Magazine 22/12/2005, Aldo Grasso, 22 dicembre 2005
Magazine, giovedì 22 dicembre 2005. Ogni tanto si riapre il caso Tenco, ed è una ferita grande per chi l’ha amato, apprezzato, rimpianto
Magazine, giovedì 22 dicembre 2005. Ogni tanto si riapre il caso Tenco, ed è una ferita grande per chi l’ha amato, apprezzato, rimpianto. Dal 1967, quando fu ritrovato morto in una camera dell’hotel Savoy di Sanremo durante il Festival della canzone, i dubbi sul suo presunto suicidio continuano a inseguirsi. Fu davvero un suicidio? Perché l’inchiesta fu condotta così male e così in fretta? Perché non fu estratto il proiettile? Adesso il procuratore della Repubblica di Sanremo, Mariano Gagliano, ha disposto la riapertura del caso. Speriamo che la verità emerga finalmente da quella lunga notte. Ma c’è una verità dalla forte valenza simbolica cui non abbiamo mai voluto prestare attenzione, tutta racchiusa nel famoso biglietto scritto a macchina. Tenco si era presentato al Festival con la canzone Ciao amore che non fu ammessa alla serata finale e si classificò al dodicesimo posto nel voto popolare. Fallito anche il ripescaggio della commissione degli ”intellettuali”, dove gli fu preferita la canzone La rivoluzione di Gene Pitney e Gianni Pettenati. Il biglietto diceva: «Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente 5 anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e a una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao, Luigi». Ovviamente Orietta Berti, come persona, non c’entra nulla ma il nostro grande tradimento nei confronti di Tenco è di non aver mai preso alla lettera quel tragico addio, di averlo considerato come un’offuscata metafora, di averlo messo in dubbio per la mancanza di una perizia grafologica. Quel bigliettino, chiunque lo abbia scritto, è la cosa più vera, più autentica che rimane di quella tragica serata. Ricordiamoci di quel bigliettino quando parliamo della saga Albano-Lecciso. Ricordiamoci di quel bigliettino quando deploriamio i guasti della tv spazzatura, segnalati persino dal capo dello Stato. Ricordia-moci di quel bigliettino quando non capiamo perché il nostro sistema mediatico sembra impazzito, disancorato da ogni canone, agitato da una frenesia senza senso. Altrimenti non ci chiariremo mai le idee. Aldo Grasso