André Glucksmann Corriere della sera magazine, 26/08/2004, 26 agosto 2004
In Cecenia va in onda il Truman Show di Putin, Corriere della sera magazine, 26/08/2004 «Lasciate ogni speranza, o voi che entrate»
In Cecenia va in onda il Truman Show di Putin, Corriere della sera magazine, 26/08/2004 «Lasciate ogni speranza, o voi che entrate». Citazione da Dante, all’entrata di un checkpoint russo a Grozny. Rassicuriamoci, fratelli d’Europa. Tutto va per il meglio nel migliore dei mondi. Devo confessare per un attimo, ho avuto paura che, tollerando alle nostre porte una guerra coloniale di sterminio senza dire una parola, non ci fossimo venduti l’anima. Ho avuto paura che, invitando alla propria tavola, come un fratello, un ex ufficiale del Kgb il cui esercito sta massacrando un intero popolo, i nostri dirigenti avessero vilipeso i principi basilari del progetto europeo. Ho avuto soprattutto paura per quei civili abbandonati al mondo, quando il museo dell’Olocausto a Washington ha messo la Cecenia al primo posto dei suoi ”Genocide Watch” (Osservatorio Genocidi). Ho avuto infine paura quando, nascosto in questo Paese martire, ho visto alla televisione Vladimir Putin che si pavoneggiava a Roma, a Madrid e a Berlino. Ho avuto paura, ma sbagliavo. Eccomi rassicurato, possiamo tornare ai nostri dibattiti e ai nostri trastulli sull’imperialismo americano, Guantanamo, Wall Street e sugli Ogm perché, ammettiamolo, non ci agitiamo che per queste cose. L’opinione pubblica mondiale fa bene a non preoccuparsi affatto del calvario di circa un milione di Ceceni: non esistono. Niente da vedere, niente da segnalare. Grozny, prima capitale europea completamente rasa al suolo dopo Varsavia nel 1944? Decine di migliaia di morti e centinaia di migliaia di profughi? Gli ammazzamenti, gli stupri, le zatchistkas (operazioni di pulizia), le torture dei ”campi filtro”, le carneficine di Grozny, Vedeno o Komsomolsk? «Dicerie!». Come ha detto Silvio Berlusconi. A Grozny va tutto bene. Le elezioni presidenziali sono state fissate per il 29 agosto, tutti i candidati autorizzati sono a favore del Cremlino, gli altri coraggiosi sono stati eliminati. Potete esserne sicuri, la partecipazione sarà imponente anche se nessuno andrà alle urne. Il candidato ”buono”, il generale Alu Alkhanov, trionferà sovieticamente. Va tutto bene, in centro sono state ricostruite due strade. Va tutto bene. Giornalisti e fotografi occidentali sono invitati a verificarlo durante le visite guidate dall’Fsb (ex Kgb). I poteri totalitari e post-totalitari hanno sempre chiamato le proprie imprese criminali con antifrasi stupefacenti, dall’«Arbeit macht frei» alla «campagna di pacificazione» degli estremisti hutu ruandesi nel 1994. L’«operazione anti-terrorismo» (massicci bombardamenti e massacri di civili) di Vladiinir Putin in Cecenia e la «normalizzazione» (rapimenti, sparizioni, torture, campi di concentramento) che ne consegue non sfuggono alla regola orwelliana del «la guerra è pace e la libertà è schiavitù». Il nuovo zar s’ispira alle tradizioni moscovite e ha convertito l’Fsb, zoccolo duro del suo potere, in un’«agenzía di viaggi». Caterina II aveva i suoi «villaggi Potemkin», i dirigenti sovietici i loro viaggi organizzati attraverso la patria del proletariato. Vladimir Putin ha la sua Grozny «normalizzata». A nessun giornalista viene permesso di recarsi in Cecenia senza essere «guidato». Correrebbe il rischio di perdersi e di cascare sopra un carnaio, su militari ubriachi che taglieggiano una vecchia o su miliziani che si portano via le ragazze giovani e belle per il loro capo, o per se stessi. Insomma, rischierebbe di cascare su delle «dicerie». Ecco i cliché di un giro turistico offerto dall’Fsb al centro dell’Inferno. Ecco a voi le immagini della nuova Pravda (verità) di una Russia che si situa «in prima fila tra le democrazie per il rispetto dovuto ai popoli in primo luogo, per il dialogo tra le culture e, semplicemente, per il rispetto degli altri», secondo Jacques Chirac (San Pietroburgo, giugno 2003). Prima foto: manifesti di propaganda. Con in omaggio una citazione del generale Ermolov, grande massacratore di caucasici di fronte all’Eterno: «Non ci sfugge più alcun luogo di questa terra cecena. Siamo qui per l’eternità». Ermolov è l’uomo che confessò a Nicola I di non poter dormire tranquillo