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 2004  ottobre 14 Giovedì calendario

La destra e i gay: da ”zia Cenzina” a Nino Strano fino all’arditismo paraomosessuale dei fiumani, La Stampa, 14/10/2004 Nell’ambito delle contraddizioni, dei paradossi, degli scherzi e delle provocazioni della post-politica, ieri pomeriggio [mercoledì] Imma Battaglia, uno dei leader del circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, ha impetuosamente sollecitato il presidente della regione Lazio Francesco Storace, con il quale peraltro ha un ottimo rapporto, a dissociarsi dal ministro Tremaglia e quindi a dichiarare: «Io sono un culattone fiero»

La destra e i gay: da ”zia Cenzina” a Nino Strano fino all’arditismo paraomosessuale dei fiumani, La Stampa, 14/10/2004 Nell’ambito delle contraddizioni, dei paradossi, degli scherzi e delle provocazioni della post-politica, ieri pomeriggio [mercoledì] Imma Battaglia, uno dei leader del circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, ha impetuosamente sollecitato il presidente della regione Lazio Francesco Storace, con il quale peraltro ha un ottimo rapporto, a dissociarsi dal ministro Tremaglia e quindi a dichiarare: «Io sono un culattone fiero». Subito Storace le ha risposto: «Vorrei ma non posso. Non amo dire bugie»; buttandola poi su Prodi («è come se Prodi dicesse di essere nuovo alla politica, pur di prendere voti»), che davvero non c’entrava nulla. Ma ormai la gaia maionese è chiaramente impazzita nel frulla-tutto della polemica. E fra Battaglia e Buttiglione, Tremaglia e la dottrina della Chiesa, l’appello dei laici contro i laicisti e una mobilitazione pluri-farisaica su un euro-voto che non vale assolutamente nulla perché Rocco comunque si beccherà l’incarico, ecco, forse oggi si comincia appena a capire quanto sia scivoloso, e anche un po’ irreale, giocarsi la faccenda dell’omosessualità in termini di schieramenti, tipo derby calcistico. Sui gay, in effetti, i conti del manicheismo tornano solo a chi si accontenta e vuol farseli tornare. Esempio. C’era un tempo un povero senatore monarchico che come nome di battaglia gli avevano dato: ”zia Cenzina”. Persona gentile e squisita, pare svezzasse i camerati, girava quindi per le palestre, finì per innamorarsi di un pugile, che un brutto giorno durante una lite gli distrusse la casa. Ci scappò pure un colpo di pistola. Erano i primi Anni Cinquanta e la cosa allora fece scandalo. Oggi ci si potrebbe fare un film, e magari ne verrebbe fuori una riabilitazione. Così come, sempre a destra, non ha nessunissimo bisogno di riabilitazione l’onorevole di An Nino Strano, cui Zeffirelli ha dedicato Storia di una capinera. Bene, sull’onorevole Strano e sul suo coraggioso atteggiamento nei confronti della vita, ha scritto una pagina indimenticabile Pietrangelo Buttafuoco sul ”Foglio”, raccontando la volta in cui, sul volo Roma-New York, richiesto da un bello steward come volesse essere svegliato, l’onorevole dello stesso partito di Tremaglia abbia risposto, sbattendo maliziosamente le ciglia: «Frusta o piumino?». Ecco, dunque. Il ricordo del povero deputato monarchico e del libertino tricolore dicono che la questione è molto più complicata, se non altro perché tanto ieri quanto oggi si pone su un terreno dove si incrociano natura e cultura, storia e individui, diritti e piaceri. Così complicata, anzi, e delicata, da potersi rimettere in ultima analisi a quel motto di enorme amore e universale buonsenso che dice: «Chi è senza peccato scagli la prima pietra». E allora, in attesa di stabilire se sia un peccato o un reato, comunque giù il sasso, per favore. Perché addirittura la Chiesa, al riguardo, ha i suoi problemucci: a Boston, a Roma e un po’ dappertutto, come ora documentano certi film (vedi Almodóvar). Però anche la destra più destra, quella che sghignazza sui «culattoni», ha certamente i suoi «culattoni». Non solo, ma - ed è quello che qui si vorrebbe sommariamente documentare - ce li ha sempre avuti, e a ragione. Basta non farla troppo lunga. In fondo An ha già cominciato a sdrammatizzarsi. La «conversione» di Storace, per esempio, che era tra i più assatanati contro i gay, e ora sembra pacificato, quasi protettivo. C’è poi un dirigente lombardo, a nome Enrico Oliari, che l’avevano cacciato perché gay, ma poi è stato riammesso (grazie alla Mussolini). Fini e moglie hanno smesso di fare storie sui maestri omosessuali. Lo stesso quotidiano ”L’Indipendente”, direttore Giordano Bruno Guerri, si è ben guardato dall’allinearsi a difesa di Buttiglione. Del resto, anche sul piano dello stile donna Assunta Almirante è stata piuttosto esplicita: «I gay hanno tanto più buon gusto di tanti cafoni eterosessuali». Ma non è esattamente questo il punto. Il punto vero, semmai, è che proprio nel momento in cui vanno dissolvendosi le culture politiche, si capisce meglio come quella di destra sia nata, in qualche modo, e poi sia stata innervata, e comunque contaminata, da un filone che certo allora non si chiamava gay, ma gay era, e di più, era gayissimo. Perché c’è forse all’origine stessa del fascismo una venatura legata al combattimento, all’arditismo, dove l’omosessualità si esprime come un dato estetico, paganeggiante, aristocratico e orgiasticamente guerriero. Qualcosa che vale al di là di ogni altra energia, una cameratismo senza limiti, tantomeno di ruoli sessuali, forse la stessa esaltata attitudine che durante l’avventura fiumana portava i legionari a prendersi per mano, avviandosi verso la collina; e D’Annunzio, che li vedeva dalla finestra, commentò: «Guardate i miei soldati, se ne vanno a coppie, come la legione tebana». E sì. Conscio o incoscio che fosse questo orientamento, dopo tutto, conta oggi fino a un certo punto. Una specifica omosessualità «conservatrice, di destra, caratterizzata dal fascino verso la forza, la virilità, il maschio che ha vinto», notava già allora Curzio Malaparte. Una maschia gioventù, si cantava, alimentando l’idolatria della giovinezza, primavera di bellezza, un pugnale tra i denti, in bocca un fior, gli uomini nudi dei film e delle foto di Leni Riefentsthal, i maschioni di marmo del Foro Italico (i dc ricoprirono poi quelle statuarie vergogne con foglie di fico in latta, da Andreotti ribattezzate «cazzarolette»), come pure la passione decadente per eroi morbidi come Lawrence d’Arabia o scrittori risolutamente ambigui come Yukio Mishima. Ecco: non è parecchio gay tutto questo? E non risulta analmente sospetto che il ministro Tremaglia conservi sulle mensole di casa sua, accanto al busto del duce, una boccetta di olio di ricino? La novità è che il riconoscimento di tali suggestioni viene oggi dall’interno della destra, serenamente approfondito ad esempio da Luciano Lanna e Filippo Rossi in quella miniera che è Fascisti immaginari (Vallecchi). Alla voce «Froci». Conoscersi e riconoscersi, in effetti, scoraggia ogni sorta di lapidazione. Filippo Ceccarelli