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 2004  luglio 12 Lunedì calendario

La verifica segna il trionfo della vecchia scuola Dc, esperta in dissimulazione e pazienza, La Stampa, 12/07/2004 Vecchia scuola, ecco: detto tutto

La verifica segna il trionfo della vecchia scuola Dc, esperta in dissimulazione e pazienza, La Stampa, 12/07/2004 Vecchia scuola, ecco: detto tutto... C’è chi sostiene che la vera differenza tra i leader non sia tanto la loro collocazione, ma la linea che divide in profondità gli autodidatti da coloro che hanno ricevuto una compiuta istruzione politica. Tra questi ultimi c’è sicuramente Marco Follini. E il fatto che proprio lui, oggi, sia riuscito prima a mettere e poi a tenere seriamente nelle peste un fantasmagorico autodidatta, un campione del tele-populismo carismatico, addirittura un alfiere dell’anti-politica quale è il premier Berlusconi, ecco, è un dato che fa riflettere, tanto più in quanto sembra uno scherzo del potere. Vecchia scuola democristiana, dunque. Molto garbo, molta intelligenza, molta pazienza, a cominciare da se stessi. Un metodo fatto di simulazioni, dissimulazioni, traiettorie indecifrabili, abbracci mortali, logoramenti a orologeria. Roba da volpi: mica s’impara in un giorno l’antico e perfido armamentario scudocrociato. Lacci, arsenico, spilloni, carta moschicida e altre diavolerie occulte, retrattili o agglutinanti. Prima o poi il leone finisce nelle sabbie mobili, anche se tiene zanne lunghe, ha vinto la Coppa del Mondo, possiede cinque ville in Sardegna e dispone di sei reti tv. Follini lo sa che di solito va a finire così - o anche peggio delle sabbie mobili - perché in gioventù ha avuto dei buoni maestri. Oggi sta per compiere 50 anni ed è alla guida di quel che si dice un partitino. Non solo, ma questo partitino lascia pure molto a desiderare. Si leggano, in proposito, le nove pagine, il vero e proprio «libro nero» che all’Udc ha dedicato l’ultimo numero del ”Diario” (inchiesta di Alberico Giostra). Caso per caso, regione per regione, sono indicati i numerosi ladri, briganti, imbroglioni, tangentomani, mafiosi e amici di mafiosi che hanno fondato o aderito al partitino post-democristiano. In Puglia, per dire l’ambientino, c’è un assessore regionale che giusto un paio di mesi orsono è finito in carcere per aver messo le mani addosso a una ragazza di 14 anni (e non deve essere stato facile denunciarlo). Certo: sono cose che accadevano anche nella Dc. Però la Dc era davvero un grande partito di popolo, dentro c’era davvero di tutto. La Pira e «Ciccio Mazzetta», l’ideale e la lolita di Torre del Greco. L’Udc no, è una specie di nicchia elettorale. Puro strumento, per giunta faticosamente assemblato da altre due mini-nicchie dalle impronunciabili denominazioni, cicidì e cidiù. Ma se in questi giorni il suo leader quasi cinquantenne sta mandando al manicomio il presidente Berlusconi è perché è un prodotto molto ben riuscito della grande scuola della calma e della sopportazione democristiane. E come tale accoglierà la terribile inchiesta del ”Diario” alzando gli occhi al cielo senza maledire i giornalisti del soviet; e affidandosi ai limiti della natura umana, la quale a sua volta ha a che fare con il peccato originale. Ieri ”il manifesto” mostrava una enorme foto di Follini con il titolo «L’uomo della provvidenza» (ma visto che c’erano potevano anche osare la «P» maiuscola). E sotto: «Siamo tutti un po’ Follini». L’altro giorno il ministro Maroni l’ha accostato a Che Guevara; mentre Adriano Sofri avrebbe fatto «confezionare subito qualche migliaio di magliette con il viso e il nome di Follini. Sarebbe stato - così al ”Foglio” - il più grosso affare dell’estate. Così