Roberto Cotroneo l’Unità, 15/07/2004, 15 luglio 2004
Umberto Pizzi e la sua mitologia di seconda fila, l’Unità, 15/07/2004 Chiamale come vuoi. Chiamale mitologie di seconda fila
Umberto Pizzi e la sua mitologia di seconda fila, l’Unità, 15/07/2004 Chiamale come vuoi. Chiamale mitologie di seconda fila. Festuccie di una classe di potere che non ha neppure la grandezza di sapersi annoiare per quanto è indaffarata a passare da una tartina a un astice lessato. Ma è questo che passa il convento, potrebbe dire Umberto Pizzi: classe 1937, da Zagarolo. Paesino vicino a Roma passato alla storia per un celebre film di Ciccio e Franco che parodiava il capolavoro di Bertolucci: Ultimo tango a Zagarol. E Umberto Pizzi è il fotografo delle parodie: delle Zagarolo scambiate per Parigi. Delle feste della capitale, fitte di politici e di potenti. Ansiosi soltanto di mostrarsi. Tutti a mangiare tramezzini passando da un salotto a un altro, tra un vernissage di artisti improbabili e compleanni in giardini e ville esclusive. E ovunque si festeggia, ci sta lui, Umberto Pizzi: discreto, tranquillo, ma implacababile. I suoi reportage sono diventati celebri. Escono sul quotidiano romano ”Il Tempo” e soprattutto sul sito Dagospia, sotto il titolino «Cafonal». Che il più delle volte si avvita nel doppio salto mortale di uno «Stracafonal». Non è vero, Pizzi, che le tue foto ci racconteranno un’epoca? «Se lo dici tu. E pensare che io dovevo fare il fotografo impegnato». Lo dicono tutti. « vero. Alla fine degli anni ’50 conobbi un signore della Fao. Lavoravo per loro come fotografo. Giravo il mondo. Scattavo foto impegnate sulla fame nel mondo. Africa, Medio Oriente, Iran, Iraq... Poi tornavo e mi accorgevo che si guadagnava poco». Quando sei passato a lustrini e paillettes? «Nel ’64. Avevo pochi soldi. E un photo editor mi disse: ”Vai a seguire un po’ i paparazzi, vai a vedere cosa fanno, come lo fanno”. Seguivo lo show business... gli affari del cinema. Loren, Mastroianni. In quegli anni nessuno si interessava del potere. Un giorno Mastroianni, che era un uomo straordinario, mi gridò: ”Ma vai a fotografare Ugo La Malfa, vai a fotografare Moro, non venire a fotografare me”. Aveva capito tutto. Che un giorno avremmo fatto soltanto foto di potenti. Ma prima mi sono fatto ancora un bel po’ di gavetta. Il ”National Enquirer” mi mandava dappertutto. Erano gli anni Settanta. Poi ho lavorato anche per ”Time”. E cosa facevi per ”Time”? «Il caso Moro. Ho fatto anche un po’ di scoop. Stavo appostato davanti all’appartamento di Moro. Fotografai la figlia che andò a prendere l’ultima lettera del padre. E poi i funerali privatissimi a Torrita Tiberina». Quando sei passato ai politici? «Periodo della presidenza Leone. Con quei figli molto mondani. Beh, era troppo difficile. Non si entrava alle loro feste. Solo ”L’espresso” ci riusciva». Erano più seri di oggi. «Il potere è cambiato. Fino a qualche anno fa il potere ha cercato sempre di difendersi. Adesso... sembrano tutti dei morti di fama». A giudicare dalle tue fotografie, quando li immortali con la guancia rigonfia di tarallucci sembrano dei morti di fame. «Di questo se vuoi ne parliamo dopo. Il buffet è uno dei miei punti forti. Lì capisci tutto». No, parliamone adesso. «Volevo cominciare con gli ospiti dell’Angiolillo». Ci arriviamo dopo. Fammi la classifica. Chi mangia di più? «Gaetano Gifuni, segretario generale del Quirinale, e il ministro Stefania Prestigiacomo. E poi Cicchitto, mangia come un dannato. Anche Pisanu, si difende». E tu scatti. «Beh sì, i potenti che mangiano sono una tentazione irresistibile. E poi sai c’è il problema di queste feste a buffet. Devono fare la coda, in cento, davanti a una tavola imbandita. E hanno qualcosa di goffo. Con quel piattino in una mano, la guancia che si muove a fatica. Perché le cene in piedi sono tutte fatte con roba che non puoi tagliare e devi masticare. Tutto diventa grottesco, capisci». Chi mangia di meno? «Casini, lui mangia sempre a casa, prima». E Fini? «Mai visto, o quasi. Alle feste dove c’è