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 2006  gennaio 12 Giovedì calendario

YAO WENYUAN

Shanghai (Cina) 1931, 23 dicembre 2005. Politico • «[...] l’ultimo della famigerata ”Banda dei Quattro”, protagonista di una delle pagine più terribili nella storia della Cina comunista, che rimane in parte avvolta di misteri e omertà. [...] La ”Banda dei Quattro” era il gruppo più esposto nel teorizzare la Rivoluzione culturale, il movimento che mise sottosopra la Cina per un decennio, scatenando le Guardie rosse in violente campagne di persecuzione politica. Yao era la ”penna” della Rivoluzione culturale, un funzionario dell’ufficio di propaganda che con i suoi velenosi articoli sulla stampa di partito metteva all’indice gli avversari della fazione estremista, decretava la condanna di intellettuali e artisti non in linea con le teorie più radicali. Gli altri tre membri del gruppo erano Jiang Qing, la terza moglie di Mao, e i due leader comunisti di Shanghai Zhang Chunqiao e Wang Hongwen. Fu proprio dalla penna di Yao che partì, in sordina, il primo segnale della Rivoluzione culturale il 10 novembre 1965: una recensione sul quotidiano Wenhui bao di Shanghai in cui stroncava lo spettacolo teatrale La destituzione di Hai Rui. All’inizio nessuno capì l’importanza di quell’articolo, che criticava un testo di teatro ambientato nell’antica Cina accusandolo di essere una velata accusa a Mao. Solo l’anno seguente apparve chiaro che la campagna era stata orchestrata dallo stesso leader supremo. L’autore della rappresentazione teatrale infatti era uno scrittore protetto dall’ala moderata del partito: quest’ultima stava esautorando Mao, colpevole dei tragici errori del Grande Balzo in avanti (l’industrializzazione forzata che aveva provocato carestie e almeno 40 milioni di morti). Mao utilizzò quell’articolo per scatenare la base comunista – soprattutto gli studenti – in un assalto contro ”il quartier generale”, accusando la nomenklatura di partito di essersi burocratizzata. Da quel momento l’intera società cinese piombò nel caos e nella violenza. Le Guardie rosse potevano colpire all’improvviso, saccheggiando case e uffici, organizzando processi di piazza per mettere alla gogna i presunti ”revisionisti borghesi”. Il terrore rosso organizzò persecuzioni massicce, in cui gli elementi moderati potevano essere uccisi o mandati nei campi di ”rieducazione”. Le autocritiche in pubblico erano umilianti: le vittime erano costrette a sfilare per le strade sotto le percosse e gli insulti della folla, fino a subire in pubblico processi sommari. Vennero chiuse le università e i giovani cittadini vennero deportati nelle campagne. L’ateismo di Stato fu applicato con ferocia: anche i monaci buddisti e i preti cattolici che avevano giurato fedeltà al governo vennero messi al bando, templi e moschee e chiese furono distrutti. Intere biblioteche bruciarono in un gigantesco autodafè, la distruzione di molti musei cancellò una parte del patrimonio culturale. Sotto il terrore vigeva la delazione sistematica: si poteva finire sotto processo per una spiata dei colleghi, dei vicini di casa, dei parenti. Yao in seguito confessò di avere montato di sana pianta un castello di accuse contro Deng Xiaoping, il leader comunista moderato che venne emarginato. [...] Il sostegno di Mao fu decisivo per garantire carta bianca alla Banda dei Quattro: Yao ricevette in premio per i suoi articoli velenosi la nomina nel Politburo, il massimo organo decisionale del partito. La moglie di Mao s’impadronì delle leve della politica culturale, imponendo alla produzione letteraria, teatrale e cinematografica i canoni della propaganda ideologica radicale. Fu lo stesso Mao però a ”tradire” i suoi sicari. Dopo aver aizzato la furia delle Guardie rosse, per ridurle all’obbedienza scatenò contro di loro i reparti dell’Esercito di liberazione popolare, a sua volta colpevole di repressioni sanguinose. Infine Mao nel 1975 fece l’ultimo dietrofront. Voltò le spalle a sua moglie e appoggiò la restaurazione moderata guidata da Zhou Enlai [...] e Deng Xiaoping. Nel 1976, subito dopo la morte di Mao i membri della Banda dei Quattro furono arrestati e processati. Yao scontò 20 anni di carcere mentre la moglie di Mao si suicidò nel 1991. Wang è morto nel 1992 e Zhang nel 2005. Ma la banda dei Quattro è stata trasformata in un capro espiatorio per evitare un esame delle responsabilità collettive del decennio del terrore, in cui fu coinvolta gran parte del gruppo dirigente comunista. Tuttora resta un segreto il numero esatto delle vittime della Rivoluzione culturale» (Federico Rampini, ”la Repubblica” 7/1/2006). «[...] era la ”penna” della cricca ultrasinistra capeggiata da Jiang Qing, l’ex attricetta che divenuta terza moglie del grande timoniere sognò e tramò per assicurarsi l’eredità al trono. Una ”penna” carica