Varie, 4 gennaio 2006
IGORT
IGORT (Igor Tuveri) Cagliari 26 settembre 1958 • «’Gli autori devono avere il tempo di essere”. Sembra un haiku, una poesia giapponese che evoca senza descrivere, ma sono parole di un sardo, Igor Tuveri, per tutti Igort, fondatore di Coconino Press, editore in Bologna [...] Agli inizi degli anni Novanta, una delle maggiori case editrici giapponesi, Kodansha, gli offre un soggiorno-premio: è il primo autore occidentale di fumetti a disegnare un manga. Per lui è un’occasione unica per vedere da dentro la macchina editoriale nipponica. Al suo fianco, un editor esigente e coltissimo, Yasumitsu Tsusumi, ”con un modo di ragionare - spiega Igort - estremamente complesso, profondo e diretto per arrivare al cuore, è stato come incontrare Hitchcock che si interessa al mio mondo”. A Tokyo, Igort impara che un editore lavora non sui libri, ma sugli autori: ”Bisogna saper essere fedeli, saper essere lenti per permettere loro di esprimersi ed essere compresi dai lettori” [...] la storia di Igort nasce da una rivoluzione. Nel 1983 a Bologna - con Lorenzo Mattotti, Giorgio Carpinteri, Daniele Brolli, Marcello Iori e Jerry Kramsky - fonda Valvoline, un gruppo di autori italiani apparentemente eterrogenei, cementato da un furore iconoclasta contro le regole e l’anacronismo dei fumetti tradizionali. ”Avevamo poco più di vent’anni - dice Igort - e il fumetto non corrispondeva alla nostra vita”. Le loro tavole si aprono a contaminazioni con la musica, il cinema, il design, il futurismo, il costruttivismo russo, le stampe tradizionali giapponesi, le atmosfere latino-americane [...] Contemporaneamente Igort suona con gli Slava Trudu e conduce programmi radiofonici [...] ”[...] sono fondamentalmente un disegnatore di situazioni. E poi per me, come per Simenon e come molto banalmente credo sia per tutti, esiste uno stato di trance, le cose escono. Seguo delle piste che non conosco, che decodifico in seguito [...] Nei miei primi dieci libri preferiti non c’è un mio titolo: quello che voglio è entrare in classifica”» (Domenico Rosa, ”Ventiquattro” settembre 2003).