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 2004  ottobre 18 Lunedì calendario

Francia d’oltremare: in Polinesia sta per crollare il «regno nello Stato» di Flosse (e anche Chirac non si sente bene), La Stampa, 18/10/2004 Il disordine regna a Papeete, che uno s’immagina come un paradiso e invece è un posto con le sue migliaia di abitanti che vivono in bidonville a poche centinaia di metri dal porto dove approdano lussuosi yatch, dove più del 15 per cento della popolazione è in condizioni di estrema precarietà, dove dall’11 settembre il turismo è praticamente crollato e, come se non bastasse, anche la pesca della perla nera subisce i colpi di una sovrapproduzione mondiale e la spietata concorrenza giapponese

Francia d’oltremare: in Polinesia sta per crollare il «regno nello Stato» di Flosse (e anche Chirac non si sente bene), La Stampa, 18/10/2004 Il disordine regna a Papeete, che uno s’immagina come un paradiso e invece è un posto con le sue migliaia di abitanti che vivono in bidonville a poche centinaia di metri dal porto dove approdano lussuosi yatch, dove più del 15 per cento della popolazione è in condizioni di estrema precarietà, dove dall’11 settembre il turismo è praticamente crollato e, come se non bastasse, anche la pesca della perla nera subisce i colpi di una sovrapproduzione mondiale e la spietata concorrenza giapponese. Laggiù a Papeete, a ventimila chilometri da Parigi, la Francia sta affrontando l’ultima, silenziosa, avvelenata, ma per adesso incruenta guerra coloniale. Il protagonista di questa storia è un furbo e sorridente politico, Gaston Flosse, 73 anni, signore e padrone della Polinesia francese: centodiciotto isole e 250 mila abitanti sparsi su un orizzonte di oceano Pacifico vasto quanto l’Europa intera. dall’84 che Flosse signoreggia sull’arcipelago, «tout-puissant et indéboulonnable», potentissimo e inamovibile, feudatario di questo territorio d’«oltre mare» residuo dell’impero coloniale francese. Occhiali da sole, anello con enorme pietra dura al dito, collana di fiori al collo come si vede nei dépliants turistici. O nella foto che lo ritrae accanto a Jacques Chirac (anche lui adornato della corona di fiori) nella sua ultima visita a Papeete. Era il 27 luglio 2003. E il presidente prese con i polinesiani l’impegno solenne: «Non siete soli, lo Stato vi accompagna». Da allora è successo qualcosa che nessuno aveva previsto. In primavera Flosse ha perso le elezioni, battuto per un pugno di voti da Oscar Temaru, il «Gavroche tahitien», come l’ha chiamato ”Le Monde” prestandogli il nome del monello dei Miserabili di Victor Hugo. Personaggio anch’egli abbastanza multiplo, che ama farsi fotografare avvolto nel pareo con i colori del Fronte di liberazione polinesiano, uno che anni fa predicava l’avvento nell’arcipelago di un turismo di tipo hawaiano per finanziare la futura indipendenza. Ex ufficiale delle dogane francesi, sindacalista ed ecologista, uno che ormai ha superato i cinquanta, ma conserva lo spirito della generazione dei «giovani polinesiani» che furono i primi a denunciare gli esperimenti nucleari organizzati da Parigi in quell’angolo di paradiso scelto da De Gaulle in persona per provare la ”bomba” che gli permetteva di battere i pugni sul tavolo della Nato. Temaru ha governato dal 14 giugno fino all’altra sera, quando due dei suoi l’hanno tradito, sono (ri)passati con Flosse, e messo in minoranza. Un ribaltone, diremmo noi; un «colpo di Stato», ha invece sentenziato ”Libération”, precisando che l’operazione portava la firma di Jacques Chirac, il grande protettore di Gaston Flosse, che ora si dice pronto a tornare al timone della piroga polinesiana. Temaru, invece, chiede nuove elezioni. La cosa sta prendendo la piega di un intruglio politico. Da Parigi si sono mossi gli emissari dei partiti. La signora ministra dei Territori d’Oltre mare, Brigitte Girardin, ha assicurato all’Assemblée che non c’è stato alcun intervento governativo a favore di Flosse. E ha aggiunto che non c’è bisogno di nuove elezioni, perché laggiù le «istituzioni funzionano normalmente». Vabbé, c’è stato un cambio di maggioranza. E allora? Gaston Flosse, la cui vita politica è infarcita di leggende esotiche, com’è naturale che sia per un demi (meticcio) figlio di un lorenese e una polinesiana, ma soprattutto di sospetti di affarismo, clientele e corruzione, è partito al contrattacco quando Temaru ha ordinato un audit, una perizia, sulle finanze dello Stato. Il nuovo presidente mirava soprattutto a capire che fine avessero fatto i 150 milioni di euro all’anno che dal ’95 Jacques Chirac aveva assegnato al suo amico Flosse come rimborso spesa per il disturbo creato giusto in quell’anno dalla ripresa degli esperimenti nucleari, interrotti tre anni prima da Mitterrand. Una notevole massa di denaro per le misere finanze locali. Dispersa nelle lagune polinesiane. Ma il temerario Temaru s’è spinto più in là. In un meeting s’è presentato con il libro Paris Mafia, scritto da un funzionario del municipio della capitale, dove si racconta il «sistema Chirac» (che casualmente in questi giorni è di nuovo alla prova dei giudici d’appello) e l’ha platealmente mostrato al pubblico quasi gridando: «Flosse gestisce il nostro Paese esattamente nello stesso modo». Ma da quelle parti, come diceva De Gaulle quando scelse l’atollo di Mururoa per farci esplodere la sua bomba atomica, le persone «sono gentili» e nessuno ha ancora fatto la rivoluzione. Con il pareo ai fianchi e la faccia dipinta, i polinesiani accolgono non solo i turisti, ma anche i lontani padroni quando sbarcano nel loro paradiso. Protettorato francese dalla metà dell’Ottocento, dal 1984 la Polinesia ha il suo statuto d’autonomia, dal ’96 una bandiera e un inno che comincia con queste parole: «Notre pays est né de Dieu». Ma se Dio ha creato Papeete, Flosse invece ce l’ha messo Chirac, «creandogli - ha detto Gilles Yau, un agricoltore di origine cinese, capo degli imprenditori - un regno dentro la Repubblica». E lui se l’è gestito, comprandosi tutti i giornali locali, inventando una televisione, favorendo le case da gioco, riempiendo di suoi amici gli uffici pubblici, investendo persino il suo successore, Edouard Fritch, uno dei suoi generi, un ingegnere che ha cominciato la carriera come capo dei lavori municipali della città di Parigi. Naturalmente quando Chirac ne era il sindaco. Se l’intruglio di Papeete può trasformarsi in miscela rivoluzionaria lo vedremo. Temaru non s’è mai espresso da rivoluzionario, c’è chi lo dipinge come un agitatore di estrema sinistra perché nella lotta contro gli esperimenti nucleari s’era avvicinato a Greenpeace; ma c’è anche chi, considerando il modo in cui ha amministrato da sindaco il comune di Faa’a, assicura che è uomo di destra. [...] Un fatto è certo: la stagione della pace sociale acquistata da Parigi con massicce dosi di denaro è finita ed è cominciato l’autunno per la caricatura neocoloniale del viceré Flosse. E anche il ”re” lontano che sta all’Eliseo, Jacques Chirac, comincia a non sentirsi troppo in forma. Cesare Martinetti