Damiano Iovino Panorama, 15/07/2004, 15 luglio 2004
Discesa agli inferi e ritorno di una pancia, Panorama, 15/07/2004 Non sono un ciccione visto da dentro
Discesa agli inferi e ritorno di una pancia, Panorama, 15/07/2004 Non sono un ciccione visto da dentro. Ma se mi metto di profilo, ecco che compare la Cosa. Spunta dai pantaloni, un airbag naturale. Centosessanta centimetri per 89 chili è una misura da pesce palla, non da uomo. A Roma dicono: «Fai prima a saltallo che a giracce ’ntorno». Ho 48 anni e da quando, 20 anni fa, ho smesso di giocare a rugby, ho cambiato cinque taglie e provato invano tutte le diete del mondo. Sono arrivato a perdere 17 chili, per riacquistarli inesorabilmente in pochi mesi. Sarà per questo che ”Panorama” mi ha mandato in un centro benessere per raccontare come si perdono 7 chili in sette giorni. Parto da Milano con Ferdinando Scianna, uno dei più famoso fotografi italiani, che è allettato dall’idea di perdere qualche chilo. La nostra meta è Melezzole, in Umbria, dove c’è l’Health center di Marc Mességué. In autostrada offro una gomma da masticare a un benzinaio e quello mi risponde: «Solo se è senza zucchero. Sa, sono a dieta». Cominciamo bene. Prima della clausura ci fermiamo a un ristorante dalle parti di Orvieto. Spaghetti in salsa piccante e panzerotti al sugo di noci e tartufo, con un rosso Nobile di Montepulciano. Rimpiangerò quelle due dita di vino lasciate nel decanter. Dopo cento curve e svariate colline, arriviamo al Centro: l’accoglienza è degna di un grande albergo, ma è chiaro che sarà dura. Il programma è fitto di impegni, dalle 8 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18. Una tabella di lettere che impareremo a memoria: M è il massaggio, Vm la visita medica, Ga la ginnastica e così via. Fra trattamenti e servizi ci sono più di 60 sigle. Ci danno un accappatoio bianco e zoccoli di plastica che da quel momento saranno la nostra divisa. A pranzo e a cena ci si cambia, le signore sfoggiano i loro vestiti, qualcuno azzarda la giacca blu, ma i più arditi non esitano a scendere in tuta. Tanto, per quello che si mangia... Mességué ci accoglie nel suo studio, mentre mi prende le misure illustra la sua filosofia. Parla come l’ispettor Clouseau della Pantera Rosa: dice «scibo», in maniera così voluttuosa che ti viene da pensare al paté de foie gras e a un buon bicchiere di Bordeaux. Ha riscoperto il venerdì magro cattolico, con la sua teoria della dieta da un giorno, ma è il primo a dire che i chili persi da lui si riprendono in poco tempo se poi non si segue un’alimentazione corretta. E, tanto per essere chiari, spiega che «con il massaggio l’unica a dimagrire è la massaggiatrice». In realtà la gente viene qui per disintossicarsi un po’ e staccare i contatti per qualche tempo. C’è chi viene due o tre volte l’anno, come Fausto Pazzi, un omone di 160 chili, pieno di colesterolo e allegria, che a 63 anni gira in moto con una tuta di cuoio su misura. «Ci vengo perché sono uno scemo» racconta «perdo 5 o 6 chili, a un milione al chilo, e poi li riprendo in tre mesi». Mangia sempre a un tavolo di veterani dove si parla sempre di ricette. La visita del dottor Pier Roberto Merani segna la nostra sorte: dieta ipocalorica. Novecento calorie al giorno contro le 3 mila che ci spariamo di solito. Certo si danno da fare per addolcire la pillola: camerieri in giacca bianca con gli alamari, porcellane di classe, flan bicolori di carote e spinaci, dieci polpettine grandi come un’unghia abilmente schierate sul piattone bianco. Tutto spazzato via senza pietà, non sono ammesse foglie di insalata superstiti. Il piatto peggiore è la vellutata di zucchine: è come bere l’acqua della laguna di Venezia, ma almeno quella è salata. Ah già, dimenticavo: il sale non si usa, per Mességué è una delle prime cause di malessere. Tisana e acqua te ne danno a volontà, senza bollicine naturalmente, non siamo qui per godere. Per fortuna c’è un bagno in ogni corridoio. E invece del sale c’è una boccetta di peperoncino in polvere: lo metti dappertutto, pur di dare un sapore alle cose. Su tutti i tavoli c’è la scatoletta delle capsule di carbone: sgonfiarsi è un dovere. Dopo la prima cena faccio un giro nella campagna attorno alla torre medioevale che ospita Il Centro. Su di me incombe l’enigma che crucciava Bruce Chatwin: «Che ci faccio qui?». La mattina me lo chiedo di nuovo quando dopo il pediluvio che mi ustiona i piedi in apertura di giornata, mi presento al primo massaggio. Una bella signora in camice bianco mi dice: «Si metta questo» e mi consegna un pacchettino nero. Lo apro, è un triangolo con due elastici che uniscono i vertici. Naomi Campbell