Barbara non mangia e non dorme più. Ma non possono dirselo, perché nessuno dei due potrebbe sopportare di guardare la paura negli occhi dell’altro, come in uno specchio. Dominique le parla di come sarà dopo, di tutti i disegni che riprenderà a fare se arriverà lo stay, la telefonata del governatore del Texas che come nei film può fermare l’orologio e la mano del giustiziere. Barbara gli racconta dei tanti che si sono mossi in Italia contro la sua esecuzione, la Comunità di Sant’Egidio, Nessuno tocchi Caino e il Comitato Dominique Green che poi sono solo due persone, lei e suo marito Luis che è rimasto a Roma. Oggi Barbara e Dominique si vedranno per altre otto ore. Martedì solo fino a mezzogiorno perché sei ore dopo, l’una di notte in Italia, si dovranno incontrare davanti ad un altro vetro. Lui di qua, con le braccia aperte e un ago nelle vene. Lei di là, su una delle tante sedie in fila, dove prenderanno posto anche un prete, gli avvocati e i figli dell’uomo ucciso, che hanno già detto che a loro non cambia la vita se Dominique morirà e poi non credono nemmeno che lui sia colpevole, come ha stabilito otto anni fa un giudice in un processo controverso. Barbara non lo sa come saranno le loro ultime ore. A parte non dormire e non mangiare. Se avesse un Dio in cui credere pregherebbe. Ma lei non è sister Helen Prejean che gira le carceri americane ed è finita in un film con il volto di Susan Sarandon, che in Dead man walking accompagna Sean Penn a morire. Barbara è solo una donna italiana che dieci anni fa ha risposto a un appello sul giornale. «Mio padre era morto da due giorni. Forse Dominique ha intuito la mia sensibilità, in quel momento». Forse a lui è servito per vivere un po’ meglio. Altre trenta ore. Fabio Poletti La Stampa, martedì 26 ottobre «Dall’ultima volta che l’ho visto sembra invecchiato di dieci anni. E sono passate solo tre settimane. Mi chiedo che faccia avrò io». Il tempo corre veloce nel braccio della morte del carcere di Huntsville in Texas. L’orologio di Dominique Green potrebbe fermarsi oggi alle 18, l’una del mattino di mercoledì in Italia, quando una iniezione letale chiuderà la sua vita, scandita negli ultimi dodici anni dal rumore delle manette ai polsi e dalle sbarre che chiudono le celle, dalle casacche arancioni dei condannati a morte e dal bianco abbacinante dei muri del carcere. Ad assistere all’esecuzione di questo afroamericano che non ha ancora trent’anni, condannato per un omicidio che giura di non avere commesso, ci sarà una donna italiana, Barbara Bacci, 42 anni di Cuneo anche se da anni abita a Roma, di professione traduttrice, insieme al marito Luis unica componente del Comitato per Dominique Green. Signora Bacci, perchè lei? «Dieci anni fa su un giornale italiano c’era un appello di Dominique che cercava gente con cui corrispondere. Gli scrissi una cartolina quasi senza pensarci, forse solo per compassione. Mi rispose con una lettera di dodici pagine in cui mi raccontava la sua storia, le sue paure. Mi parlava della sua infanzia a Houston. Di un padre assente che ha visto l’ultima volta alla lettura della sentenza e di una madre con gravi problemi psichiatrici che al momento del suo arresto ha detto solo: ”Fate bene a toglierlo dalla circolazione’’. Dominique era un ragazzo solo. Cercava aiuto. Ha incontrato me per caso e adesso sono qua, pronta ad entrare anch’io nel braccio della morte per vederlo morire». Dominique è colpevole? «Non ha importanza. Era solo un ragazzino sbandato di diciotto anni che era già stato arrestato per droga e che aveva fatto due anni di riformatorio e stava in un gruppo di amici sbagliati. Avevano una pistola, facevano delle rapine, venti dollari per