Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2004  luglio 15 Giovedì calendario

Casi elettorali: il vincitore-trombato per errore di scrittura, Corriere della Sera magazine, 15/07/2004 «Tra l’altro so che alcuni rappresentanti di lista Ds, professionisti, addestrati ed esperti, hanno saputo conquistare con le unghie decine di voti dubbi

Casi elettorali: il vincitore-trombato per errore di scrittura, Corriere della Sera magazine, 15/07/2004 «Tra l’altro so che alcuni rappresentanti di lista Ds, professionisti, addestrati ed esperti, hanno saputo conquistare con le unghie decine di voti dubbi...». Sembrano parole uscite dalla bocca del premier Silvio Berlusconi. Quelle che alla vigilia del ballottaggio pronunciò a Sesto San Giovanni (ricordate?) contro la sinistra accusata di brogli elettorali. E invece Luciano Sardelli, onorevole di Fi, aveva già anticipato il Cavaliere, di ben tre anni. Nome sconosciuto ai più ma non ai pugliesi e ai suoi colleghi parlamentari per una lunga (e ancora non archiviata) battaglia legal-giudiziaria. Che lo ha fatto passare alle cronache per aver anticipato Silvio Berlusconi e per aver in tempi non sospetti speso parole accorate in difesa del garantismo, garantendo in primissimo luogo se stesso e il suo posto in Parlamento. Forse oltre ogni misura. In che senso? Nel senso che al suo posto ci sarebbe dovuto essere il suo avversario di collegio, Cosimo Faggiano, diessino, rarissimo caso di vincitore-trombato, che per una manciata di voti lo aveva superato. E invece... Tutto è cominciato il 13 maggio 2001, nella sezione numero 7 di Latiano (Brindisi). Erano le tre del mattino, la giornata era stata particolarmente calda. Il presidente di seggio, provato e stanco (per sua stessa ammissione: vittima di notevole stress psicofisico tale da pregiudicare il ricordo del vincitore), fece un errore: invertì i voti dando a Faggiano (300 anziché 389) quel che era di Sardelli. E viceversa. Insomma un errore di trascrizione scoperto dai rappresentanti di lista e subito riconosciuto dallo stesso presidente in una dichiarazione scritta alle autorità comunali. Sarebbe bastato fare di nuovo la conta, accertare l’errore e proclamare il vero vincitore. E invece da allora sono passati tre anni, e Sardelli è ancora al suo posto. Mentre a Faggiano, che continua ancora a combattere, non è rimasta neanche la soddisfazione di fare come Berlusconi: urlare al mondo di essere stato vittima di brogli e dei professionisti della politica. Perché broglio non fu. Cosimo Faggiano ama la poesia, Leopardi su tutti. Adesso sta rileggendo le Città invisibili di Calvino. Come il suo seggio. Si autodefinisce un uomo schivo, dice di avere un ottimo rapporto con gli avversari, soprattutto quelli di Fi. S’è iscritto al Pci per tradizione di famiglia e si è diplomato nel ’68. Poi è entrato in fabbrica, a Brindisi, nel ’72. Ma non come operaio. Alle spalle una lunga carriera da dirigente e una vita riservata e discreta, come l’arredo del suo ufficio di capo del personale dell’azienda Aventis Bulk a Brindisi. Dove il condizionatore va a manetta mentre fuori soffia un forte vento africano in un cielo azzurro. Dalla finestra si intravede il mare, tra una grossa ciminiera e l’altra del megaimpianto che produce antibiotici: «Antitubercolari, medicine contro le infezioni polmonari», dice Faggiano. Un antibiotico contro l’infezione che a suo dire ha colpito la democrazia però non è ancora riuscito a trovarlo. «E non ne faccio solo una questione personale. Questo è un attacco al principio democratico: io sono stato eletto e invece sono qua. E i miei elettori, chi li tutela quelli?». Faggiano si era ricandidato nel maggio 2001 nel collegio 33 di Mesagne, il suo paese, un’isola rossa in un mare tradizionalmente dominato dal centrodestra. Il suo avversario Luciano Sardelli, ex socialista, assessore regionale al turismo, era diventato famoso per essersi immolato nel ’96 sfidando Massimo D’Alema. Naturalmente perse ma si rifece sotto cinque anni dopo con Faggiano. La partita si giocò sul filo di lana: 34.935 voti per il