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 2005  dicembre 23 Venerdì calendario

Giovagnoli Renzo, di anni 65. Originario di Arcevia, Ancona, pensionato, ex maresciallo dei carabinieri, sposato, una figlia, gentile, generoso, maestro del coro nella stessa parrocchia dove si dedicava all’assistenza e alla preghiera

Giovagnoli Renzo, di anni 65. Originario di Arcevia, Ancona, pensionato, ex maresciallo dei carabinieri, sposato, una figlia, gentile, generoso, maestro del coro nella stessa parrocchia dove si dedicava all’assistenza e alla preghiera. Due domeniche fa partì con la moglie per raggiungere la figlia Alessandra, da qualche settimana madre di una bella bambina. Per niente abituato a starsene con le mani in mano, giovedì scorso s’alzò di buonora e pensò di dare una spazzata in cortile. Dall’altra parte della siepe fece la sua comparsa l’ospite della casa accanto, un Calzolari Stefano di anni 54, ex dipendente del ”Resto del Carlino”, alternativamente depresso e violento, manie di persecuzione, solito lavare l’auto tre volte al giorno e lanciar secchi d’acqua sui tetti per ripulirli dal diserbante velenoso gettato dai vicini che lo volevano morto. Il tempo di vederlo rientrare in casa e quello uscì col fucile da sub in mano sparando un colpo che gli spappolò il cuore. Verso le 9 di giovedì 15 luglio, nel giardino di una villetta a schiera, a Monterenzio, nell’Appennino bolognese. Porpiglia Francesco, di anni 73. Torinese, originario di San Roberto, Reggio Calabria, sordomuto, pensionato, ex operaio e dipendente della Telecom, quarantatre anni di matrimonio con la compaesana Catalano Angela, di anni 65, ex bidella, dalla quale aveva avuto due figli: Maria Lucia, di anni 40, poliziotta, e Roberto, di anni 37, disoccupato, occasionalmente animatore nei villaggi turistici dove sfoggiava un talento per la chitarra e le canzoni napoletane. Una vita tranquilla fra il circolo degli anziani, lo scopone con gli amici al bar, il volontariato in chiesa e qualche giro di valzer con l’Angela un paio di volte al mese, si preoccupava solo per quel suo ragazzo scontroso e taciturno, che non era capace di guadagnarsi la vita e lui manteneva in un appartamentino di sua proprietà. Ultimamente i rapporti s’erano fatti tesi e il Roberto aveva preso ad alzar le mani sulla madre. Due venerdì fa, arrivò dai genitori di buon mattino e litigarono a gran voce. I vicini lo videro uscire intorno alle 13 e di lui non si seppe più nulla. Poco dopo la sorella, allarmata dal telefono che squillava a vuoto, trovò il padre accoltellato alle spalle sul pavimento dell’ingresso e la madre in camera riversa sul letto, il collo tagliato dopo essere stata tramortita con un ombrello. Le valigie pronte per le solite vacanze passate da vent’anni in Calabria tra parenti e amici. Fra le 8.30 e le 9 di venerdì 9 luglio, in una palazzina anni Sessanta al numero 157 di corso Grosseto, a Torino. Toma Paola, di anni 37. Genovese, snella, capelli biondi, faceva la maestra nell’asilo della sua città. Da qualche tempo conviveva col fidanzato, un bell’amore che durava da 11 anni. Mercoledì scorso incontrò un Bertagni Ugo, quarantenne, commerciante di integratori alimentari, compagno d’infanzia, come lei cresciuto nel quartiere popolare di Rivarolo. Col Bertagni aveva avuto pure una relazione e forse lui se la ricordava ancora quindicenne innamorata. Le solite chiacchiere su come va il mondo, d’un tratto quello ne fu geloso, raccattò da terra una spranga di ferro e le fracassò la testa. Il corpo avvolto in un telo azzurro sistemato nel bagagliaio della sua Renault Clio, come se niente fosse andò incontro a una ragazza lasciata da pochi mesi per una serata al pub con passeggiata sul lungomare. A notte fonda pensò di sbarazzarsi del cadavere dell’amica e imboccò l’autostrada verso Genova e oltre, in direzione Torino. Fu notato da una pattuglia della polizia mentre cercava di disfarsene in una piazzola di sosta. Nel pomeriggio di mercoledì 14 luglio, a Genova.