Il Sole 24 Ore 04/01/2006, Attilio Geroni, 4 gennaio 2006
I gialli finanziari del Ventesimo secolo/4. Lo scivolone del modello tedesco. Il Sole 24 Ore 04/01/2006
I gialli finanziari del Ventesimo secolo/4. Lo scivolone del modello tedesco. Il Sole 24 Ore 04/01/2006. Ogni Paese definisce i propri standard, anche negli scandali. La Germania ha deciso che quello di Volkswagen è il più grande scandalo nella storia della repubblica federale, nonostante non vi siano buchi miliardari a danno degli azionisti e nonostante le cronache siano tinte soprattutto di rosa, anche se di un rosa molto pesante per via del sesso a go-go che condisce la vicenda. Se Volkswagen non fosse quello che è, cioè un’azienda-simbolo, un’azienda-Stato, un modello stesso di sviluppo economico e in questa fase una sorta di microcosmo dei problemi che affliggono la Germania in transizione, in altre parole se Volkswagen fosse semplicemente un’azienda normale, lo scandalo farebbe sorridere se paragonato ad altri più o meno recenti, da Enron a Parmalat. Ma non è così e il caso rischia di avere conseguenze ben più importanti del caso stesso, finora identificato con una lunga serie di Lustreisen, viaggi di piacere organizzati da alcuni manager del gruppo automobilistico per i dirigenti sindacali. Figura chiave di questa "agenzia viaggi" all’interno del gruppo di Wolfsburg è un dirigente di medio livello licenziato dall’azienda nel luglio scorso, Klaus-Joachim Gebauer. Accusato di truffa e distrazione di fondi Gebauer, 61 anni, è ritenuto dalla magistratura di Braunschweig un testimone tutt’altro che inaffidabile. Ampiamente filtrate nei media tedeschi, le rivelazioni di Gebauer hanno messo in luce un meccanismo sconcertante di missioni all’estero nelle quali si sarebbe cercato in ogni modo, anzi con il classico modo, di ammorbidire il sindacato su alcune decisioni strategiche che l’azienda avrebbe dovuto prendere, dalla realizzazione di investimenti produttivi a piani di ristrutturazione ad accordi per il rinnovo salariale. Nel sistema tedesco di cogestione, dove nelle grandi imprese metà delle poltrone del consiglio di vigilanza spetta a rappresentanti dei lavoratori, il raggiungimento del consenso è una vera e propria condicio sine qua non. Negli ultimi tempi si è parlato sempre più spesso dei costi di questo approccio consensuale, che d’altra parte è stato uno dei pilastri della rinascita e della crescita tedesca, sbocciate nella Wirtschaftswunder degli anni 60 e nella successiva affermazione della Germania come terza potenza economica mondiale. Lo scandalo Volkswagen, con i suoi costi occulti e con la degenerazione della cogestione in collusione tra management e sindacato, dà voce a quanti sostengono sia necessaria una profonda revisione del sistema. I Lustreisen dei quali ha raccontato Gebauer, manager della direzione del personale, sarebbero iniziati nel 1996 in Brasile con una visita ufficiale agli impianti Vw di San Paolo poi trasformatasi in gita con prostitute alla spiaggia di Copacabana, Rio de Janeiro. Da allora al 2005 ve ne sarebbero stati decine, con destinazioni da film di James Bond: ancora Brasile, molte volte a Praga, e India, ad Udajpur nel Rajasthan, guarda caso nel palazzo da favola Jag Nivas dove era stato girato "Octopussy", uno degli episodi di 007. Quest’ultimo viaggio, secondo la deposizione di Gebauer, sarebbe costato 350mila dollari e come gli altri sarebbe stato completamente rimborsato, a fronte di note spese non pienamente giustificabili e comprensive degli extra, dalla direzione del personale. E qui entra in gioco il direttore delle relazioni industriali nonché membro del board di Volkswagen, Peter Hartz. Dimessosi dal vertice del gruppo nel luglio scorso assumendo &la responsabilità politica di quanto era successo", come recitava un comunicato della società, Hartz è iscritto dall’ottobre scorso nel registro degli indagati, accusato di distrazione di fondi. Pare che le deposizioni di Gebauer abbiano aggravato la posizione di uno dei manager più famosi di Germania, amico dell’ex cancelliere Gerhard Schröder e autore dell’impopolare riforma del mercato del lavoro entrata in vigore esattamente un anno fa. Da un’involontaria omissione di controllo si è passati al sospetto che Hartz avesse incoraggiato e coperto queste pratiche di persuasione, dando indicazioni precise al suo diretto dipendente: "Fai in modo che il signor Volkert rimanga soddisfatto", gli avrebbe detto più volte, sempre secondo la ricostruzione di Gebauer. Il signor Volkert in questione, nome di battesimo Klaus, 62 anni, è un’altra vittima eccellente dello scandalo nonché tipico prodotto del "modello Volkswagen". Anch’egli dimessosi nel luglio scorso, era stato per oltre dieci anni leader del sindacato Ig Metall e capo del consiglio di fabbrica di Vw. Come tale sedeva nel supervisory board ed era ovviamente una pedina chiave nelle decisioni strategiche dell’azienda controllando di fatto i voti di dieci dei 20 rappresentanti del consiglio. Si è parlato di lui sui giornali come grande beneficiario degli extra organizzati durante le missioni all’estero e di una sua relazione con una ragazza brasiliana, Adriana B., che spesso sconfinava in un appartamentino di Braunschweig, dove il frigobar era sempre fornito di champagne. Anche