primo, 34.773 per il secondo. Differenza di 162 a favore di Sardelli. Che sarebbero stati invece 16 voti a favore di Faggiano senza l’errore del presidente di seggio. Faggiano accende una sigaretta, ordina un altro caffè, mette sul tavolo una considerevole raccolta di documenti. Il vento africano non si placa, cita Franceschini, Violante, Fassino, Soro (che si sono battuti per il caso), Pecorella (l’avvocato regista della difesa in commissione di Sardelli): «Normale che facessi ricorso». Ritorna a quei giorni. Si rivolse all’ufficio circoscrizionale di Bari. Che però se ne lavò le mani. Il presidente del tribunale, pur riconoscendo l’alta probabilità di errore, decise che era materia da Giunta per le Elezioni di Montecitorio (a maggioranza polista). Che dopo un anno (2002) propose di archiviare il ricorso di Faggiano. Senza nemmeno contare le schede. Spiegazione? Non c’era discrepanza tra il risultato e ciò che era scritto sul verbale. Insomma faceva fede il verbale e poco importava se lo stesso presidente di seggio avesse confessato l’errore. Fatto sta che la pratica si arenò, per la forte reazione dell’opposizione. Fino a quando il povero Sardelli, per difendere la sua onorabilità, decise di giocare la carta che di recente ha utilizzato Berlusconi: propose di ricontare le schede nulle e bianche, convinto di recuperare una cinquantina di voti. Sono o non sono, aveva pensato, quelli di sinistra veri professionisti del seggio e mica fessi come quelli del Polo? Il 19 giugno finisce la verifica. Purtroppo per Sardelli, dal nuovo conteggio il distacco di Faggiano si ridusse ulteriormente. Evidentemente i fessi devono essere stati quelli di sinistra. La giunta che fa, riconta finalmente le schede? No, ripropone l’archiviazione, perché - è la tesi - non sarebbero emersi elementi nuovi. Ma come, protestò Faggiano! Che da giovane amò Berlinguer, poi D’Alema, che conobbe nel ’78 in una scuola di partito in Puglia, e adesso Fassino. Timido e schivo, ma non fesso, e combattivo. Faggiano non si arrese. Nemmeno due suoi colleghi di partito, i parlamentari Bonito e Rossiello, che presentarono alla procura di Brindisi una denuncia penale per ipotesi di falso elettorale. Così un magistrato, Sergio Mario Tosi, aprì finalmente le schede accertando quello che tutti sapevano: che errore c’era stato. Faggiano invitò la Giunta a riaprire il caso in presenza di elementi nuovi. Risposta? Indignata. La maggioranza ne fece una questione di principio. E di cavilli. Il magistrato, argomentano quelli del Polo, non aveva diritto di aprire le schede. « un attacco al Parlamento», gridarono in coro Sardelli & company che si rivolsero a Pier Ferdinando Casini, per stabilire il conflitto di attribuzione. In attesa, tra una rilettura di Leopardi e l’altra, Faggiano aprì un nuovo fronte: procedimento civile con relativa richiesta di risarcimento danni (7 milioni di euro). Se dovesse vincere la causa lo Stato pagherebbe due deputati al posto di uno. «Questo non è ancora detto, ma potrebbe verificarsi», dice Dario Franceschini, che più di ogni altro ha preso a cuore la vicenda e che promette una nuova riforma da inserire nel testo costituzionale: «Un organismo terzo, che deciderà volta per volta le controversie per evitare questi scandali». Scandalo? Filosofeggia Mennitti, sindaco di Brindisi, fondatore di Ideazione, ex An poi passato in Fi: «Dico una catalanata, ma chi vince vince e chi perde perde. Però sono cose che succedono. E poi un candidato ha tutto il diritto di difendersi. E Sardelli sta facendo questo». Già, Sardelli non riesce a capacitarsi di tanto accanimento contro di lui. Sarà pure abusivo ma il verbale gli dà ragione. E poi, ha sempre dichiarato, lui un posto ce l’aveva, assessore al Turismo. Mica è attaccato alla poltrona. Ci tiene alla sua immagine. Tanto che ha denunciato i rappresentanti di lista che avevano fatto notare l’errore. E ha chiesto un risarcimento di 5 milioni di euro. Motivo? Gli avrebbero creato stress psicofisico e danni biologici. Per averlo costretto a una defatigante attività difensiva. Agostino Gramigna