Luisa Rosti Il Sole-24 Ore, 05/09/2004, 5 settembre 2004
A scuola le donne sono più brave. Ma sul lavoro comandano i maschi. C’è qualcosa che non funziona, Il Sole-24 Ore, 05/09/2004 Gli agenti economici non sono tutti uguali: i più intelligenti sono potenzialmente più produttivi dei meno intelligenti; la maggior intelligenza offre a chi la possiede un vantaggio competitivo che lo rende capace di battere gli avversari nella competizione per la carriera (sia scolastica sia lavorativa), cioè lo rende capace di vincere un «torneo»
A scuola le donne sono più brave. Ma sul lavoro comandano i maschi. C’è qualcosa che non funziona, Il Sole-24 Ore, 05/09/2004 Gli agenti economici non sono tutti uguali: i più intelligenti sono potenzialmente più produttivi dei meno intelligenti; la maggior intelligenza offre a chi la possiede un vantaggio competitivo che lo rende capace di battere gli avversari nella competizione per la carriera (sia scolastica sia lavorativa), cioè lo rende capace di vincere un «torneo». interesse della società che gli individui più dotati di intelligenza siano abbinati alle posizioni apicali, e i tornei sono generalmente considerati come il meccanismo allocativo più efficiente per l’abbinamento degli individui ai differenti livelli della scala gerarchica; la disaggregazione per sesso dei dati Istat sull’inserimento professionale dei laureati evidenzia però la presenza di un ostacolo al perfetto funzionamento di questo meccanismo. I dati (rilevati dall’Istat nel 2001 sui laureati del ’98) mostrano infatti che il rendimento scolastico delle femmine è nettamente migliore di quello dei maschi sia nelle lauree a prevalenza maschile sia in quelle a prevalenza femminile; le prospettive occupazionali e di reddito sono però peggiori per le femmine (si osserva in particolare una netta sottorappresentazione nelle posizioni imprenditoriali e dirigenziali). Le femmine sono ormai la maggioranza assoluta dei laureati (52%), ma la loro presenza tra i vari gruppi di laurea non è ancora distribuita in modo uniforme; le femmine sono sottorappresentate, ad esempio, nei gruppi: ingegneria (21%), medico (39%) e agrario (41%) - indichiamo l’insieme di questi gruppi come lauree da maschio - sono invece sovrarappresentate nei gruppi: insegnamento (89%), linguistico (85), letterario (70) e psicologico (64) - indichiamo questi gruppi come lauree da femmina. Osserviamo gli esiti del percorso formativo: nella graduatoria per voto di laurea al primo posto troviamo le femmine con laurea da femmina (voto medio 105,2), al secondo posto le femmine con laurea da maschio (103,3), al terzo posto i maschi con laurea da femmina (102,6) e al quarto posto i maschi con laurea da maschio (101,2). Questa graduatoria però si rovescia, e le posizioni si invertono, se osserviamo le percentuali di coloro che hanno un lavoro stabile (tre anni dopo la laurea): qui troviamo al primo posto i maschi con laurea da maschio, seguiti dai maschi con laurea da femmina, poi dalle femmine con laurea da maschio e infine dalle femmine con laurea da femmina. L’ordinamento non cambia osservando le percentuali di coloro che sono occupati in posizioni dirigenziali o imprenditoriali, o le percentuali di coloro che percepiscono un reddito elevato (maggiore di 1.500 euro). La lettura di questi dati pone un duplice problema: a meno di non ritenere che i maschi siano inferiori alle femmine per intelligenza, la peggior performance scolastica dei maschi deve essere spiegata; a meno di non ritenere che le femmine siano inferiori ai maschi per intelligenza, il sottoutilizzo della componente femminile nelle posizioni apicali della gerarchia impone un costo alla società. La teoria dei tornei insegna che la competizione per la carriera funziona bene come meccanismo allocativo del talento individuale solo se i tornei sono simmetrici, cioè se tutti gli agenti devono sostenere lo stesso costo-opportunità per l’impegno erogato nella competizione (altrimenti il torneo è impari) e se tutti gli agenti sono trattati equamente dalle regole della competizione (altrimenti il torneo è ingiusto). In realtà, però, né i tornei che governano le carriere scolastiche né quelli che governano le carriere professionali sono simmetrici; in entrambi i casi la competizione tra i sessi è una lotta impari: nella scuola sono avvantaggiate le femmine, perché per loro il costo-opportunità dell’impegno è più basso a causa del differenziale salariale di genere; nel mondo del lavoro sono avvantaggiati i maschi, perché in questo caso le responsabilità del lavoro domestico e di cura che gravano prevalentemente sulle femmine rendono il costo-opportunità del loro impegno maggiore di quelli maschi. Ne consegue che, a parità di intelligenza, le femmine spendono un maggior impegno nella competizione scolastica e ottengono risultati migliori dei maschi; nei tornei per la carriera invece, a parità di intelligenza, sono i maschi che si impegnano di più e ottengono maggiori promozioni e maggiori salari. [...] I tornei asimmetrici falliscono nel loro compito allocativo (cioè non riescono ad abbinare la persona giusta al posto giusto). Per rimediare a questo inconveniente la società può adottare programmi di azioni positive, ovvero provvedimenti di politica economica che promuovono la realizzazione di tornei con regole ingiuste (quote) che possano compensare i gruppi svantaggiati del maggior costo di partecipazione alla competizione. [Ovviamente] la prescrizione si applica se e solo se il beneficio che ne deriva è maggiore del costo. Luisa Rosti