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 2004  agosto 01 Domenica calendario

La regina d’Africa delle Lettere celava un cuore di tenebra, Il Sole-24 Ore, 01/08/2004 Nel 1959 un mio buon amico, Fabrizio Clerici, ebbe l’avventura di conoscere (ma non è la parola giusta) a New York, presso una hostess della buona società, la scrittrice danese Karen Blixen, la quale, nonostante non avesse ottenuto il premio Nobel come tutti (lei per prima) si aspettavano, godeva grande celebrità in America

La regina d’Africa delle Lettere celava un cuore di tenebra, Il Sole-24 Ore, 01/08/2004 Nel 1959 un mio buon amico, Fabrizio Clerici, ebbe l’avventura di conoscere (ma non è la parola giusta) a New York, presso una hostess della buona società, la scrittrice danese Karen Blixen, la quale, nonostante non avesse ottenuto il premio Nobel come tutti (lei per prima) si aspettavano, godeva grande celebrità in America. Era ormai sull’orlo della tomba, ridotta a non più di 35-40 chili di peso dopo non poche operazioni che le avevano tolto mezzo stomaco. Esistono diverse fotografie di questi anni [...] in cui si vedono le sue magnifiche ossa, la figura sorniona, il teschio solcato da pochi capelli ma truccato e drappeggiato di bande gotiche, un’immagine patetica, indimenticabile anche per l’indomita eleganza, ciò che prova come un mostro possa diventare squisito, non bello forse ma sempre chic. Trattandosi dell’ospite d’onore le era stato chiesto se voleva incontrare qualcuno: - Pearl S. Buck - rispose senza esitazione. Si trattava, diciamo così, di una sua collega, autrice di libri eccellenti che aveva invece avuto il premio Nobel. La Blixen venne avvertita che la scrittrice, era felice di vederla ma che, vivendo nel New Jersey, sarebbe arrivata e partita prima dell’orario abituale. Arrivarono ambedue puntuali, la Baronessa con quel distacco con cui cercava di non fare mai dimenticare privilegi e posizione sociale. Si sedette a tavola, non disse parola ad alcuno, mangiò un’ostrica, bevve una flute di champagne. Il tempo passò e a un certo punto Mrs. Buck, come aveva già annunciato, dovette partire. Dopo qualche minuto di misurato silenzio la Baronessa si limitò a chiedere, vaga e remota, chi fosse quella simpatica donna. Come spiega il saggio di Ole Wivel, di cui oggi parliamo (Karen Blixen, un conflit personnel irrésolu, Acts Sud, Parigi 2004, pagg. 186, euro 26,00), tali atteggiamenti erano messi in atto per rendere misteriosa, addirittura incomprensibile, una donna insicura, malinconica persino disperata [...]. C’è un che di artificioso, di morboso sia nei fatti noti della sua vita sia nelle atmosfere rarefatte dei suoi scritti. L’affettazione non è necessariamente nemica della schiettezza, anche se la risposta a questa incongruenza non si trova nel saggio. Ammettiamolo, questo lavoro non risulta quasi mai del tutto sincero. Non si fa cenno ad esempio ai gusti saffici della protagonista: ci si limita ad accennare, senza spiegare, alle incertezze sessuali di Denys Finch-Hatton, figura centrale del famoso romanzo Out of Africa. A quanto pare la Baronessa amò Denys sinceramente e con lui stava per avere un figlio ma quando gli inviò un telegramma per annunciargli la novità ebbe in risposta un altro telegramma in cui la si pregava di annullare un arrivo non desiderato. Su questi argomenti non si troverà altro nell’intero volume ed è dunque opportuno che io ricordi qui un aneddoto che mi fu raccontato da un altro amico, Indro Montanelli. Questi si trovava a Copenaghen, agli inizi degli anni Quaranta, come inviato di guerra e si era incapricciato di una bella ragazza di buona famiglia. Un giorno si sentì chiamare dal portiere dell’albergo in cui alloggiava annunciandogli la visita di un’elegante signora. Scese, non senza meraviglia poiché non conosceva quasi nessuno in città, per trovarsi di fronte a una donna ancora di gradevole aspetto e non all’affascinante scheletro dei suoi ultimi anni. Dopo brevi frasi di circostanza la Baronessa gli disse brutalmente che se non smetteva immediatamente di importunare la sua cugina avrebbe fatto in modo che gli fosse revocato il permesso di soggiorno in Danimarca. - Capii subito - mi disse Montanelli -, che c’era poco da scherzare con quella virago gelosa, abituata a comandare e a essere ubbidita. Diceva a tutti di rimpiangere l’Africa ma aveva solo nostalgia degli schiavi che aveva frustato e delle belve che aveva ucciso per vent’anni. Ubbidii anch’io. Karen Dinesen nasce nel 1885 in una proprietà di campagna non troppo lontano da Copenaghen, lo stesso luogo in cui il destino la farà morire 77 anni più tardi. La famiglia fa parte dell’alta borghesia facoltosa e non manca di nevrosi irrisolta se il padre muore suicida non ancora cinquantenne nel 1895. Karen studia a casa con professori privati, segue lezioni di pittura per la quale ha un certo talento (non sempre un talento certo), si innamora di qualche conte e di un barone svedese ma finisce per sposare il fratello di questi, Bror Blixen, recandosi appositamente in Africa sul fare del 1914. L’anno seguente inizia a occuparsi della fattoria nei pressi di Nairobi che aveva acquistato assieme al marito, dei suoi negri (come era d’uso dire), di vivere con fasto e distinzione una vita assai scomoda, di uccidere leoni che amava sentire ruggire la notte e di curare la sifilide che il nobile consorte subito le trasmise. [...] Ama, non sempre riamata, il marito, dal quale divorzierà, dopo infinite separazioni e rappacificazioni. Tutto era difficile per una donna che veniva allora considerata estremamente sensuale e quasi per niente sessuale. Nel bene e nel male, fra soggiorni in ospedale, parchi lavori letterari, indomiti sforzi per difendere la casa, i servi, le migliaia di ettari cui dedicava la vita e il tragico incontro con Denys passano i tempi. Il 1931 è il suo annus horribilis: Denys muore in un incidente aereo nello stesso momento in cui si vede costretta a disfarsi delle sue proprietà e a far ritorno in patria. Ma il risultato sfolgorante di tanto dolore sarà uno dei libri più amati del ventesimo secolo e la costruzione di un personaggio d’eccezione. Divenne la Grande dame del Nord, esule ovunque, creatura bizzarra quasi inafferrabile come il suo corpo emaciato, via via quasi traslucido.  straordinario come attraverso una lunga fatica intellettuale sia riuscita a imprigionare nelle pagine terse e fragili come la sua persona, le nebbie e le ambivalenze degli esseri umani e del loro destino rendendo credibile ciò che non risulta comprensibile. Le sue sono verità più degne del cuore che della testa benché proposte con una forza eterea: diventa così una vera e propria story teller, come diceva di sé lei stessa [...]. Tutto ciò spiega la sua furibonda ammirazione per Pearl S. Buck e per il libro di questa, Pavillon of Women. Qui si parla mirabilmente di una donna saggia e contraddittoria, Madama Wu, che potrebbe ben incarnare l’ideale femminile della Blixen. Intrigante e manipolatrice, Madama Wu, guidata alla fine dalla forza rigeneratrice di un sentimento che non conobbe mai del tutto pur avendolo sempre inseguito, l’amore, dare per dare come sublimazione dell’anima e lontananza del corpo... A chi è dato averlo? Non certamente, purtroppo, alla nostra Baronessa. Alvar González-Palacios