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 2006  gennaio 04 Mercoledì calendario

Maiorano Antonio, di anni 49. Calabrese, mite, lavoratore, sposato, padre di due bambini di anni 11 e 4, faceva l’operaio forestale a Pola

Maiorano Antonio, di anni 49. Calabrese, mite, lavoratore, sposato, padre di due bambini di anni 11 e 4, faceva l’operaio forestale a Pola. Due mercoledì fa, raggiunse come al solito la postazione delle squadre antincendio vicino allo stadio comunale. Una pausa seduto coi colleghi a far quattro chiacchiere, e due ragazzi in motorino passarono scaricando una calibro 9 che gli sforacchiò volto e petto. Acciuffati dalla polizia, i balordi confessarono d’averlo scambiato con un noto pregiudicato locale appartenente alla cosca Serpa impiegato là anche lui. La mattina di mercoledì 21 luglio, in un cantiere del Consorzio Valle Laio di Scalea, a Pola, provincia di Cosenza. Morganella Tommaso, di anni 48. Campano, agricoltore, sposato a una Polvere Antonietta, di anni 49, contadina pure lei, con la quale viveva in un casolare di campagna nel benevantano assieme alla figlia ventisettenne Carmela e a un Gagliarde Michele, di anni 79, pensionato, disabile, ospite loro, che l’assistevano da qualche tempo in cambio della di lui pensione. Una familiarità con la depressione, ultimamente il Morganella era preoccupato per via di un ordine di sgombero dalla vecchia casa fatiscente, che s’aggiungeva all’ossessione della gelosia sempre provata nei confronti della consorte. Solito tormentarla con elenchi di immaginari amanti, di recente s’era convinto che lei avesse una relazione col giovane parroco del paese, che aveva anche minacciato più volte. Il prete l’aveva segnalato alla polizia senza denunciarlo. Due giovedì fa, mentre stava in cucina in attesa della cena, prese ad affliggerla coi soliti sospetti che diventarono accuse, rimproveri e urla furiose. Quando ne ebbero abbastanza passarono ai coltelli. La Polvere stramazzò sul pavimento con la giugulare a fette e due buchi al cuore, non prima d’aver a sua volta colpito il consorte al collo (poi lui provvide a finire l’opera sgozzandosi con le sue stesse mani). I cadaveri trovati dalla figlia dopo la mezzanotte, quando rientrò e il Gagliarde l’avvertì che nessuno gli aveva portato la cena. La sera di giovedì 22 luglio, a Pago Veiano, Benevento. Scuteri Mafalda, di anni 44. Napoletana, s’era trasferita in Toscana dove conviveva con un Cucullo Pietro di anni 46, originario di Cosenza, che due lunedì fa, senz’altra ragione che un momento d’angoscia, la raggiunse in camera da letto per farla saltare, ancora vestita, sul letto, la pancia bucata da un fucile da caccia calibro 12, usato per suicidarsi subito dopo essersi disteso accanto a lei. Nella notte di lunedì 19 luglio in un appartamento pulito e ordinato nella frazione di Cuna, Monteroni d’Arbia, a pochi chilometri da Siena. tentativi Una prostituta, di anni 26. Originaria della Sierra Leone, s’era trasferita a Firenze dove non aveva trovato altro per guadagnarsi la vita che un po’ d’amore mercenario. Due domeniche fa arrivò in un appartamento di via Torcicoda per incontrare un Naoum Abdel, di anni 32, marocchino, manovale, qualche precedente penale e un regolare permesso di soggiorno. Numerosi amplessi durante il giorno, d’un tratto non ebbe più la forza di soddisfare la di lui foga amorosa e si rifiutò di proseguire. Quello provò ad insistere prima con le carezze, poi a colpi di martello, lasciandola a terra con un orecchio mezzo staccato, la mano destra fracassata, ferite sparse e un trauma alla testa. La polizia lo acchiappò giovedì 29 luglio a Equi Terme, Massa Carrara, ospite di una maga di 68 anni che l’aiutava a preparar la fuga in nave da Genova. Casualita’ Mandieta Moreno Angela, di anni 41. Ecuadoriana, occhi neri, capelli scuri, allegra, un paio di gemelli ventenni al suo paese che aveva lasciato in cerca di fortuna. Viveva a Milano dove badava a una signora novantenne malata terminale. Ultimamente era tutta contenta perché dopo cinque anni sarebbe ritornata finalmente a casa per una vacanza e non pensava ad altro. La testa fra le nuvole, sabato scorso uscì dal lavoro per raggiungere il compagno Segundo, che l’aspettava in macchina, pronta a concedersi una passeggiata al fresco mangiando un bel gelato. L’ascensore del palazzo sempre rotto, decise di usare il montacarichi là accanto. La spia verde accesa e la porta aperta, allungò il passo per fare un volo di venti metri e finire spiaccicata sulla tettoia. Il cellulare a suonare Profondo rosso, la ritrovò il fidanzato qualche ora dopo. Intorno alle 21, 15 di sabato 24 luglio, ottavo piano di via Cilea 120, al Gallaratese, 104 appartamenti alla periferia nord-est di Milano. Nabili Oussama, di anni 11. Marocchino, capelli corti, sguardo dolce nascosto dietro gli occhiali, frequentava la quarta elementare di Torre Pellice dove abitava in una casetta modesta all’ultimo piano della vecchia filanda di via Volta 11 insieme con la famiglia: papà Abdesselam, operaio, in Italia da 14 anni, mamma Fusia, casalinga, il fratello sedicenne Mohamed e una sorellina di anni 3. Finiti gli impegni con la scuola, un’attesa partenza per il Marocco nel fine settimana, martedì scorso, non avendo niente da fare, pensò d’aggregarsi al Mohamed e a un amico suo che andavano a fare qualche tuffo nei dintorni. Attraversò il paese, prese una via Martinat che costeggia il torrente Angrogna, raggiunse un laghetto ai piedi di un grosso castagno e s’avventurò tutto vestito su una linea di ciottoli nell’acqua. D’un tratto perse l’equilibrio, cadde rimbalzando sulle pietre e si lasciò inghiottire dalla corrente ricordandosi di non saper nuotare. Il fratello a tentar di ripescarlo senza successo. Poco dopo le 11,30 di martedì 27 luglio, in un laghetto naturale lungo il torrente che attraversa il centro di Torre Pellice, in provincia di Torino.