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 2004  settembre 30 Giovedì calendario

Tra Maputo, Totti e le Simone, trionfa il berlusconismo alternativo di Walter Veltroni, La Stampa, 30/09/2004 Per la liberazione delle due Simone ha acceso il Colosseo

Tra Maputo, Totti e le Simone, trionfa il berlusconismo alternativo di Walter Veltroni, La Stampa, 30/09/2004 Per la liberazione delle due Simone ha acceso il Colosseo. Click. E per la festa del ritorno a casa ha offerto come scenografia il piazzale michelangiolesco del Campidoglio. Come dire: quanto a perfezione d’allestimenti e macroscopiche luminosità, il presidente Berlusconi si dia una regolata. Sempre più Walter Veltroni si conferma un interessante caso d’antagonismo mimetico, o mimetismo antagonista. Doverosa la spiegazione. Più che l’anti-Berlusconi sembra configurarsi come l’alter-Berlusconi, il suo doppio speculare, una copia politicamente simmetrica, un prototipo uguale e contrario, là dove questa geometrica contrarietà è orientata per così dire a sinistra. Ma attenzione, perché la sinistra, nel caso del sindaco di Roma, appare come una categoria ideologica non solo abbastanza desueta, ma anche un po’ fuorviante. Come del resto conferma l’ultimo sondaggio Ipsos (maggio 2004) che nell’Urbe registra sul nome di Veltroni, ma sarebbe meglio dire sul suo volto e sulla sua immagine, un gradimento pressoché plebiscitario: 82 per cento. Pure su questo il Cavaliere si dia una regolata. E anche quegli altri del centrosinistra che riempiono le loro giornate a litigare o a vendicarsi. Senza farla troppo lunga: l’interventismo di Veltroni sulla vicenda delle due volontarie rapite in Iraq - un atteggiamento a tratti addirittura crocerossino - finisce per rivelare, più che le ambizioni personali del personaggio, alcuni recentissimi sviluppi della politica e soprattutto dei suoi leader nel senso dell’emulazione strategica. In altre parole, l’ipotesi è che il sindaco di Roma abbia fatto sua la lezione del Cavaliere commutandola in maniera evoluta ben al di là del recinto berlusconiano. Ma in modo tale da risultare, il veltronismo, con i suoi romanzi, i suoi musei, le sue foto accattivanti, i suoi cd e dvd alla moda solidale (con Diaco), i suoi «villaggi della pace» e i suoi «parchi della memoria», e poi con gli artisti e gli sportivi disabili, gli ex deportati, gli eroi senegalesi, gli ultrà pentiti, le donne minacciate di lapidazione, i vecchietti rallegrati da Totti, i dipendenti comunali in permesso per volontariato, i barboni massacrati e poi premiati per il loro coraggio civico, insomma, è come se il mondo di Walter fosse più simile a un berlusconismo alternativo che non a una radicale alternativa al berlusconismo. Va da sé che quasi tutti gli «ismi» sono inevitabili forzature giornalistiche. E che l’evoluzione delle forme espressive della politica è un fatto complesso dalle mille implicazioni. Sarebbe semplicistico, oltretutto, oltre che ingiusto, ritenere che Veltroni imita, anzi si è messo a «copiare» il Cavaliere, se non altro perché è in politica da molto prima di lui. E tuttavia, a proposito di quella ipotetica «mimesi», di quell’antagonismo alla rovescia, varrà giusto la pena di ricordare che nel 1990 Walter pubblicò con gli Editori Riuniti un volume che s’intitolava: Io e Berlusconi (e la Rai). Chi vi cercasse ghiotte narrazioni intimistiche tipo Senza Patricio (Rizzoli) rimarrebbe deluso. Il libro è una raccolta di articoli, discorsi, interviste sulla tv. Eppure quel furbo titolo suona oggi più giustificato che allettante perché rende bene l’idea di quanto, fin da allora, Veltroni abbia studiato Berlusconi. E ancora di più perché dimostra quanto l’abbia via via capito assimilandone i tempi rapidi, i percorsi e i calori televisivi, le esigenze spaziali e spettacolari delle rappresentazioni, i linguaggi al tempo stesso sincopati, comprensibili e immaginifici, la forza delle emozioni, i segni del consumo e le risorse simboliche da utilizzare nel grande gioco del consenso da conquistarsi a distanza. Sempre ieri, proprio ieri, durante la presentazione del best-seller veltroniano al teatro Argentina - l’ha notato Luca Telese sul ”Giornale” - uno dei presentatori, Vincenzo Mollica, ha ritenuto di citare adattandola al sindaco-scrittore una frase di Federico Fellini: «L’unico realista è il visionario». Ecco, neanche a farlo apposta: questo della visione e del realismo visionario è un altro tipico argomento del berlusconismo (che l’ha mutuato da Erasmo). Così tipico che nella liturgia del decennale il Cavaliere l’ha utilizzata in uno dei suoi abituali botta e risposta con la platea. Chiese dunque Berlusconi a quella folla plaudente: «Avete fatto bene a credere alla visionaria follia di chi vi sta parlando?». E quelli: «Sìììì!». Bene, Veltroni non lo farebbe mai. Però anche perché non ha bisogno. Basta che sia se stesso e faccia emergere i contrasti. Da una parte il successo e il lusso, per dire, e dall’altra il dolore, la miseria, l’Africa (il sindaco, in effetti, è in partenza per Maputo, dove inaugurerà una scuola). Da una parte il segreto sui meravigliosi lavori a villa Certosa, dall’altro le fantasmagoriche moltitudini della notte bianca. E ancora. Berlusconi che seduce e diverte, Veltroni che protegge e cura; l’uno fa l’amicone di Bush, Blair e Putin, l’altro approfitta di un concerto per far abbracciare sul palco israeliani e palestinesi. Nel frattempo, la politica cambia. Ma il conflitto pure. Filippo Ceccarelli