lui, i fotografi non entrano». Non si può dire la stessa cosa del suo coordinatore La Russa. «Ah, La Russa ha il premio del presenzialismo. Tra i potenti è imbattibile. Circondato sempre da belle donne». Ma non è mai stanco, dopo tutta una giornata di lavori parlamentari, riunioni di partito? «Niente, anzi, più la serata procede, più lui si carica. Instancabile». Tu sei famoso per le foto del portone. Quelle della Angiolillo. Tutti gli uomini e le donne della Angiolillo. Signora dei salotti romani. Lì non sei mai entrato. «La Angiolillo è un mistero. Se ne sa poco. Robe al massimo di 36 persone. Poche donne. Ministri, banchieri, manager, è quattro belle figliole. La Bonamici, la Cristillin, un tempo la Gruber». Adesso la Gruber è parlamentare europea dell’Ulivo. «Infatti, la sinistra è del tutto assente da questo circo». Non è possibile. Immaginati i giornali di destra come possono commentare se diciamo su ”l’Unità” che la sinistra non mangia, non va alle feste, e ha un comportamento discreto. «Però è così. In queste feste continue, in questa festa mobile, la sinistra non la vedi. Al massimo qualche giornalista, ma poi neanche tanto». Insomma, la cafonaggine è tutta del centrodestra? «Guarda le foto che scatto e fatti un’idea». Dimmi chi sono quelli che si notano di più. «Iole Santelli, sottosegretario alla giustizia. Adesso si veste un po’ meglio. Ma fino a qualche tempo fa... era tremenda. Ma a loro non importa nulla. Raramente qualcuno si preoccupa di come appare». Ad esempio? «Bruno Vespa. Una volta mi disse: vorrei che fotografassero te con quella pancia. Anche Pier Luigi Battista è preoccupatissimo della sua pancia, vuole solo primi piani». Le feste e i salotti più discreti? «Sandra Verusio. Non sono mai entrato. Ma avrei poco da fotografare». I meno discreti? «Guia Sospisio, villa a Trastevere, in una delle ultime feste sono stati serviti quintali di astici lessati che tutti scambiavano per aragoste. Lì trovi spesso Massimo Teodori che non smette mai di ballare. E i belvederi migliori». Altra tua fissazione, le scollature. «Certo, appena si rifanno il seno lo mostrano subito. Le signore rifattissime vengono prese di mira dai più potenti e dai più vecchi, soprattutto finanzieri e manager. Spesso riesco a fotografarli, con quell’occhio un po’ spento che cade sempre lì, sui seni, con una cupidigia assoluta. Le più ammirate Ornella Muti, Naike Rivelli, Anna Falchi». Ma secondo te è vero che in questi posti si decidono i destini del paese? «A giudicare da come vanno le cose, sì. E a giudicare da come vanno le cose i destini del paese se li decidono dopo il quarto bicchiere. Con una eccezione». Quale? «Lo stadio. Allo stadio si vede il peggio. Le tribune vip, i potenti, e le genuflessioni dei cortigiani. Non puoi capire cosa succede. Ho visto delle genuflessioni nei confronti di Cesare Geronzi, da colpo della strega». Allo stadio hai fotografato Marzullo con le dita nel naso. «Non me l’ha perdonata. Ma lui è un bersaglio facile. Lui e il direttore generale della Rai Cattaneo. Marzullo gli fa un po’ da badante». E la ricchezza? La esibiscono? «Sì, soprattutto alle feste di beneficenza. Lì è quasi imbarazzante. Fanno beneficenza, con gioielli che non hanno prezzo. Più fanno beneficenza, più esibiscono ricchezza». Sembra che tutta la mondanità che ti tocca fotografare sia fatta di potere politico e potere economico. E il cinema e la tv? «A Roma poca roba. Oltre al potere c’è l’aristocrazia che non vuole essere bypassata. La nobiltà romana mi invita sempre. e ogni volta mi chiedono di non fotografare le vecchie contesse con le rughe. Vogliono darsi un’immagine giovane e nuova». E tu fotografi le contessine. «Ma no, io faccio il mio mestiere. Guardo le cose, cerco di capire il mondo in cui mi trovo». E come è? «Te lo dico senza moralismo: di una volgarità totale. Come in tanti anni non si era mai visto. Credimi davanti a questo potere, c’è soltanto da impallidire. Vogliono soltanto apparire. Mostrarsi, e mostrarsi nei loro privilegi. Nient’altro». Roberto Cotroneo