Alberto Flores D’Arcais la Repubblica, 22/07/2004, 22 luglio 2004
Deragliamento di una All american girl. la Repubblica, 22/07/2004 New York. Il destino di Mary Kay cambiò in un pomeriggio assolato alla fine di giugno
Deragliamento di una All american girl. la Repubblica, 22/07/2004 New York. Il destino di Mary Kay cambiò in un pomeriggio assolato alla fine di giugno. A bordo del suo minivan Ms. Letourneau girava le strade di Des Moines, piccola cittadina dello Stato di Washington, alla ricerca di un ragazzino di 12 anni. Bionda, carina, un fisico da ”All American Girl” e il sorriso sempre sul volto, Mary Kay, insegnante di scuola media di 34 anni, riuscì infine a incrociare Vili Fualauu. L’adolescente samoano che il marito di Mary Kay, l’assistente di volo Steve Letourneau, tornato come sempre nervoso dall’ennesimo viaggio aereo, aveva bruscamente cacciato di casa: urlando a Mary di occuparsi più dei suoi figli e meno dei suoi alunni. Vili camminava a caso, senza saper bene dove andare, l’aria imbronciata e un po’ arrogante di un bimbo appena diventato teenager, un bimbo che la vita aveva fatto crescere un po’ troppo in fretta. Il padre, un omaccione che si vantava di aver avuto 18 figli da 18 donne diverse lo aveva abbandonato subito, la madre si arrangiava per crescerlo in modo dignitoso, a volte con lavori non troppo ortodossi, e nella puritana Des Moines non mancava chi la accusasse di vendersi per soldi. Mary Kay fa salire Vili nella sua auto, lo abbraccia, lo coccola, lo consola. Vili vede avverarsi il sogno di ragazzino dalla pubertà troppo precoce, lui che ogni notte impazziva ad occhi aperti per Mary Kay: prende coraggio, inizia a baciare la sua bella insegnante e lei lo ricambia con baci fin troppo appassionati. La scena viene bruscamente interrotta dai flash di una macchina della polizia. «Che succede qui?», chiede il poliziotto, perplesso di fronte a quella scena. Mary Kay non si scompone, dà il suo nome completo, spiega al poliziotto il suo lavoro di insegnante, dice che ha il compito di controllare il suo allievo anche di sera perché la madre «lavora fino a tardi», si lascia sfuggire la prima piccola bugia: «Il ragazzo ha 18 anni». Per quanto Vili sia cresciuto, 18 anni sembrano un po’ troppi e il poliziotto ripete la domanda direttamente al ragazzo che confessa di essere minorenne, aggiustando l’età a 14. La strana coppia viene accompagnata alla locale stazione di polizia per accertamenti. La madre di Vili, rintracciata d’urgenza, risponde candidamente all’allibito poliziotto: «Se sta con Mary Kay per me va tutto bene». I due vengono lasciati liberi. Pochi giorni dopo Mary Kay e Vili avranno il primo rapporto sessuale completo, iniziando una storia di amore e sesso (Vili confesserà più tardi di averlo fatto tra le 300 e le 400 volte) che sconvolge l’America, rovina definitivamente un matrimonio già in pezzi, porta a Mary Kay altri due figli (oltre i quattro avuti da Steve), e diventa materia di libri, film, storie tv e tesi di laurea. Una storia chiusa d’autorità dal sistema giudiziario e che il 4 agosto è destinata a riaprirsi. Perché quel giorno Mary Kay uscirà di prigione dopo oltre 6 anni e Vili, ormai maggiorenne, ha annunciato ai giornali che vuole sposarla. In realtà questa complicata storia d’amore tra un ragazzino e la sua insegnante di 21 anni più grande è ancora lontana dal lieto fine. Perché Mary Kay è una «sex offender», una «pedofila», e nella sentenza che l’ha condannata a passare 6 anni in carcere il giudice ha scritto anche che non potrà mai più vivere con bambini, neanche con le due figlie avute da Vili; bambine che stanno crescendo a casa della nonna paterna dove non hanno modo di frequentare neanche il ragazzino-padre, che dopo i suoi momenti di celebrità ha trascorso gli ultimi anni tra furti e piccoli crimini. La vita di Mary Kay ha poco a