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 2005  dicembre 27 Martedì calendario

CASSIN

CASSIN Riccardo Savorgnano di San Vito al Tagliamento (Pordenone) 2 gennaio 1909, Piani Resinelli (Lecco) 6 agosto 2009. Alpinista. Nel 1926 si trasferì a Lecco, dove, dopo aver fatto il pugile, si dedicò all’alpinismo. Nella sua carriera compì circa 100 prime assolute in tutto il Mondo, fra queste le ascensioni storiche sono: Parete Nord della Cima Ovest di Lavaredo (1935), Parete Nord Est del Pizzo Badile (1937), Sperone Walker sulla Parete Nord delle Grandes Jorasses (1938), Parete Sud del Mount McKinley (1961), Parete Ovest dell’Jirishanca (1969). Reinhold Messner lo ha definito «una pietra miliare nella storia dell’alpinismo» (’La Gazzetta dello Sport” 27/12/2005) • «[...] ”l’uomo rupe” secondo Fosco Maraini [...] Uno dei più grandi (per molti ”il più grande”) alpinisti della storia [...] nasce a Savorgnano, nella pianura friulana e subito la vita è salita. Il padre, Valentino, va a lavorare in Canada per sfamare la moglie Emilia e i due piccoli (a Riccardo si era presto aggiunta Gina) e resta dall’altra parte di un oceano e di un continente, ucciso nel 1913 in un incidente di lavoro. Non c’è tempo per il lutto, arriva la guerra e poi la ritirata di Caporetto con Riccardo che va sugli argini del Tagliamento per recuperare qualcosa dai cadaveri portati giù dal fiume. Studia da fabbro e segue un amico a Lecco nel 1926. Sul lago scopre la montagna, Resegone, Grigna: stavolta in salita non va la vita ma il divertimento e, mentre affina la passione per l’arrampicata, bazzica anche i ring con discreto successo per tre anni [...] Nei primi Anni 30 arriva in Grigna Mary Varale, scopre questa squadra di ragazzi capitanata da Cassin e ”Boga” Dell’Oro, insegna loro l’uso della corda doppia e invita per il 1933 Emilio Comici a fare una vacanza sui picchi di calcare. Il triestino rappresenta l’avanguardia della tecnica, Cassin gli ruba qualche segreto e comincia un’impressionante escalation che lo porta, sempre da capocordata, alla clamorosa impresa dell’agosto 1935. Il trittico Cassin e amici tornano a Lecco dalle vacanze. Subito lui e Vittorio Ratti vengono rispediti in Dolomiti a spese del governo: una cordata tedesca è ai piedi della Nord della Cima Ovest di Lavaredo che aveva già respinto 27 tentativi dei più forti alpinisti europei. Cassin e Ratti beffano i tedeschi. Nel ”37 è, ancora con Ratti e Gino Esposito, sulla Nord- Est del Pizzo Badile, al primo bivacco accondiscende, per non sembrare superbo, a legare in cordata an che i comaschi Molteni e Valsecchi. Scoppia la tormenta e fra mille rischi i cinque arrivano in vetta, ma durante la discesa i due ragazzi di Como muoiono di sfinimento. Riccardo non se lo perdonerà mai: ”Avrei dovuto avere il coraggio di mandarli indietro”. Non ci saranno altri morti fra chi si è legato alla sua corda. L’anno successivo, insieme a Esposito e Ugo Tizzoni, bruciato da Heckmair e soci sulla Nord dell’Eiger, corre a non farsi scappare l’ultimo grande problema delle Alpi: lo sperone Walker sulla Nord della Gran des Jorasses. Non ha mai visto il Monte Bianco, in mano ha solo una cartolina per risolvere il ”problema” rimasto sullo stomaco a molti (Giusto Gervasutti, Pierre Allain, ecc.). Cassin trova la strada per superare le difficoltà coniugando lo stile d’arrampicata su granito, fatto di forza, con l’agilità di quello su dolomia. Si conclude il trittico, nasce l’alpinismo moderno. Durante la guerra è comandante partigiano ed è ferito nella liberazione di Lecco, poi apre un negozio di articoli sportivi e una ditta che produce materiale per alpinismo. Dopo l’esclusione al K2, guida la spedizione al Gasherbrum IV in Pakistan (Bonatti e il ”Bigio” Mauri arrivano in vetta). Il McKinley e l’Jirishanca sono altri due successi pieni. Nel ”75 tenta la Sud del Lhotse, ma è troppo in anticipo sui tempi (cadrà 20 anni dopo) e la spedizione, falcidiata da maltempo e valanghe, torna a casa. [...] Nel 1998 può deporre dopo 85 anni dei fiori sulla tomba del padre in British Columbia. Nel 2003 le ossa di una gamba cedono: gli ultimi anni su una sedia a rotelle non piegano però il suo spirito. [...]» (Daniele Redaelli, ”La Gazzetta dello Sport” 8/8/2009).