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 2004  luglio 17 Sabato calendario

Il Cav. mago che fa sparire poltrone è un cornuto, la Repubblica, 17/07/2004 La voce si leva nell’atrio della Domus Mariae, palestra dell’apostolato sociale, nell’ora della brezza romana, appena dopo le sei del pomeriggio: «Cornuto, ci ha fatto fessi!»

Il Cav. mago che fa sparire poltrone è un cornuto, la Repubblica, 17/07/2004 La voce si leva nell’atrio della Domus Mariae, palestra dell’apostolato sociale, nell’ora della brezza romana, appena dopo le sei del pomeriggio: «Cornuto, ci ha fatto fessi!». Nel crocchio degli alti dirigenti dell’Udc, lato Calabria, l’uomo è convocato per udire le riflessioni strategiche di Mario Tassone, sottosegretario alle Infrastrutture. Il momento è grave, e l’invettiva adeguata, perché il presidente del Consiglio, piroettando con destrezza su se stesso, ha scaraventato l’ampio giro democristiano nello sconforto assoluto. Come un mago ha fatto intravedere poltrone ministeriali. Come un mago le ha fatte sparire. Tassone è un brevilineo della Dc, e sebbene non lo abbiate mai visto lo riconoscereste perché è l’unico uomo al mondo che riesce a parlare con la brace sulle labbra. Ieri, segno di malaugurio, il suo sigaro si è spento molte volte. Lui non ha perso la calma e ha tentato di riaccenderlo, non curandosi dei commenti, alcuni veramente infelici: «Ci ha lasciato con il cerino acceso in mano...». Bruciacchiate le dita di Totò Cuffaro, il capo della Sicilia e dei siciliani, che appena due ore prima aveva incoronato nella sala Pio XI della Domus, il catanese Raffaele Lombardo a ministro con portafoglio. «Lombardo sarà ministro e aiuterà la Sicilia. Ce lo siamo meritato!». Il ministro appena nominato, e siamo al primo pomeriggio, dichiara: «Mi sento disponibile». I siciliani festeggiano, i calabresi discutono, con un occhio all’organigramma di palazzo Chigi, nella sala Benedetto XV. Resta in attesa sul divano, in un corridoio della casa di Maria (nel frattempo divenuta un hotel a quattro stelle) il mite Mario Baccini. Laziale, e per anni tenuto in panchina nella inconcludente funzione di sottosegretario agli Esteri, coltiva la serena speranza di poter essere utile alla squadra di governo con un suo diretto ingresso in campo. Baccini, galvanizzato dal salto di carriera, commenta: «è una giornata strategica, conclusiva». Gli amici lo sfiorano con lo sguardo, lo coccolano. Anche l’autista, nel suo piccolo, è emozionato. Esulta, sicuramente esulta Mario Di Stefano, suo fraterno amico e segretario dell’Udc del Lazio. Con Di Stefano il sottosegretario ha un rapporto franco, diretto. Gli è capitato finanche di parlare con lui a gesti. Due settimane fa Di Stefano tappezza Roma con un manifesto di ringraziamento per il bottino elettorale ottenuto: «Settantamila voti, settantamila volte grazie». Firmato Di Stefano. Baccini, dopo averlo letto sui muri della città, gli dice: «Ma cosa ti sei messo in testa? Io ti ho creato! Quelli non sono mica voti tuoi...». Conclude la riflessione spedendo la sua mano destra sulla guancia sinistra dell’amico. Un poderoso ceffone, per i più segno della confidenza antica. Baccini è comunque un gran combattente. Lo ha confermato nella battaglia di questi giorni: «Stiamo dimostrando che l’Udc è un partito maschio, con gli attributi al posto giusto. Noi ce li abbiamo sotto, non accanto, come Gianfranco Fini». E che dire della vivacità espressa nelle ore più dure da un altro dc di primo pelo, il siracusano Pippo Gianni? «Guarda queste scarpe, sono pronto a darla in faccia ai democristiani. Di piede porto 44. Una scarpata 44 magnum». Un clima elettrico, vivace, denso di sentimenti felici. Quello di ieri è stato proprio un evento, perché i democristiani non sorridono spesso e tendono invece a mimetizzarsi. I democristiani, quando si incamminano in gruppo come è successo ieri tra i rigogliosi pini marittimi del magnifico giardino del palazzo che ospitò la storica congiura ai danni di Fanfani nel 1959, sono riconoscibili unicamente dal taglio dei colli delle camicie: aborriti i botton down, nessuno di essi sceglie le punte lunghe, troppo trendy, nè i tagli alla francese, troppo smaliziati e imprenditoriali. Tranne Follini e Tabacci, che infatti non assomigliano proprio all’Udc, tutti i maggiorenti hanno i colletti corti, con il nodo della cravatta a una distanza di sicurezza dal bottone della camicia di almeno due dita. Così piace a Buttiglione, anche a Cuffaro, anche a Tassone. L’unico, ieri, con un abbigliamento fuori ordine era Luca Sardella. Chi è Sardella? Volto televisivo emergente, ha sempre un cappello storto in testa e fino a poche settimane fa una trasmissione al mattino. «Mi occupo di piante e giardini, insomma di botanica. Chi non conosce ”La vecchia fattoria”? Andava in onda a mezzogiorno. Poi, zac, tagliata. Non mi spiego perché. Cristiano Malgioglio, che è di An, lavora ancora... Io sono qui per capire come evolve la situazione. è comunque da tener presente che sono l’unico botanico che ha la Rai...». Cardella, un altro problema per Marco Follini. Che, al tramonto, quando i fatti hanno preso la piega che hanno preso, e il mugugno ha gonfiato i petti, e anche la voce è salita di tono, e qualche parolaccia è uscita di bocca, ha puntualizzato: «Non ho mai illuso nessuno. Ho sempre parlato chiaro con tutti...». Follini corre via, Lombardo ha l’aereo per Catania, Baccini l’autista che lo riporta al ministero. Resta Sardella. Il conduttore Rai in scadenza di contratto. Antonello Caporale