che fare con quella d’una ”All American Girl”, titolo che è stato dato allo sceneggiato tv sulla sua vicenda. Mary Katherine Schmitz nasce il 30 gennaio del 1962, quarta figlia e prima femmina di un professore di college, John Schmitz, e della moglie casalinga Mary, una coppia di cattolici devoti fin quasi all’ossessione. Quando Mary Kay nacque il padre (baffetti e una vaga somiglianza con David Niven) e la madre (una bellezza bruna) vivevano nella California del Sud, in quella contea di Orange che si vanta di essere una delle più «conservatrici» d’America, un cuneo nel cuore dello Stato «peccatore» che ha come capitali «morali» San Francisco e Hollywood. John è innamoratissimo della prima figlia femmina, lei altrettanto di quel padre che ricorda «sempre con un libro in mano e con la pipa in bocca», che la domenica accompagnava a messa la famiglia con quella grande auto che Mary amava chiamare la «Catholic Cadillac». Quando la bimba aveva 2 anni John inizia una carriera politica di successo che, grazie ad una campagna elettorale ultraconservatrice, lo vede vincere facile nella contea di Orange, portandolo dritto a Sacramento, sede del Congresso statale. Mentre la cattolicissima famiglia cresceva ancora (altre due figlie e un maschietto) crescevano anche le ambizioni politiche di John. Nel 1970 corre per la Camera e diventa un deputato federale. La famiglia si trasferisce a Washington e i coniugi non si accorgono, forse troppo presi dai parties politici e dalla vita mondana della inebriante capitale, che Mary Kay, a 7 anni, veniva già iniziata ai giochi erotici dai fratelli maggiori. I signori Schmitz diventano ancora più conservatori, per reazione ai «permissivi» anni Sessanta; John si inimica subito i nascenti gruppi gay (con insulti pubblici) e nel 1972 decide di correre per le presidenziali a causa di quel Nixon un po’ troppo di «sinistra». Come leader del «partito indipendente» strappa l’un per cento dei voti, un milione di elettori affascinati dal nuovo profeta dei rigidi valori familiari, e le elezioni gli danno notorietà nazionale e il ritorno in California, questa volta in una bella villa a Corona del Mar. Lì, l’11 agosto del 1973, Mary Kay è protagonista involontaria di una tragedia familiare. Il piccolo Philip, tre anni, che le era stato affidato, muore annegato nella piscina. Dirà poi che i genitori l’hanno perdonata, ma alle amiche più care confesserà che gli fecero pesare per sempre il senso di colpa. Gli anni Settanta vedono sbocciare Mary Kay, adolescente dalla bellezza molto californiana. La ragazza ha un carattere forte, impone le cheerleader nella scuola cattolica che frequenta, comincia ad andare ogni sabato sera ai parties, gira sempre più spesso, ammiratissima, con ragazzi più grandi di lei. Il padre è ancora un politico locale di successo, la madre è diventata la star di un talk show conservatore. E mentre la signora Schmitz parla in tv dell’importanza della famiglia unita, della fedeltà, inveendo contro i peccati del sesso fuori dal matrimonio, la famiglia di Mary Kay viene scossa dallo scandalo. Succede che una single mother, una certa Carla, venga accusata di avere abusato di un figlio ancora bambino; le indagini portano a scoprire che i due figli di Carla sono figli «illegittimi» di John Schmitz, il potente senatore della California, il fustigatore di tutti i costumi. John non può più mentire, ma si rifiuta di accudire i bimbi anche quando la madre muore di diabete; i «fratellastri» di Mary Kay (13 e 11 anni) vengono prima affidati a una amica di famiglia e quando anche questa muore a un orfanatrofio. Nei giorni dello scandalo Mary Kay prende le parti del padre, accusa la madre di essere una persona «fredda», una donna insensibile che ha negato al padre ogni affetto costringendolo a cercarsi un’altra. Lei, ormai studentessa in un college dell’Arizona, continua