2 gennaio 2006
Fabio Tartaglia, tassista in pensione, ha battuto più volte con un corpo contundente la testa del figlio venticinquenne che dormiva, quindi impugnando un’ascia s’è accostato al letto della moglie, pure lei addormentata, e con un solo colpo le ha mozzato il capo
Fabio Tartaglia, tassista in pensione, ha battuto più volte con un corpo contundente la testa del figlio venticinquenne che dormiva, quindi impugnando un’ascia s’è accostato al letto della moglie, pure lei addormentata, e con un solo colpo le ha mozzato il capo. poi uscito di casa e, a bordo della sua Tempra bianca, ha vagato quattro giorni per la città, senza mai rientrare. La domenica mattina è morto d’infarto, nella macchina parcheggiata all’Arco di Travertino. Proprio quel giorno, da Vicenza dove vive, ha telefonato Tiziana, una sorella della moglie (una donna di 59 anni, di nome Patrizia Valenti-ni), dicendo che chiamava, chiamava e nessuno le rispondeva. I carabinieri hanno sfondato la porta e trovato i due cadaveri, già mezzo decomposti, ordinatamente disposti sul letto matrimoniale, uno a fianco dell’altro. Della testa di Patrizia non c’era traccia. I vicini hanno poi raccontato che il figlio di 25 anni era impazzito dopo il servizio militare e i genitori si lamentavano d’esser poco aiutati dal Cim (Centro di Igiene Mentale) dove pure lo portavano per l’assistenza. La palazzina dove viveva la famiglia Tartaglia è di soli tre piani, le grida echeggiavano fin sulla strada. Il padre, ogni tanto, fuggiva di casa e non tornava per due o tre giorni. Ha lasciato una lunga lettera, in cui racconta la propria infelicità. In Roma, via Acquedotto Alessandrino 153, mercoledì 14 dicembre. Alba.