volta. Gli altri hanno fatto un patto con la polizia e adesso sono liberi. Lui dice di non aver sparato ma non ha mai dato la colpa a nessuno. Bernatte Luckett Lastrapes, la moglie dell’uomo ucciso in quella rapina, insieme ai due figli ha firmato un appello perchè sia concessa la grazia a Dominique. A questo punto non cambia niente che sia colpevole o meno». Ieri lo ha visto a colloquio per otto ore, un privilegio concesso a chi sta per essere giustiziato. «Ci siamo visti davanti a un vetro con i buchi per poter parlare. Dominique ride, scherza, fa un sacco di battute. Cerca di essere normale ma so che non è così. Credo che nessuno possa immaginare quello che deve provare. Mi ha chiesto una torta di fragole, la sua preferita. Anche questo, il cibo dall’esterno, è una concessione ai condannati a morte. Gliel’ho portata ma non l’ha toccata. Non mangia più. Non dorme più. La sua agitazione è speculare alla mia, ma per lui è molto peggio. è terrorizzato ma non vuole parlare di martedì (26 ottobre, ndr). La paura di vedere nei miei occhi il panico per quello che deve accadere gli fa tenere tutto dentro. Solo alla fine del colloquio nel salone dove ci sono altri condannati a morte insieme ai loro famigliari, mi ha chiesto: ”Tornerai, vero? Ho bisogno di te. Ho davvero bisogno di te’’». Martedì avrete l’ultimo colloquio. «Fino a mezzogiorno di qui. Fino a sei ore prima dell’esecuzione. Insieme a me ci sarà Jessica, la sua ex fidanzata. Sono diversi anni che non si vedono. è imbarazzata e timida. Cosa puoi dire a un ex fidanzato che sarà giustiziato? Ci sarà anche Andree, uno dei figli della vittima che ha chiesto di vedere Dominique. Ha già firmato un appello per lui ma è la prima volta che si incontreranno. Poi lui tornerà in cella. E io rimarrò ad aspettare di entrare nella stanza con il lettino dove lo legheranno e la macchina con gli aghi che gli infileranno nelle vene. Credo proprio che saranno le sei ore più brutte della mia vita. Ma non potrò fargli vedere che ho sofferto e sto soffrendo. Se dovrò stare male, starò male dopo. L’unica cosa che potevo fare era migliorare la sua qualità della vita. Ho cercato di farlo». In dieci anni vi siete scritti molte volte. «E molte volte ci siamo incontrati. Il mio lavoro di traduttrice mi consente di essere ovunque, non necessariamente in un ufficio. Dominique è diventato per me come un fratello, come un amico. Lui vuole solo una dimostrazione tangibile che la sua vita ha avuto un senso anche se è destinata a finire in quel modo. Io credo che nessuno sia in grado di immaginare quello che può avere in testa in queste ore». Il governatore del Texas potrebbe ancora fermare l’esecuzione? «Potrebbe. Come nei film, quando arriva la telefonata all’ultimo minuto. Lui ci spera e si arrabbia perché spera. è un ragazzo spaventato. è forte ma è anche confuso. A certe cose non ci si può preparare». E lei è preparata? «Lui mi ha detto quasi subito, forse dopo il primo o il secondo colloquio, che avrebbe voluto che fossi presente. Non ne abbiamo più parlato per anni, ma ho sempre saputo che sarebbe arrivato quel giorno. La follia più grande è che sia stato già scritto, che martedì 26 ottobre deve succedere questa cosa. Forse la cosa più giusta l’ha detta Dominique nel nostro ultimo colloquio: ”Spero che vada nel migliore dei modi, ma so che il peggio è dietro l’angolo”». Fabio Poletti La Stampa, giovedì 28 ottobre Ci sono voluti nove minuti per uccidere Dominique Green. Prima di essere giustiziato nel braccio della morte del carcere di Huntsville in Texas, al giovane afroamericano di trent’anni, condannato per un omicidio che giura di non aver commesso, è stato concesso di parlare ad un microfono. Con