a mietere successi e ragazzi di ogni tipo. al college che conosce Steve Letourneau, un bel ragazzone che piace da matti alle donne. Per l’affascinante Mary Kay è un gioco da ragazzi vincere la concorrenza, anche se il flirt finisce in modo imprevisto, con lei in gravidanza. Da brava cattolica non vuole abortire ma non vuole neanche sposarsi con quel ragazzo che non ama e che le sembra un po’ tonto, certo non all’altezza della sua bravura e della sua intelligenza. Alla fine, pressata dalla madre, lo sposa e insieme si trasferiscono ad Anchorage, dove Steve era cresciuto. Nei freddi dell’Alaska il matrimonio va in frantumi in pochi mesi, con Steve, infedele, sempre appresso ad altre donne e Mary Kay ad allevare quattro figli avuti uno in fila all’altro. Non è quello che le pesa. Lei adora stare con i figli, con i bambini è sempre stata straordinaria. Così straordinaria che nella scuola elementare vicino Seattle (dove nel frattempo i Letourneau si sono trasferiti) tutti i bimbi vogliono andare in classe con lei e i genitori fanno a gara per averla come ospite. Tanto brava che viene promossa a insegnare alle medie ed è lì, in quella nuova classe, che ritrova Vili, quel bambino samoano cosi dotato per il disegno che l’aveva così tanto impressionata alle elementari e cui aveva predetto un avvenire da artista. Da quella serata di fine giugno tutto precipita. Mary resta incinta della prima figlia di Vili. Si confida con un’amica e le confessa che potrà far credere al marito che è un figlio suo solo fino alla fine della gravidanza: «Quando vedrà che è scuro di carnagione, capirà tutto». Steve capisce molto più in fretta, va in giro a raccontare agli amici che sua moglie ha un figlio da un ragazzino di 13 anni, inizia a picchiarla, urla contro il «bambino negro» che lei porta in grembo fino a quando, il 25 febbraio 1997, un cugino di Steve con una telefonata «anonima» denuncia alla polizia che Mary ha rapporti sessuali con un allievo tredicenne. Lo scandalo che era toccato al padre adesso tocca a lei. Nel maggio 1997 dà alla luce Audrey Lokelani (in samoano «rosa del paradiso»). La sua foto finisce sulle prime pagine dei giornali e dei notiziari tv, le arrivano lettere e telefonate minacciose, nella sua scuola gli insegnanti sono sconvolti, i genitori increduli, i bambini traumatizzati. Il suo avvocato raggiunge un accordo con il giudice che la processa: 3 mesi in galera e 6 mesi in un programma di riabilitazione per sex offender, la custodia di Audrey affidata alla madre di Vili e il divieto assoluto di rivedere il ragazzo. Al processo Mary Kay piange e si dispera, ammette le sue colpe, promette di comportarsi bene in futuro e accetta l’accordo. Nel gennaio 1998 dopo i 3 mesi in carcere torna una donna libera. Il 3 febbraio 1998, una volante della polizia che stava facendo dei controlli si accosta ad una Volkswagen dove due persone si stanno scambiando effusioni in intimità. I poliziotti non hanno bisogno di chiedere i nomi, l’identità di Mary Kay e Vili è subito scoperta, i due sono troppo famosi per sfuggire. Tre giorni dopo Mary è di nuovo in tribunale. Questa volta la condanna è pesante, 7 anni. In carcere ne ha già passati più di 6. Grazie alla buona condotta il prossimo 4 agosto uscirà, con qualche mese d’anticipo. Troverà un’America diversa, due figlie ancora piccine che l’aspettano con ansia, un ragazzo ormai uomo che vuole sposarla. Troverà grandi difficoltà e dei giudici poco disposti a rivedere quella che per Mary Kay è una pena peggiore del carcere: la condanna a vivere libera ma senza le bambine. Combatterà l’ennesima battaglia nei tribunali, avrà di nuovo le luci della ribalta puntate su di lei, l’America si dividerà ancora tra chi non ha alcuna pietà per la sex offender e chi spera che il sogno d’amore tra Kay e Vili venga finalmente coronato. Alberto Flores D’Arcais