finché un solo ceceno fosse rimasto in vita, perché, diceva: «Questo popolo ceceno ispira col proprio esempio uno spirito di ribellione e d’amore per la libertà perfino nei soggetti più devoti alla Vostra Maestà». «Siamo qui per l’eternità». La ricetta Ermolov è semplice ed efficace: per affermare la propria onnipotenza, lo Stato deve e dovrà colpire forte nel Caucaso. Presto saranno tre secoli di guerre concepite come altrettante imprese pedagogiche dirette allo stesso popolo russo. Ogni volta che il Cremlino intende restaurare la «verticale del potere» tanto cara a Vladimir Putin, schiaccia la Cecenia. Ermolov fa referenza. I rossi avevano eretto una statua del generale zarista nel cuore della capitale cecena. Vladimir Putin, garante della «soluzione finale» del problema ceceno (secondo le esatte parole di Boris Eltsin nel 1999) per il momento si limita ad affiggere citazioni. Senza dubbio per timore che la statua salti in aria, malgrado la «normalizzazione», così come è saltata, il 9 maggio 2004, la sua marionetta cecena Akhmad Kadyrov, grande ammiratore di Saddain Hussein. Ma sto divagando, perché, secondo il signor Putin, la guerra è finita. stata perfettamente digerita in Occidente, dove si finge di credere alle calunnie del Cremlino sui legami tra Al Qaeda e la resistenza cecena guidata dal presidente eletto Aslan Maskhadov, un moderato anti-wahabita che si è complimentato con gli Stati Uniti per la deposizione e l’arresto del tiranno di Baglidad. Ormai la Russia (con il suo esercito) sarà di nuovo qui, «per l’eternità». E, di nuovo, è giunto il tempo di «normalizzare». Lascio a Layla Zakrieva, giovane e bella studentessa di Grozny, il compito di commentare le fotografie della sua città che rinasce, l’antica fiorente capitale del Caucaso, oggi ribattezzata «Griazny Grozny» («Grozny la lurida») dalle ombre che ne abitano le rovine. Cominciamo dal ritratto di Ranizan Kadyrov, nei suoi lussuosi uffici di Goudermès. Quest’uomo incolto e sanguinario è stato nominato da Mosca vice-primo ministro della Cecenia dopo la morte di suo padre. «Gli uomini di Ranizan Kadyrov spalleggiano le truppe federali durante le zatchistkas (rapimenti, taglieggiamenti, stupri, esecuzioni arbitrarie) che scandiscono le notti di Grozny. 2 ciò che Putin definisce la ”cecenizzazione” del conflitto. Ho un amico che ha chiesto lavoro agli uomini di Rainzan. Gli hanno detto che ali avrebbero dato mille dollari al suo ingresso nella milizia e che, in seguito, avrebbe dovuto procurarsi i soldi da solo, cioè rubarli ai civili nel corso delle zatchistkas. Prima di arruolarlo, l’hanno sotto osto a una finzione che illustrava la ”normalizzazione”. Doveva recitare la parte di un combattente di Maskhadov che consegnava il fucile alle autorità filo-russe davanti alle telecamere della televisione. Era anche un modo di fare presa su di lui, perché non riferisse quello che avrebbe visto. Semplicemente, da noi tutto è diventato falso, siamo condannati a sopravvivere nella menzogna. Solo i morti e le battaglie sono veri, ma non bisogna parlarne». Durante la prima guerra (1994-1996), i russi facevano finanziare da società di prestíto occidentali la ”ricostruzione” di una città che stavano ancora radendo al suolo. Ai nostri giorni, i soldi continuano ad arrivare. Ecco perché l’Fsb esibisce davanti ai giornalisti una via ricostruita nel centro di Grozny. Layla Zakrieva sfoggia un sorriso stupito: «Conosco bene quella via. Vi si concentrano lo stabile della Gazprom (il gigante petrolifero russo) e il quartier generale della milizia. Non devono essere molti i civili che ci vivono! Pochi metri più in là, all’angolo della via, tutto è in rovina, un terreno abbandonato abitato dai ratti. Del resto, si può scorgerlo sullo sfondo della fotografia. Io e mia madre, per esempio, il nostro stabile non ha più il tetto e sono già due anni che aspettiamo la ”ricostruzione”. Gli abitanti di Grozny vivono davvero come nel Medioevo. strano, perché prima qui c’era di tutto. Cinema, caffè, piazze illuminate di notte. Eravamo in Europa». L’’agenzia di viaggi” ha previsto una puntata all’’Istituto del Petrolio”. «Capisco perché non siano andati all’Università. Ci ho passato cinque anni, è ben lontana dall’essere ricostruita, quella. I pochi locali risparmiati dai bombardamenti non sono riscaldati, e