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 2004  ottobre 11 Lunedì calendario

Profilo di Soros, speculatore democratico, Affari & Finanza, 11/10/2004 Chissà se qualcuno dei due giovani Soros, Robert che ha 41 o Jonathan che ne ha solo 34, riuscirà mai a vivere una notte come quella che visse loro padre George Soros il 16 settembre 1992

Profilo di Soros, speculatore democratico, Affari & Finanza, 11/10/2004 Chissà se qualcuno dei due giovani Soros, Robert che ha 41 o Jonathan che ne ha solo 34, riuscirà mai a vivere una notte come quella che visse loro padre George Soros il 16 settembre 1992. Tutto accadde in pochissime ore. Con impressionante freddezza, partendo da mercati dislocati nei cinque continenti, Soros sferrò un attacco speculativo al ribasso contro la lira italiana e la sterlina inglese che riuscì perfettamente. Le due valute crollarono e dovettero uscire dal Sistema monetario europeo. Ciò provocò il sostanziale smantellamento dello Sme stesso, e non si parlò più di coordinamento fra le valute fino alla creazione dell’euro nel 1999, ma gli inglesi se ne tennero alla larga forever. John Majors, premier conservatore britannico, dovette dimettersi, e così si aprì la crisi che riportò al potere i laburisti. Le conseguenze per l’Italia, che già viveva il ciclone interno di Tangentopoli, furono altrettanto devastanti. Che altro? Ah, sì, c’è un piccolo particolare: Soros da tutto questo sconquasso ci guadagnò un miliardo di sterline secco. In una notte. «L’errore fu il loro, della Banca d’Inghilterra», ha ricordato qualche anno dopo in un’intervista. «Per scoraggiare la speculazione alzarono di colpo i tassi del 2%. Ed erano in recessione. Fu per me il segnale che erano disperati e disuniti, e dissi ai miei: vendete su tutte le piazze». Cinque anni dopo, nell’estate del 1997, con identica determinazione, il finanziere ungherese lanciò un attacco analogo contro una serie di valute asiatiche, specialmente Malesia e Thailandia, provocandone immancabilmente il crollo. Il premier malese musulmano Mahatir Mohammed lanciò contro di lui, ebreo, delle invettive pubbliche da paura. Lui rispose per le rime. Poi pubblicò un libro, Globalization, in cui dava la linee per un programma d’intervento a favore dei paesi poveri da parte dell’occidente. C’erano misure come l’istituzione di una speciale moneta per le riserve da assegnare a questi paesi quando cadono in disgrazia, basata sui «Diritti speciali di prelievo» già previsti dallo statuto del Fondo Monetario, destinata a finanziare in regime di emergenza beni pubblici quali la salute e l’alfabetizzazione. La proposta suscitò un vivace dibattito a livello internazionale, ma poi non se ne fece nulla. Ora Soros chiude i giochi. A 74 anni va in pensione. Lascia ai figli il timone del suo potentissimo gruppo di fondi d’investimento, riuniti nella Soros Fund Management e forti di oltre 20 miliardi di dollari di patrimoni gestiti. Ha accelerato i tempi perché vuole dedicarsi a tempo pieno alla sua attuale ossessione: aiutare i democratici a battere George Bush nella corsa alla Casa Bianca. Il tempo stringe, e lui batte l’America con una serie di conferenze e dibattiti pubblici. Solo quest’ultimo giro gli costerà due milioni di dollari, che si aggiungono ai 15 milioni che già ha donato a gruppi di attivisti liberal come MoveOn.org o America Coming Togheter (Come togheter dei Beatles è stata la prima canzone pacifista della storia) e ai 120 mila dollari che impegnò per finanziare la precampagna di Howard Dean, il più radical dei candidati democratici. Ora, per la legge americana non può finanziare direttamente Kerry, ma continua a perseguire il suo obiettivo. «Bisogna dimostrare al mondo che razza di follia criminale è stata la guerra in Iraq e quante bugie dice il presidente», insiste. «è un despota peggio di Hitler», aggiunge tanto per non lasciar spazio a equivoci. Per spiegare la sua posizione ha appena dato alle stampe il libro The Bubble of American Supremacy. Il quotidiano inglese ”The Guardian” gli ha chiesto provocatoriamente se metterebbe in gioco la sua fortuna pur di esser sicuro che Bush non verrà rieletto: «Certo ha risposto fino all’ultimo centesimo. è un despota e va rimosso». Contro i totalitarismi, Soros è una vita che combatte. Allievo di Karl Popper alla London School of Economics negli anni 50, rimase talmente affascinato dalle teorie della «società aperta» elaborate dal fondatore della filosofia della scienza scomparso nel 1994, che appena ne ebbe la possibilità creò la Open Society Foundation e la votò all’abbattimento del comunismo. Soros ci ha impegnato via via somme che il ”Wall Street Journal” quantifica in 5 miliardi di dollari. Rispondeva a Popper mentre il grande guru gli insegnava il