voce bassa, mentre era già legato al lettino, le braccia larghe strette dalle cinghie, gli aghi nelle vene, Dominique Green ha detto solo: «C’è un sacco di gente che mi ha accompagnato fino a qui. Mi dispiace di non poter ringraziare tutti. Non sono arrabbiato ma solo deluso, perché mi è stata negata la giustizia. Vi amo tutti e vi ringrazio per lo sforzo che avete fatto. Per favore mantenete vivo il mio ricordo». Alla sua esecuzione non hanno potuto assistere i famigliari dell’uomo ucciso nella rapina avvenuta undici anni fa a Houston. è la prima volta che accade una cosa simile. Al figlio della vittima, Andre Lastrapes-Luckett, è stato spiegato che non era ammessa la sua presenza nella cella della morte, né quella della madre, perché si erano espressi contro questa condanna capitale. Per due volte Andre Lastrapes-Luckett ha cercato di parlare con il governatore del Texas Rick Perry. E per due volte dall’ufficio di Austin si è sentito rispondere che l’uomo politico era impegnato e non poteva rispondere al telefono. All’esecuzione della condanna a morte era presente Barbara Bacci, l’italiana di Cuneo che da dieci anni assiste Dominique Green, dopo aver risposto casualmente ad un suo annuncio su un giornale italiano: «è stata una cosa straziante anche perché l’esecuzione è stata ritardata di due ore». Il ritardo è stato l’esito di una serie di iniziative degli avvocati di Dominique Green che martedì hanno presentato tre ricorsi - alla Commissione per le grazie, alla Corte federale e alla Corte suprema - in cui chiedevano la sospensione della pena. Uno dei sei giudici della Corte delle grazie, Nancy Atlas, si era espresso per la conversione della pena. All’origine della sua decisione la scoperta di 280 casse di documenti sul caso, depositate presso gli uffici federali di Houston, mai esaminate prima. Nelle carte - sosteneva il giudice - potevano esserci elementi utili a riaprire il processo, visto che Dominique Green è stato condannato solo sulla base delle dichiarazioni di altri due partecipanti alla rapina degenerata poi in omicidio, che hanno patteggiato la liberazione in cambio della confessione. Ma in meno di due ore, la Corte suprema degli Stati Uniti ha stabilito che l’esecuzione non andava fermata per nessun motivo. «A quel punto siamo stati accompagnati in una casupola nel giardino del carcere di Huntsville», racconta Barbara Bacci. «Dominique era già legato al lettino. Poteva parlare e vederci ma non poteva ascoltarci. Era dietro al vetro, in una stanza rivestita di piastrelle bianche di ceramica. ”Perché così è più facile pulire”, mi hanno spiegato gli inservienti». A Dominique Green è stato concesso di parlare per pochi minuti. Poi la soluzione di tranquillanti e di veleno è stata iniettata nelle sue vene. Dopo pochi minuti - forse una reazione al cocktail di farmaci - Dominique ha iniziato a singhiozzare. è morto in nove minuti alle 19 e 59 di martedì, le 2 e 59 minuti del mattino di mercoledì in Italia. Il figlio della vittima è rimasto tutto il tempo in giardino, senza poter assistere all’esecuzione, stringendo tra le dita un rosario che era appartenuto a Dominique. «A me lui ha lasciato un disegno. Ma non lo aveva finito. Non ha avuto il tempo», racconta ancora Barbara Bacci che nei prossimi giorni tornerà in Italia. Dall’inizio del suo mandato quattro anni fa, il governatore del Texas Rick Perry ha avallato 82 condanne a morte mentre ha fermato la mano del boia solo una volta. Dominique Green è la diciassettesima persona condannata alla pena capitale in Texas dall’inizio dell’anno, la quinta nel mese di ottobre. La prossima esecuzione nel carcere di Hunstville è fissata per il 16 novembre. Fabio Poletti