dividevamo le aule con studenti di altre materie. Ve lo figurate un corso di francese, un corso d’inglese e un corso di tedesco tenuti nello stesso momento e nella stessa classe? E poi all’Università hanno sì qualche computer, ma agli studenti non è permesso usarli». Layla Zakrieva ride sommessa. «L’unica cosa vera di queste foto, in effetti, sono i vestiti delle ragazze. Mi sono veramente stupita quando ho visto che parecchi europei ci assimilavano ai musulmani arabi. Sapete, certi combattenti arabi hanno davvero cercato d’impiantarsi qui da noi, ma la cosa non è durata. Tutti li hanno subito detestati. Le nostre tradizioni sufiche e di clan vietano a chiunque di esigere che una ragazza si vesta in questo o in quell’altro modo, o che un uomo interpreti l’Islam. in tale o tal altra maniera. Un giorno a Grozny, nel quartiere Katayama, un ragazzo convertito al wahabismo si è messo a insultare e a minacciare i ”miscredenti”. Quando è diventato pericoloso, i suoi stessi fratelli hanno finito per ammazzarlo. Da noi le tradizioni hanno sempre contato di più della religione, e l’han no sempre tenuta a bada». La situazione in Cecenia non è ”normalizzata” e il Cremlino, sulle montagne del Caucaso, non sta facendo la guerra al terrorismo internazionale. Tutti i nostri dirigenti lo sanno, e tuttavia continuano ad accondiscendere alle stupidaggini russe. Più la menzogna è garossa, più lascia tracce. L’unico presidente legittimo, Aslan Maskhadov, ha reso pubblica la composizione del suo nuovo governo, formato esclusivamente dall’ala liberale e laica della Resistenza. Ha nuovamente affermato: «Gli Stati Uniti non sono nostri neinici». Sono due anni che va proponendo un piano di pace che prevede un cessate il fuoco, l’invio di truppe occidentali in Cecenia e il disarmo dei suoi stessi soldati in cambio del ritiro dell’esercito russo. La resistenza cecena combatte per evitare lo sterminio del suo popolo, non per l’Islam... Alcuni giovani, resi folli dalla disperazione, si sono dedicati ad attentati contro i russi, ma non vi sono stati spinti né da un’ideologia fanatica né da una crociata internazionale. E, per il momento, stanno trattenendo il proprio furore. Fino a quando? La Cecenia è una terra del non-diritto, coperta da una griglia di decine di migliaia di uomini armati che vivono alle spalle degli abitanti. L’Fsb vi sta sperimentando un sistema politico basato sull’abolizione del principio di realtà e sulla sottomissione per mezzo del terrore di ogni voce discorde. La seconda vittima della guerra del signor Putin, dopo la popolazione cecena, è la verità col suo garante, la stampa libera e indipendente. Soltanto persone rare e preziose come Anna Politkovskaia rischiano la vita per descrivere la realtà disumana di questa guerra coloniale. La televisione indipendente Ntv ha dovuto arrendersi per aver deviato dalla linea ufficiale sulla Cecenia. Da allora, i media ripetono docilmente la propaganda del Cremlino. Come ai bei vecchi tempi. Racconta Layla Zakrieva: «Un giorno, alcune centinaia di soldati sono sciamati sul mercato di Grozny. Tutti sono corsi via. Sparavano in aria, si nascondevano dietro le bancarelle, era surreale, perché non avevano di fronte nessuno. E poi ho riconosciuto un’équipe televisiva russa. Alla sera, ho fatto in modo di vedere un giornale. Avevo infatti assistito ad un’operazione antiterrorismo di vasta portata nel cuore di Grozny, conclusa beninteso con un trionfo russo. questo ciò che vedono i moscoviti della seconda guerra di Cecenia». I nostri silenzi e il nostro divagare lasciano andare ogni giorno la Russia alla deriva verso l’autocrazia e il cechismo. Non avrò la sfrontatezza di parlare di quei civili ceceni che abbiamo seppellito vivi nella voragine della nostra indifferenza. Dissotterrare i morti, è cosa da non farsi. E nulla sembra poter svegliare quei viventi che siamo noi. Lasciamo quindi le parole conclusive al signor Putin e al signor Gref, il suo ministro dell’Economia incaricato di ricostruire la Cecenia. Sorvolando le rovine di Grozny dopo la morte di Kadyrov, il nuovo zar esclamò: «Ma è orribile!». Gref annuì e rispose cinicamente: «Già. Si direbbe una scenografia hollywoodiana della Seconda Guerra Mondiale». In effetti è «orribile». il vostro capolavoro, signor Putin, e la vergogna di noi tutti. André Glucksmann