imparano». Gli autodidatti, forse. Diverse altre suggestioni potrebbero adattarsi al personaggio. Ce n’è una però che, sia pure di brillante conio cossighiano, ha il vantaggio supplementare di essere ben accetta da Follini, che anzi l’ha fatta sua firmandosi una volta «Harry Potter». Era una lettera a Cossiga, pubblicata mesi orsono su ”Libero”. I motivi della scelta sono lievemente controversi. Forse hanno a che fare con gli occhialoni e ancor di più con quegli occhioni che il leader Udc ha perennemente spalancati sulle meraviglie del mondo. Forse è una certa attitudine anti-retorica, o una complessione anti-eroica, comunque poco atletica. Ma di sicuro, sul piano della fantasia evocativa, conta la circostanza che Harry Potter combatte e sconfigge un potere molto più grande di lui. Così per cercare di capire Follini, oltre all’origine famigliare, ai vari precettori, all’altalenante cursus honorum, al personale distacco e alla calma che sempre gli regalano e comunque gli garantiscono la sagace moglie e l’adorata figlia, insomma, per poter meglio comprendere come il leader della piccola Udc sia riuscito a sfiancare un re miliardario come Berlusconi bisognerebbe aver visto almeno una volta la scrittura di Marco, nel senso di calligrafia. Ebbene: pur senza aver compiuto studi specialistici si resta impressionati dal nitore e dalla regolarità di quel tratto minuscolo, tondeggiante, sicuro, avvolgente, ai limiti dell’ipnosi. E sarà pure un’impressione personale, un azzardo di eccentricità, ma quella addestratissima scritturina riesce in qualche modo a spiegare come l’immensamente piccolo possa mettere in crisi il troppo grande. E comunque. Quando Follini era giovane, ai tempi del Movimento giovanile, ma anche prima e anche dopo, andava spesso a trovare i grandi vecchi del sinedrio democristiano, specie quando erano disoccupati o «in panchina», come dicevano loro, e quindi avevano più tempo. Ore e ore a chiacchierare, ad apprendere. Tornato a casa faceva i compiti, riempiendo fogli e fogli con quella sua microscopica grafia. Berlusconi, in quegli anni, costruiva, vendeva e sognava rigorosamente in grande. In attesa di dedicarsi a un saggio su Shakespeare politico - il suo, di sogno - Marco ha poi scritto quattro o cinque libri, uno più bello e chiaro dell’altro, in sequenza, ma tutti ossessivamente sulla Dc. Berlusconi non ne ha letto nessuno. E anche per questo, magari, si ritrova oggi nei guai della verifica resa impossibile, del rimpastone a doppio fondo, dell’eterno soffocamento democristoide. Si diceva prima di Harry Potter. Bene, il piccolo eroe di Joanne Rowling altro non è che un archetipo letterario, una figura ricorrente nella storia, un personaggio che ha molti antichi fratelli maggiori. Uno di questi è Davide, il pastorello che, rifiutati i paramenti militari, con una potente fiondata rompe la fronte al gigante Golia e attraverso molteplici e romanzesche vicissitudini diventa re. Ora, davvero con qualche imbarazzo si tirano in ballo le Scritture a proposito della politichetta nostrana. Né qui si cederà alla tentazione semplificatrice di paragonare Berlusconi a Golia. Primo, perché non ancora sconfitto; secondo, perché il Cavaliere sembra molto più furbo del colosso filisteo. piuttosto la storia - molto politica - del conflitto tra Davide e re Saul che converrebbe andarsi a riguardare. Quando in una caverna il giovane aspirante, senza farsene accorgere, taglia un lembo di stoffa dal mantello del re, e poi glielo mostra pure. L’avrebbe potuto uccidere, ma non l’ha fatto. Per ora. Oggi le cose sono un po’ più complicate. Si svolgono attorno a tre tavoli. Ma gli effetti in fondo sono sempre quelli. Filippo Ceccarelli