sa di sicuro come si indossa, io devo rifletterci un po’ e fare un paio di esperimenti. Quando lei rientra nel camerino non scoppia a ridere, forse ho indovinato. Mi chiede «esfoliante o normale?», io sto lì con le chiappe all’aria e non ho voglia di rischiare: «Normale, grazie». Scelta esatta per fortuna, l’altro era col sale. Mi spalma di olio come un bebè, scava dolcemente tra le mie vertebre, se fossi un gatto farei le fusa. Ma il dovere ci chiama, bisogna bruciare calorie. In palestra mi attende il personal trainer con l’addominale scolpito e una cyclette che è una via di mezzo fra un tostapane e una macchina per la risonanza magnetica nucleare. Sono semisdraiato e pedalo con le gambe in alto, ai lati ci sono delle lampade rosse che sparano ondate di calore. Ora so cosa prova un wurstel sulla griglia. Bagnato di sudore come un maratoneta, affronto un altro attrezzo che simula il movimento dello sci di fondo, sempre con le lampade riscaldanti. Sono cotto al punto giusto, è il momento di andare in piscina, c’è l’aquagym. L’istruttrice è dolce fino a quando non comincia a urlare ordini: imprenditori ultrasessantenni, signore e il sottoscritto, trattati come reclute dei marines, saltellano nell’acqua scivolando sulle piastrelle. «Alte quelle ginocchia» sbraita il nostro sergente, e per fortuna non ci chiama «palle di lardo». Ha sempre un bel sorriso sulle labbra e quelle sane rotondità mediterranee che ti mettono di buon umore. Al mattino è lei che ci accompagna nella passeggiata in campagna, senza urla. L’età media è alta e anche il censo, a giudicare dal parcheggio. Ci sono una Rolls Royce, un paio di Porsche e tante Mercedes. Le Fiat Punto sono del personale. Non sono in molti a potersi permettere una vacanza da 3 mila euro alla settimana per rilassarsi un po’. Per l’idromassaggio c’è una grande vasca, dove volendo si può fare salotto. Poi ci sono delle vasche singole, una specie di pentole in alluminio dove delle simpatiche ragazze ti sparano sulla pancia acqua ad alta pressione. Immaginavo che ci sarebbe stato un contrappasso dopo la dolcezza del massaggio. Il trattamento riduttivo dell’addome è più piacevole: una bella spalmata di fango, poi una signorina mi incarta e piazza sul lettino una specie di tenda canadese che si riempie di vapore. Eccomi trasformato in trota lessa, sento che il mio grasso comincia a sciogliersi. Forza della speranza. Nella stessa stanza c’è una tostatrice per esseri umani: una specie di sauna a sarcofago dalla quale esce solo la testa. Cibo, non si fa altro che parlare di cibo, specie a tavola mentre gli eleganti camerieri ci portano quattro verdure mascherate da piatti eccelsi. Sono tutti magri e tonici, tranne uno rotondetto come noi. Ci solleva un po’ il morale. Ferdinando un giorno ha una crisi di coscienza. Scruta l’ananas nel piatto di una commensale in ritardo e confessa: «Più lo guardo e più mi sembra una fetta di salame. Se non si sbriga glielo rubo». Non è il solo ad avere momenti di sconforto. Quando una sera ci portano una pera cotta con una striscia di yogurt rosa sopra, un industriale romano sbotta: «E che c’hai messo, il dentifricio?». Passa un piatto di pollo, poi un altro, sono diretti al tavolo dei veterani. Cala un silenzio pieno di rancore, mentre le forchette si bloccano sulla ricotta insipida. Il trucco ce lo svelerà poi una signora: «Il primo giorno, quando riempite la scheda, scrivete che non gradite ricotta e zucchine, così vi risparmiate anche la vellutata e vi portano il pollo». La visita medica è quotidiana, la mia pressione è tornata normale, ho perso 3 chili e mezzo nei primi tre giorni. Alla fine ne perderò 5 e quasi altrettanti centimetri di giro pancia. L’ultimo giorno ini tocca un trattamento speciale del viso: me lo fa Daniela Rossi, veterana dei centri Mességué. Mi copre di strati di crema, mi accarezza i capelli. Mi lascio andare, lei mi parla del buddismo e io dimentico la carbonara. Mi avvolge il viso con una garza e poi con un asciugamano caldo. Cala il silenzio. Dopo un po’ apro un occhio e vedo Daniela che mi sorride soddisfatta. Sembra dire: «Ne ho squagliato un altro», mentre penso che devo giocare al Superenalotto per poter avere tutti i giorni un massaggio così. Arriva il giorno della partenza. Riuscirò a seguire le indicazioni di Mességué? In realtà non è difficile, ci si può abituare a mangiare con poco sale. Penso alle giacche confinate in armadio. Riuscirò ad abbottonarle di nuovo. La mia forza di volontà ha retto sino alla sera del primo giorno di libertà: ho ceduto davanti a un filetto di baccalà fritto a Roma. Dopo la vellutata di zucchine era un sogno. Damiano Iovino