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 2005  dicembre 23 Venerdì calendario

Araniti Pietro, di anni 59. Calabrese, sorriso mite, fascino, intelligenza non comune, commercialista, imprenditore, già consigliere alla Regione, assessore all’urbanistica, ai trasporti, dirigente del Partito repubblicano, passato al Psdi e infine a Forza Italia

Araniti Pietro, di anni 59. Calabrese, sorriso mite, fascino, intelligenza non comune, commercialista, imprenditore, già consigliere alla Regione, assessore all’urbanistica, ai trasporti, dirigente del Partito repubblicano, passato al Psdi e infine a Forza Italia. Massone del Grande Oriente d’Italia, chiacchierato per la parentela con un Araniti Santo, cugino boss dell’omonima cosca di Reggio, condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’ex presidente delle ferrovie Lodovico Ligato. Nel maggio ’93 si rese irreperibile per evitare un arresto durante un’inchiesta sui soldi dati a una società di autolinee. Da qualche tempo era tutto preso da un suo progetto che s’avverava: un complesso turistico beauty farm infilato fra l’Aspromonte e le scogliere della Costa Viola. Giovedì scorso montò in auto per andare a sorvegliare i lavori ormai agli sgoccioli. Il tempo di scendere per aprire il cancello e si ritrovò davanti un tizio sconosciuto che s’avvicinò per sparargli tre colpi di una 7,65 a bruciapelo. Mortale quello alla testa. Poco dopo le 8 di giovedì 22 luglio in località Covala, territorio di Sant’Eufemia d’Aspromonte. Arena Maria, di anni 77. Milanese, pensionata, cantante lirica, leggendaria bellezza, separata, due figli avuti a vent’anni da un direttore d’orchestra ucraino che incontrò in Egitto e amò a prima vista. Abitava un bilocale arredato con gusto in una palazzina popolare, che da qualche mese divideva col pargolo prediletto, Zubine Boris, di anni 58, un talento per il pianoforte abbandonato per collezionare mogli (due in Libano e una in Francia) rapine, processi e condanne. L’ultima lo aveva tenuto in carcere fino al dicembre scorso, 23 anni ridotti a 17 per aver ucciso un Ronchetti Carlo Vittorio, ex socio, marito della di lui amante Favey Monique, 15 anni più grande, che a quanto pare gli aveva cambiato la vita. Un amore morboso per il figlio, l’Arena s’era adattata a lavorare come cameriera per pagare gli avvocati. Ma negli ultimi mesi non lo sopportava più e litigavano per via della sua nuova fiamma trentenne, Russo Marinella, che le gironzolava in casa. Un mesetto fa i vicini non la videro più, chiesero notizie e seppero che stava dal figlio Paolo in Inghilterra. Quando poi il cattivo odore appestò il quartiere, s’allarmarono e chiamarono i carabinieri. Il Zubine, di ritorno dal supermercato, li trovò in casa che rovistavano, una gamba e altri pezzi a spuntar fuori da otto sacchi della spazzatura nascosti in cantina. Intorno alle 19.30 di lunedì 19 luglio, in via delle Asturie 8, zona Niguarda, periferia est di Milano. Del Gaudio Romina, di anni 19. Napoletana, bella bruna, capelli lunghi, occhi scuri, labbra tornite e curve generose, da quando il padre s’era trasferito in Germania viveva con la mamma, Gallo Grazia, sulla collina di Camaldoli, quartiere Arenella, a Napoli. Felicemente fidanzata, alle spalle una vecchia storia con un ragazzo di Busto Arsizio, da poco aveva trovato lavoro come venditrice di contratti telefonici Wind. Primo giorno d’impiego il 4 giugno scorso, raggiunse Aversa assieme a tre colleghi coi quali si divise i negozi della zona dandosi appuntamento per il pranzo. Dieci euro nel portafoglio, scarso senso d’orientamento e nessuna conoscenza della città, forse chiese un passaggio per ritrovar la strada. Mai arrivata all’incontro, quarantasette giorni di silenzio, la mamma a metter manifesti in giro e a mobilitare ”Chi l’ha visto”, fu ritrovata in putrefazione martedì 20 luglio lungo un sentiero di campagna che conduce al boschetto dietro la Reggia borbonica di Carditello, luogo di coppiette e prostitute. La testa bucata da due proiettili di una calibro 7,65 staccata dal corpo a morsi da animali selvatici, una mano mancante, intorno fogli, zainetto, giubbetto, jeans, scarpe da ginnastica, mutandine e reggiseno strappato. Un tesserino di riconoscimento col nome, la Gallo in attesa dell’esame del Dna per l’ultima conferma. Annullata la tradizionale festa di Sant’Anna.