Corriere della Sera 02/01/2006, pag.25 Sergio Romano, 2 gennaio 2006
Quando le fotografie non dicono la verità. Corriere della Sera 02/01/2006. Ho letto sul Corriere del 24 dicembre che la fotografia della famiglia reale spagnola, utilizzata per gli auguri di Natale, è stata in parte aggiustata
Quando le fotografie non dicono la verità. Corriere della Sera 02/01/2006. Ho letto sul Corriere del 24 dicembre che la fotografia della famiglia reale spagnola, utilizzata per gli auguri di Natale, è stata in parte aggiustata. Sono contrario a tali manipolazioni, anche se so quanto sia difficile fotografare decentemente tre bambini insieme, figuriamoci sette. Ma desidero denunciare situazioni ben più gravi. Sta dilagando la moda della manipolazione di immagini di cui vengono modificati non solo la luminosità e il contrasto, ma persino le forme e i contenuti. Chiunque è pratico di computer sa che con Photoshop o similari, si può fare di tutto, anche trasformare un paesaggio montano in uno marino. Siamo solo agli inizi della foto digitale e delle sue manipolazioni. O proviamo a mettere qualche paletto ora, oppure dopo non sarà più possibile: tra non molto non sapremo più se le foto proposte saranno reali o false, e di conseguenza la fotografia perderà il suo fondamentale valore di documentazione. Raniero Massoli-Novelli Caro Massoli-Novelli, ciò che lei dice vale anche per la fiction cinematografica. Grazie agli effetti speciali resi possibili dalla tecnologia digitale, certi film, anche se i protagonisti hanno carne e ossa, sono diventati in realtà disegni animati. Ma il pericolo che lei denuncia è vecchio quanto la fotografia. Cominciò sui campi di battaglia, quando i vincitori chiesero ai fotografi di «mettere in scena» lo spettacolo dei loro trionfi. Dall’ingresso dei bersaglieri a Roma attraverso la breccia di Porta Pia, alla bandiera che un soldato dell’Armata rossa innalza sul tetto del Reichstag dopo la presa di Berlino, sono rari i momenti gloriosi che non siano stati trattati come un evento teatrale. Siamo davvero certi che Robert Capa, il grande fotografo americano di origine ungherese, fosse casualmente pronto con il suo apparecchio fotografico nel momento in cui un miliziano spagnolo cadeva all’indietro, colpito da un fucile franchista? O non è piuttosto probabile che egli abbia ricostruito, con l’aiuto di una volenterosa comparsa, un episodio di cui era stato forse testimone qualche tempo prima? Accanto alle fotografie «messe in scena» appaiono molto rapidamente quelle sfrontatamente truccate. Uno studioso francese, Alain Jaubert, ha compilato qualche anno fa uno straordinario catalogo di immagini riviste e corrette. Divennero moneta corrente, sin dagli anni Venti, nei Paesi in cui il potere incarnava la Verità e occorreva che la documentazione storica ne fosse lo specchio fedele. Se Stalin si sbarazza di Trotskij e lo costringe all’esilio, il nome e l’immagine di quest’ultimo devono scomparire dai libri di storia, dalle enciclopedie e da qualsiasi documento fotografico. Se Radek, Kamenev, Zinovev e Bucharin vengono dichiarati «nemici del popolo», la condanna, irrevocabilmente retroattiva, esige che la loro immagine venga dannata, cancellata, espurgata. Jaubert organizzò con la sua raccolta una splendida mostra e pubblicò un libro («Commissariato degli Archivi») che venne tradotto anche in italiano. relativamente facile scoprire, prima o dopo, un falso materiale. molto più difficile, invece, scoprire un falso «ideologico», vale a dire quello di una immagine in cui la scelta del particolare importante in una scena affollata da numerose vicende risponde agli scopi del fotografo, alle sue convinzioni o ai suoi istinti. Molte fotografie scattate quando una manifestazione di no global si scontra con la polizia non sono meno partigiane dei commenti «schierati» che appaiono il giorno dopo sui giornali di sinistra o di destra. Contro queste manipolazioni, caro Massoli-Novelli, non esistono difese «totali». Ma qualche paletto, come lei suggerisce, è pur sempre utile. Occorre che le fotografie siano firmate (una consuetudine non ancora adottata da tutta la stampa mondiale) e occorre che di ogni immagine si conoscano l’ora e il giorno in cui è stata scattata. Aggiungo che le stesse regole dovrebbero valere anche per la televisione. Troppi telegiornali inseriscono nei loro programmi di attualità, senza dichiararlo, sequenze girate in momenti e contesti diversi; e danno della realtà in tal modo una rappresentazione distorta e ingannevole. Sergio Romano