Il Venerdì di Repubblica 23/12/2005, pag.25-31 Paola Zanuttini, 23 dicembre 2005
Chi mangia l’anguilla al cenone ”giustizia” il serpente di Eva. Il Venerdì 23/12/2005. Se, in moltissime culture, il serpente è un simbolo di vita eterna e continuità, sulla tavola degli italiani tocca al capitone assolvere questa funzione
Chi mangia l’anguilla al cenone ”giustizia” il serpente di Eva. Il Venerdì 23/12/2005. Se, in moltissime culture, il serpente è un simbolo di vita eterna e continuità, sulla tavola degli italiani tocca al capitone assolvere questa funzione. L’immagine circolare della serpe che si mangia la coda rappresenta il tempo che rinasce, ma al povero capitone tocca anche incarnare il maligno tentatore che mise nei guai Eva e con lei tutta l’umanità. Quindi bisogna esorcizzarlo, sacrificarlo, mangiarselo, insomma. Perché assumere dentro di sé l’elemento inquietante è un atto di potente valore apotropaico. Cioè, scaramantico. Tradizione diffusa in molta parte d’Italia con punte parossistiche a Napoli. L’anguillona sacrificale fa la sua invisibile apparizione anche in Natale in casa Cupiello di Eduardo: nel secondo atto sfugge (dalla finestra) alla padrona di casa che, tentando di farle la festa, scivola e batte la testa. Terribile auspicio che si invera nel terzo atto. Secondo un’altra interpretazione, più pragmatica, l’anguilla è il cibo d’elezione natalizio perché è un pesce d’acqua dolce e di pantano che si pesca anche quando il tempo è brutto e le barche non possono uscire in mare.