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 2006  gennaio 12 Giovedì calendario

Un italiano vero: Ayad Anwar Wali parlava veneto, tifava Inter, adorava la Muti. L’hanno ammazzato in Iraq

Un italiano vero: Ayad Anwar Wali parlava veneto, tifava Inter, adorava la Muti. L’hanno ammazzato in Iraq. Errori. La notizia del rapimento di un «ricco uomo d’affari iracheno con passaporto italiano» si diffonde mercoledì 1° settembre. ”Repubblica.it” mette in rete alle 13,22 un lancio d’agenzia infarcito d’errori: sbagliato il cognome (Ali invece di Wali), l’età (48 invece di 44), il luogo di residenza (Perugia invece di Castelfranco Veneto) (Giacomo Papi e Maria Portanova, ”diario” 14/10/2004). Sentenza. Dopo 34 giorni, un video, per la prima volta recapitato a un’agenzia internazionale (France Presse), lo mostra in ginocchio assieme al turco Yalmaz Dabja, amico e collaboratore. Davanti a cinque uomini armati e incappucciati che si definiscono «combattenti per Dio», i due vengono accusati d’essere spie: «Il primo è un italiano di origine turcomanna irachena e si chiama Ayad Anwar Wali, 44 anni, e l’altro è un turco di nome Yalmaz Dabja, di 33 anni». Wali confessa d’aver stabilito contatti coi servizi segreti di tre paesi: Israele, Turchia e Iran. Poi ammette che i servizi turchi gli hanno offerto 10 milioni di dollari e quelli israeliani 30 per fornire loro mercurio rosso. Una mitragliata li uccide (Renato Caprile, ”la Repubblica” 5/10/2004). Integrazione. « vero che non aveva la cittadinanza, ma non c’erano elementi per distinguere tra lui e un cittadino italiano. Parlava, pensava italiano. Nessuno avrebbe distinto lui da un autoctono» (Younis Tawfik, suo amico) (’Il Messaggero” 5/10/2004). Certificati. Qualcuno ha scritto che l’ambasciata irachena in Italia «faceva resistenza» ad avviare la pratica che lo avrebbe reso italiano, o che il «permesso di soggiorno era scaduto». Il problema è che dallo scorso luglio, in Iraq non esisteva nessun ministero che potesse rilasciare ad Ayad Wali il «certificato di svincolo dalla cittadinanza d’origine», l’ultimo che completasse il fascicolo a suo nome (Sara Menafra, ”il manifesto” 6/10/2004). Sara. Ayad Anwar Wali, iracheno d’origini turche, se ne va da Baghdad perchè non sopporta Saddam. è in Italia dal 1980. All’Università di Torino studia «con passione e tanto impegno» fino al 1986, trasferendosi poi a Padova per costruirsi una famiglia. Si sposa (in una chiesa cattolica) con Sara, ragazza incontrata sulla spiaggia di Sottomarina. Sara e Ayad hanno un bambino, Omar: otto anni fa decidono di separarsi, ma rimangono in buoni rapporti (’Il Messaggero” 5/10/2004; Aldo Cazzullo, ”Corriere della Sera” 5/10/2004). Ciuffi. «Era il ragazzo bello della compagnia, bruno con gli occhi verdi e il ciuffo alla Elvis Presley. Laico e amante del divertimento, era soprattutto un tipo pacifico che non aveva mai preso parte alle risse che scoppiavano tra studenti iracheni e iraniani e a volte coi curdi alla mensa universitaria. Rifiutava d’immischiarsi nella politica e stava alla larga dal partito Baath» (l’amico Tawfik). Mobili. Scoprendosi il pallino degli affari, Ayad abbandona gli studi (gli manca solo la tesi per laurearsi) e fonda col fratello Emad (con cui va a vivere) la ”Wali Italian Design”, società che esporta mobili e design italiano nei paesi arabi (’Il Messaggero” 5/10/2004; Michele Farina, ”Corriere della Sera” 5/10/2004). Il fratello. Emad, 41 anni, in Italia dall’80 pure lui, ha preso due lauree (Architettura e Urbanistica territoriale) e vive a Salvarosa, frazione di Castelfranco Veneto. La casa è una palazzina a due piani coi terrazzi rossi ed è sua, «perché dopo vent’anni di vita in Italia, di lavoro, gioie, sacrifici e tasse regolarmente pagate, avrò pure il diritto di dire che questa terra è anche casa mia!». Ha un figlio che ha poco più di un mese e al quale è stato dato lo stesso nome del figlio dodicenne di Ayad (’Corriere della Sera” 5/10/2004; Francesco Alberti, ”Corriere della Sera” 6/10/2004). Semine. Dopo lo scoppio della guerra, decide di tornare in Iraq. Emad: «Ayad diceva che stava seminando, e il raccolto non sarebbe tardato. Gli piaceva l’idea di portare un po’ d’Italia in Iraq» (Michele Farina). Belle macchine. «Accennava spesso con terrore alla possibilità d’essere sequestrato. Per questo teneva in casa una pistola. Però non cercava di nascondersi. Il suo appartamento era sempre visitato da gente ricca, con belle macchine, che posteggiavano in bella vista nella via di fronte alla nostra villetta. Penso fossero soprattutto uomini d’affari turchi, curdi, ma anche iracheni sciiti e sunniti. A lui quello che premeva di più era incrementare il volume d’affari della società» (Mukhlis, padrone di casa di Ayad a Baghdad) (Lorenzo Cremonesi, ”Corriere della Sera” 5/10/2004). Club. Ayad parlava l’italiano meglio di molti italiani e conosceva pure qualche parola di veneto. Tifava Inter e aveva sempre in tasca la tessera del club neroazzurro di Villa del Conte, un borgo vicino a Cittadella. Tra le sue passioni, quella per Ornella Muti (Aldo Cazzullo). Vacanze. Le vacanze dello scorso anno l’ex moglie Sara e il figlio Omar le passano con lui in Turchia. Poi l’idea di raggiungerlo a Baghdad. Wali: «Ho trovato un bell’appartamento, potremo stare assieme anche se io ho da lavorare». All’inzio Sara sembra d’accordo, dopo un po’ confessa: «Non so se facciamo bene a venire. Lì non è tranquillo». E lui: «Potete venire, non ci sono pericoli, qui mi conoscono tutti. Sono amici». Alla fine Sara gli dice di no (Roberto Bianchin, ”la Repubblica” 6/10/2004). Conclusione. «Ayad è stato un uomo e un imprenditore di successo, era riuscito a trasformare la sua ricchezza culturale e la sua passione civile in una fruttuosa attività di promozione del Made in Italy in Medio Oriente. L’ha fatto da musulmano laico: non pregava, non digiunava, beveva il vino, si era sposato in una chiesa cattolica della Turchia musulmana, ha lasciato un figlio italiano e cattolico» (Magdi Allam, ”Corriere della Sera” 6/10/2004).