Hartz, secondo una ricostruzione di Bild, avrebbe importato in Germania i piaceri di Copacabana intrattenendosi più volte con una certa Joselia R., sua compagna di viaggio, pare, anche a Parigi nel lussuosissimo albergo Giorgio V. Sia Volkert che Hartz hanno sempre respinto le insinuazioni, secondo le quali tutte queste spese - compreso un trasferimento per e dall’India con l’aereo privato della compagnia, un Airbus 319 - sarebbero state a carico della casa automobilistica. Un’indagine contabile interna commissionata l’estate scorsa dai vertici del gruppo a Kpmg ha rivelato che tra note spese di dubbia provenienza e società di comodo create da Gebauer e da un altro manager licenziato in estate, Helmut Schuster, ex direttore del personale della controllata ceca Skoda, l’azienda ha ricevuto un danno finanziario stimabile in cinque milioni di euro. Oltre ad organizzare e ad approfittare dei viaggi premio, pare che Gebauer e Schuster avessero creato uno schema per estorcere tangenti ad alcuni fornitori internazionali di Vw, in particolare in India e Angola dove erano previsti investimenti produttivi poi congelati a causa dello scandalo. Lo stesso Schuster non si sarebbe risparmiato i piaceri dei colleghi e dei dirigenti sindacali (i sospettati sarebbero in tutto nove secondo la magistratura di Braunschweig) intrattenendo una relazione con la vistosa attrice ceca, ed ex playmate, Katerina Brozova. Al momento non è chiaro se i viaggi puntassero a ottenere il consenso del sindacato su piani e progetti specifici o se facessero parte di un disegno con il quale si voleva ottenere un clima di complicità permanente. Qualcuno è arrivato a suggerire un possibile rapporto di causa-effetto su una delle decisioni più controverse prese da Volkswagen nella seconda metà degli anni 90, vale a dire l’offensiva nel segmento del lusso attraverso costosissime acquisizioni (Bentley, Lamborghini, Bugatti, Rolls Royce poi ceduta a Bmw) e un progetto finora fallimentare, come la produzione dell’ammiraglia Phaeton. A questo punto è difficile non citare il nome di Ferdinand Piech, 68 anni, oggi presidente del consiglio di vigilanza, ma per quasi tutti gli anni 90 numero uno operativo del gruppo automobilistico, inventore della strategia del lusso e quantomeno responsabile morale del modello Volkswagen di flessibilità consensuale, quella stessa flessibilità che permise all’azienda di salvare 30mila posti di lavoro e di registrare una crescita delle vendite del 43% tra il 1995 e il 2000 uscendo da una crisi pericolosissima. Oggi però il modello voluto, pensato e sviluppato da Piech sta mostrando i suoi limiti, soprattutto nella forma degenerativa dei Lustreisen e dei contorni di corruzione che sono affiorati e soprattutto perché il gruppo sta vivendo un momento di caduta drammatica della redditività, con perdita di quote in mercati strategici come la Cina e gli Stati Uniti. Non gli vengono attribuite responsabilità dirette nello scandalo, ma la sua presenza al vertice del board dei controllori probabilmente limita il campo d’azione del nuovo managament, del ceo Bernd Pischetsrieder e del numero uno del marchio Vw, Wolfgang Bernhard, impegnati in un complesso piano di ristrutturazione che prevede almeno 10mila esuberi negli stabilimenti tedeschi. E lo limita ancora di più da quando la famiglia Porsche, del quale Piech è uno dei membri essendo nipote dell’inventore del Maggiolino Ferdinand Porsche, è diventata azionista di riferimento della casa automobilistica acquistandone oltre il 19%. Questo ingresso nell’azionariato Vw a fianco dello Stato della Bassa Sassonia che ha il 18%, ha suscitato sentimenti contrastanti. Da un lato Porsche è un’azienda talmente ben gestita che certamente i suoi manager e proprietari sapranno far fruttare al meglio un simile investimento (3,3 miliardi di euro). Dall’altro molti investitori istituzionali, in particolare i fondi, ritengono che la presenza di Piech - la cui famiglia ha in essere importanti contratti di fornitura con Vw oltre a controllare una società responsabile della commercializzazione dei marchi del gruppo in Austria e altri Paesi europei - rappresenti un palese conflitto di interessi. L’uomo però, anche in virtù dei suoi legami politici (Spd e lo stesso Schröder) e sindacali (Ig Metall) è ancora molto potente: è sopravvissuto in autunno a un primo tentativo di defenestrazione architettato dal premier della Bassa Sassonia Christian Wulff; e più recentemente ha imposto un suo uomo come sostituto di Hartz alla direzione del personale. Sviluppi, questi, che hanno portato uno dei membri del supervisory board, Gerhard Cromme, presidente di ThyssenKrupp nonché autore del nuovo codice di corporate governance, a preannunciare che non intenderà rinnovare il proprio mandato in scadenza a maggio. La questione sulla governance del primo gruppo automobilistico europeo resta dunque aperta, e in attesa che la magistratura chiarisca la portata della testimonianza di Gebauer, è curioso notare come il titolo Volkswagen da quando era esploso lo scandalo in luglio fino all’annuncio dell’investimento di Porsche fosse salito in Borsa di oltre il 40%, salvo poi perdere metà dei guadagni da quando la posizione di Piech si è di fatto rafforzata nel doppio ruolo di controllore-azionista. Attilio Geroni