pragmatismo, che non esiste un destino preconfezionato per i popoli ma bisogna adattarsi alla realtà, appunto la società aperta contrapposta alle ideologie: «Dammi un po’ di tempo per fare i soldi e poi li userò per applicare queste teorie alla storia vera». L’ha fatto in pieno. Dal 1973, per 32 anni, il suo Quantum Fund, progenitore degli hedge fund più speculativi, ha guadagnato il 31% l’anno. Chi gli ha dato 100mila dollari da investire nel 1969, nel 1997 si è ritrovato con 353 milioni. Negli stessi anni, ha iscritto il suo nome a fianco di quelli di Lech Walesa, Karol Wojitila, Mikhail Gorbaciov, gli altri smantellatori del comunismo. Lui finanziava, i sullodati hanno messo il carisma. Né si è stancato di combattere (come gli altri, del resto): pochi giorni fa ha scagliato pesanti invettive contro Putin in una conferenza affollatissima alla Columbia University di New York: «Mi ricorda Singapore (dove gli scippatori vengono frustati nella pubblica piazza, ndr) o il Cile sotto Pinochet: la stabilità politica davanti a tutto, diritti umani compresi». Con Putin ha una ruggine personale da quando il presidente gli ha mandato la polizia a perquisire la sede di Mosca della Open Society Foundation nell’ambito delle indagini contro Mikhail Khodorkovsky, il signore del petrolio russo in carcere per truffa: gliel’ha mandata solo per far capire chi è che comanda nella Russia del 2004. La stessa Open Society ha intanto aperto sedi in paesi in via di sviluppo, dal Brasile all’Africa. Aveva anche aperto un ufficio a Bagdad, l’Iraq Revenue Watch: serviva a monitorare l’uso dei proventi petroliferi di Saddam ai tempi dell’oil for food, l’accordo che accompagnava l’embargo. Fu quest’ufficio, e quindi George Soros, a scoprire, e a denunciare, che i proventi non andavano proprio tutti for food. Le sue fortune personali sono immense. è secondo ”Forbes” il secondo uomo più ricco del mondo con 12 miliardi di dollari di patrimonio personale dopo Bill Gates (28 miliardi). Anni e anni di speculazioni su tutti i mercati del pianeta, di incursioni finanziarie spregiudicate (è uscito indenne da una mezza dozzina di processi per insider trading in Francia, Gran Bretagna e America) e anche di investimenti oculati in compagnie industriali innovative in molti paesi fra cui l’Italia, gli hanno garantito una vecchiaia da nababbo. Appartamenti a Londra, New York, Parigi, ville in Provenza e a Palm Beach, una suite da 2.500 euro al giorno sempre prenotata all’Hassler Villa Medici di Roma. Ben diversi erano stati gli inizi. Soros nasce il 12 agosto 1930 a Budapest, con l’impronunciabile nome di Dzjcgdhe Shorash. Il padre Tivadar, avvocato della buona borghesia ebraica, era stato prigioniero in Russia durante la prima guerra mondiale ed era riuscito a fuggire in modo rocambolesco. Altrettanto drammatica la fuga dall’Ungheria quando si scatena la furia dei nazisti, che costa la vita a 440mila ebrei. La famiglia riesce a uscire dal paese in fiamme, e dopo un vorticoso giro di rifugi, spostamenti notturni e documenti falsi, alla fine della guerra si ritrova a Londra. Con un nuovo cognome che gli è stato assegnato personalmente dal padre, il giovane George riprende gli studi e nel 1948 si iscrive alla London School dove avviene il «fatale» incontro con Popper. Gli insegnamenti del maestro, nato in Austria quando l’impero era tutt’uno con l’Ungheria (1902), continuano a riemergere. La potenza finanziaria concede a Soros lussi da grillo parlante e lui scrive libri uno dopo l’altro, magari dal titolo esoterico tipo The Alchemy of Finance (1987). Quando, due anni fa, l’America fu scossa da una serie di scandali finanziari, denunciò sul ”Financial Times”: «Il caso Enron, quello WorldCom e tutti gli altri, non sarebbero successi senza la connivenza della classe politica. è un iceberg, il peggio deve arrivare? Può essere, sicuramente non vedevamo l’iceberg perché ci eravamo seduti sopra». La sua notorietà influenza i mercati: quando, a metà 2003, dice alla Nbc-Tv che «il dollaro non può che calare», la valuta americana crolla sui mercati di tutto il mondo, e Dio solo sa quanto ci guadagna speculando al ribasso. Intendiamoci, non gli è andata sempre bene. Negli anni 90 fu vittima dell’abbaglio di internet e della new economy. I suoi fondi Quantum si esposero troppo e nel 1999 persero la somma-record di 700 milioni di dollari. Niente paura: tornando alle speculazioni sulla valuta, il suo forte, Soros ha recuperato ampiamente le perdite ed è tornato a guadagnare cifre iperboliche. Anche in questo si misura la sua ”grandezza”, o meglio la sua solidità economica: riuscire a riassorbire stangate di tali proporzioni senza soccombere. Non resta che fare gli auguri a Robert e Jonathan di essere all’altezza. Eugenio Occorsio