di fanatismo ideologico. [...] Se la tremenda Jiang Qing così arrogante, vanitosa e nevrotica, era l’anima degli intrighi di corte; se Wang Hongwen era il giovanissimo operaio capace di guidare le milizie armate di Shanghai negli assalti aimoderati del partito comunista; se Zhang Chunqiao era l’ex guerrigliero che aveva agito aldilà delle linee del nemico nel periodo della occupazione giapponese e si era guadagnato i galloni di uno dei cervelli più fini dell’ala radicale; Yao Wenyuan a 35 anni, tanti ne aveva quando cominciò l’offensiva orchestrata da Mao Zedong per azzerare l’opposizione ”borghese” interna, era il polemista che a comando azionava la penna. Due date vanno ricordate di ciò che ancora oggi per un motivo imperscrutabile molti cinesi chiamano, pur odiandola, ”la grande rivoluzione culturale” che di grande ebbe solo l’enormità delle violenze provocate in un crescendo di processi popolari, aggressioni e omicidi.Un evento della storia contemporanea che il miracolo capitalista di questo secolo ricaccia in una lontana parentesi quasi da dimenticare. [...] Il 10 novembre 1965 sul giornale di Shanghai, il ”Wenhuibao”, compare un articolo. Lo consegna alle stampe, dopo averlo sottoposto alla lettura di Jiang Qing e dello stesso Mao, la ”penna” della banda. Il pretesto è una critica al dramma dal titolo La destituzione di Hai Rui, le gesta di un mandarino buono che si mette di traverso alle prepotenze imperiali. il lavoro di un professore di storia e vicesindaco di Pechino, Wu Han, amico personale di Deng Xiaoping col quale condivide il tavolo delle carte. Ya o Wenyuan, istigato da chi gli sta sopra, ricorre a un linguaggio traslato per colpire quella corrente del partito che un Mao intollerante verso il dissenso ha inteso ribaltare. Con questo articolo si scatena un movimento che arriverà a soffocare milioni di intellettuali e di operai sospettati di inesistenti attività controrivoluzionarie. Una guerra intestina. La seconda data è il 5 agosto 1966, il giorno che la Cina conserva nella memoria perché Mao Zedong con un dazebao anonimo dal titolo ”Bombardare il Quartiere Generale” innescò il rimescolamento nei vertici del partito. Pochi giorni prima il leader aveva convocato il Comitato Centrale allo scopo di sottoporre un documento in sedici punti. La pietra miliare della Rivoluzione Culturale, ”una grande rivoluzione” che elimina la resistenza di quanti ”infiltrati nel partito seguono la via del capitalismo”. Si forma il ”sottogruppo del comitato centrale per la rivoluzione culturale”. Dipende direttamente dall’ufficio politico. Il numero due è Jiang Qing. Con lei ne sono membri Yao Wenyuan e Zhang Chunqiao. A bassa voce circolava una battuta nella Pechino di quegli anni: ”L’arma che Yao usa per uccidere la gente è la penna”. Il suo radicalismo fanatico è il motore ideologico dei ribelli che fondano la Comune di Shanghai e di quanti in nome della democrazia diretta di piazza determinano il collasso del regime. La Cina per dieci anni resta prigioniera di un sacrificio collettivo compiuto con la copertura e il consenso diMao in nome di più alti falsi valori di giustizia sociale. Un olocausto. Nel corso di questa stagione si assiste a lotte di potere dentro al partito con le correnti della sinistra (Lin Biao da una parte, la Banda dei Quattro dall’altra) alleate inizialmente, contrapposte ferocemente in seguito. Si scontrano per assicurarsi la successione a un Mao che si avvia al declino fisico. Lin Biao cadrà in un misterioso incidente aereo. Fino all’ultimo dei suoi giorni il Grande Timoniere agita i fili delle sue marionette. Se nel 1966 aveva battezzato le Guardie Rosse indossandone il bracciale durante la manifestazione del 18 agosto 1966 in piazza Tienanmen (due milioni di giovani urlanti con il libretto rosso in mano), nel ”68 spaventato dalla piega che gli eventi stavano prendendo affida all’esercito il compito di fermare quell’orda. Yao Wenyuan affonda gli strali contro gli studenti ormai protagonisti di ”eccessi determinati da una visione piccolo borghese” della rivoluzione. Mao Zedong muore il 9 settembre 1976. Un mese più tardi la Banda dei Quattro viene arrestata ed espulsa dal partito. Fra la fine del 1980 e l’inizio del 1981 Jiang Qing, Zhang Chunqiao, Wang Hongwen e Yao Wenyuan subiscono il processo. I primi condannati a morte (pena trasformata nel carcere a vita), il terzo all’ergastolo, il quarto a vent’anni di carcere. [...] Il ”killer con la penna” era uscito di prigione il 5 ottobre 1996, malato di diabete. Di lui resta questa pagina di diario letta al processo: ”Perché non possiamo sparare ai pochi elementi controrivoluzionari? Dopo tutto la dittatura del proletariato non è un ricamo di fiori”. Deng Xiaoping si salvò. E la Cina imboccò un’altra strada rivoluzionaria» (Fabio Cavalera, ”Corriere della Sera” 7/1/2006).