b, 4 gennaio 2006
E i francesi che s’incazzano: Armstrong non vuol perdere né morire, che poi sono la stessa cosa. E 6! Il Marziano è tornato
E i francesi che s’incazzano: Armstrong non vuol perdere né morire, che poi sono la stessa cosa. E 6! Il Marziano è tornato. Lance Armstrong s’è aggiudicato il suo sesto Tour de France consecutivo: nessuno ci era riuscito prima di lui. Marziano. In Francia lo hanno battezzato Le Roi Americain; in Germania e in Italia lo chiamano Marziano, perché «dà l’impressione di pedalare su un altro pianeta» (Cheo Condina, ”il manifesto” 22/7/2004). Preparazione. Armstrong sapeva che la cronoscalata dell’Alpe d’Huez sarebbe stata decisiva nella conquista del suo sesto Tour: durante l’anno ha provato materiali, studiato il percorso metro per metro fino a impararlo a memoria, un giorno è salito tre volte sull’Alpe per rendersi conto di quale fosse la miglior cadenza per affrontare la salita (Gianfranco Josti, ”Corriere della Sera” 22/7/2004). Schiavi. «Io sono lo schiavo del Tour, faccio tutto in funzione del Tour» (Armstrong) (Gianni Mura, ”la Repubblica” 23/7/2004). Pagaiate. Lance Armstrong nasce in Texas nel 1971. La madre, Linda, ha 17 anni; il padre che gli «ha trasmesso il Dna» non lo conosce. Dell’uomo che, adottandolo, gli ha dato il cognome, ricorda solo le pagaiate che riceveva quando compiva qualche marachella. A 16 anni fa dei test alla Cooper Clinic di Dallas: nessuno ha ancora dimostrato di avere la sua stessa capacità polmonare (Gianfranco Josti, ”Corriere della Sera” 24/7/2000). Oslo. Armstrong scopre la bici nell’85 dopo aver praticato football americano, baseball, basket, nuoto e triathlon. Proprio in una gara di questa specialità viene notato da un tecnico della federazione e inserito nel gruppo dei dilettanti per Barcellona. Ai Giochi non ha fatto una gran figura (14esimo). Nel 1993, a Oslo, vince il Campionato del Mondo su strada (Gianfranco Josti, ”Corriere della Sera” 30/8/1993). Elmetti. «Una morte lenta non fa per me. Io voglio morire a cent’anni, avvolto in una bandiera americana e con una stella del Texas sull’elmetto, dopo aver superato la discesa di un passo alpino a 120 chilometri all’ora» (Agnese Codignola, ”L’espresso” 20/7/2000). Battiti. Si allena a Solvang, paesino a due ore d’auto da Los Angeles. Passa 7 ore in bici ogni giorno. Il responsabile della squadra, Johan Bruyneel, ogni tanto prova a mettergli alle calcagna un paio di ragazzi, per farli crescere. Il ritmo di lavoro di Lance li ammazza e così lui si allena da solo due volte la settimana. Il fisiologo Ed Coyle, dell’Università del Texas: «Lance sviluppa il 6% di potenza in più rispetto a quando aveva 21 anni. Ha 32 battiti al minuto al riposo, polmoni fuori dal comune, la capacità di ridurre al minimo la produzione di acido lattico. In bici può mantenere una media di 35 miglia orarie (oltre 56 km/h) per 60 minuti di fila. Un atleta di college in forma resisterebbe al massimo 45 secondi. Dopo 20 avrebbe le prime allucinazioni. A 40 rischierebbe di vomitare» (Riccardo Romani, ”Vanity Fair” 8/7/2004). W Coppi. Coppi è il mito ciclistico di Lance Armstrong: «Era un personaggio più grande del ciclismo. Era una vera star. L’altro giorno mi sono allenato con Sciandri su una salita vicino a Pistoia ed ho visto una scritta W Coppi. Poi ho volato fino a Lugano e vicino all’aeroporto ho visto la via Fausto Coppi» (Pier Bergonzi, ”La Gazzetta dello Sport” 19/3/2004). Sette giorni. Quel giorno di ottobre del ’96, al reparto oncologico del Saint Davis di Austin: «Tumore al testicolo destro», dice il dottor Reeves. Lo operano d’urgenza, poi il primo ciclo di chemio. Non basta: ha metastasi a polmoni e cervello. «Ho pianto per 7 giorni, ho chiesto ai medici quando sarei morto. Poi mi sono detto: posso farcela». Un’altra operazione, altri 4 cicli di chemio, il corpo si svuota, i capelli cadono. E ancora l’ostinazione: «Posso farcela» (Goffredo Buccini, ”Corriere della Sera” 26/7/1999). Cancro. «Onestamente credo che il cancro sia la miglior cosa che mi sia capitata. Non so perché mi sono ammalato, ma so che la malattia ha prodotto cose meravigliose. Sia chiaro: ci sono due Armstrong, prima e dopo» (Gianfranco Josti, ”Corriere della Sera” 24/7/2000). Well, it works. «Funziona bene»: così Armstrong a chi gli domandava notizie sul suo desiderio sessuale (e sulla possibilità di avere figli) dopo la malattia che gli costò l’asportazione del testicolo destro (Annalisa Angelucci, ”Corriere della Sera” 11/1/1997). Sperma. Prima di iniziare la chemio, va alla banca dello sperma di San Antonio. In quel momento non conosce neppure quella che sarebbe diventata sua moglie. padre grazie all’inseminazione artificiale: «Volevo diventarlo, ma avevo sempre pensato che sarebbe successo quando sarei stato innamorato» (Giancarlo Padovan, ”Corriere della Sera” 19/7/2001). Kristin. Nel maggio 1998 si sposa con Kristin, conosciuta quando stava male. il primo motivo per cui considera la malattia «una benedizione»: hanno concepito tre figli in vitro. Lei chiama sé stessa e il marito «i due miracolati» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 29/7/2002). Chemio. Quando sembra finito gli sponsor lo abbandonano. Ma il 51enne Eddy Merckx vola ad Austin per aiutarlo negli allenamenti: «Quando sono risalito in sella non avevo più forze. Riusciva a starmi dietro perfino il mio gatto: perciò l’ho chiamato ”Chemio”» (Goffredo Buccini, ”Corriere della Sera” 26/7/1999). Donne. Da qualche mese Armstrong ha una nuova donna, la cantante Sheryl Crow: «Mi interessa molto la vicenda della Dama Bianca, perché adesso parlano di Sheryl come della mia Dama Bianca. Lei s’arrabbia. Io rido» (Pier Bergonzi, ”La Gazzetta dello Sport” 19/3/2004). Pollo. Dieci anni fa per scommessa ingoiò una montagna di pollo in salsa messicana al ristorante ”Chuy” di Austin (Riccardo Romani, ”Vanity Fair” 8/7/2004). Similitudini. «Non so cosa si prova a perdere il Tour, perché da quando sono guarito non m’è mai successo. Ma se così fosse, conoscendomi, probabilmente mi direi di provarci ancora. Perché quando ero malato non volevo morire. Quando corro, non voglio mai perdere. Morire e perdere sono la stessa cosa» (Paolo Tomaselli, ”Corriere della Sera” 29/2/2004). Minuti. «Sostengo il mio presidente George Bush, il che non significa che ne condivida le scelte in politica internazionale. vero, come americano potrei essere un bersaglio per qualcuno al Tour, ma io non ci penso. Certo se mi sparassero perderei un sacco di minuti» (Riccardo Romani, ”Vanity Fair” 8/7/2004).