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 2004  ottobre 14 Giovedì calendario

A Manconi piace Prodi, Vanity Fair, 14/10/2004 «La moviola in campo!», grida Aldo Biscardi congestionato in volto, le vene del collo tese allo spasmo, la voce che si impasta e vacilla

A Manconi piace Prodi, Vanity Fair, 14/10/2004 «La moviola in campo!», grida Aldo Biscardi congestionato in volto, le vene del collo tese allo spasmo, la voce che si impasta e vacilla. La moviola in Parlamento!, potrebbe gridare il-cittadino-che-si-lamenta-perché-non-capisce-nulla-di-politica: e, dunque, vorrebbe - per lo meno - vedere da vicino il proprio deputato o senatore, controllarne le mosse, verificarne al ralenti il «gesto atletico». L’alternativa è l’antica e rassicurante formula: «facciano loro», che può essere interpretata come una delega fiduciosa o come un vaffanculo rancoroso. Perché è vero che chi fa politica sembra impegnarsi alacremente per impedire che si comprenda la natura del proprio mestiere: il linguaggio, le regole e il senso di quell’attività. Ma questo è reso possibile dal fatto che nessuno mai (o quasi mai) presenta il conto; nessuno chiede mai la ragione di quella scelta, di quel voto favorevole o di quella posizione contraria. La moviola in Parlamento, allora, e un po’ più di interesse per i propri interessi, effettivamente potrebbero aiutare. In altre parole, sui rapporti tra Marcello Lippi e Roberto Baggio e su quelli tra Fabio Capello e Francesco Totti, gli italiani (una buona parte di essi) si interrogano e si accapigliano, si appassionano e - più o meno signorilmente - si menano. Da anni. E il calcio - arte difficilissima, disciplina ardua, tecnica complessa - diventa pane quotidiano, bene di consumo, materia familiare, eppure non è, per sua natura, «più facile» e «più comprensibile» della politica: lo diventa grazie al ”Corriere dello Sport” e alle figurine Panini, ad alcuni preziosi successi e ad alcune cocenti sconfitte. E, soprattutto, grazie ai Grandi Leader Semplificatori (Maradona e Gattuso, Riva e Zoff), capaci di parlare al cuore e all’intelligenza persino di chi ritiene che il pressing sia il termine inglese per indicare lo scambio di effusioni amorose. E, allora, consideriamo Romano Prodi. Ricorderete, forse, il suo ingresso alla convention dell’Ulivo, nel febbraio scorso, accompagnato da quella canzone di Luciano Ligabue (Una vita da mediano) che fa: «Lavorare sui polmoni /... con dei compiti precisi /... a coprire certe zone / a giocare generosi». A ben vedere, è la narrazione di un’epopea, quella della «piccola Italia» delle virtù civiche e dell’intelligenza pragmatica: ed è, insieme, la più lusinghiera dichiarazione di stima che si possa indirizzare a un leader (politico o religioso, sportivo o morale): sei come mi piacerebbe essere. In effetti, Prodi, per una buona metà degli italiani, occupa esattamente quel ruolo «a centrocampo»: ma rappresenta, allo stesso tempo, la possibilità della rivincita e l’occasione del Grande Riscatto. Vi piaccia o no, decidiate o meno di votare per lui, Prodi costituisce, in ogni caso, un Punto di Riferimento Irrinunciabile. Come alcune figure solide e autorevoli, antiche e così fuori moda da risultare attualissime: Enzo Bearzot o, ancor prima, Nereo Rocco. Rappresentanti di un’Italia rurale e sobria, provinciale e schiva, che - tuttavia - appare più affidabile, ma anche più raffinata, di quella dominante (a destra come a sinistra), così effimera e ondivaga. E, soprattutto, quell’Italia «mediana» si rivela capace di parlare a chi, in genere, non viene né ascoltato, né interpellato dalle parole della politica. Un simpatizzante di Prodi, come il semiologo Omar Calabrese, definisce così il suo stile comunicativo: «Vizi come una qualche goffagine, un forte accento emiliano, la tendenza a mangiare le parole e ad abbassare la voce, una povertà lessicale tipica dell’economista impolitico, il riserbo, il modo di vestire normale e vagamente trasandato, una gestualità non spontanea e imbarazzata»: tutto questo si è trasformato in virtù e in capacità di parlare a chi mai «viene parlato». E si è tradotto in risorsa per la vittoria. Così nel 1996. Così può accadere alla prossima scadenza elettorale. A fronte di ciò, c’è lo spettacolo della coalizione di centrosinistra. uno spettacolo, più che desolante, noioso: una sorta di ”Medico in famiglia” impazzito, dove la figura rassicurante e patriarcale di nonno Libero viene travolta dalla rivalità di figli e nipoti, parenti e conoscenti, improvvisamente posseduti dal demonio; o - peggio - una specie di ”Soprano”, dove le tensioni latenti tra quei «bravi criminali» esplodono in forme cannibalesche ed efferate. Così accade nel centrosinistra, dove la lite per l’eredità si accende mentre il padre non solo è vivo e vegeto, ma dimostra notevole vitalità e una lucidità di gran lunga superiore a quella degli ingrati eredi. Dio li perdoni perché non sanno quello che fanno. Luigi Manconi